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BABILONIA

Gianfranco Ravasi venerdì 21 ottobre 2005
  Babilonia, città terrestre, ci sono persone che, mosse da amore per essa, si impegnano a garantirne la pace terrena, non nutrendo in cuore altra speranza, riponendo in questo tutta la loro gioia, senza ripromettersi altro. Noi li vediamo fare ogni sforzo per rendersi utili alla società terrena. Ora, se si adoperano con coscienza pura in questo impegno, Dio non permetterà che periscano con Babilonia e li destinerà ad essere cittadini di Gerusalemme.Babilonia-Babele è nella Bibbia e nell"immaginario comune il simbolo dell"oppressione e dell"immoralità: è, dunque, la "città terrestre" per eccellenza a cui si oppone la "città celeste" incarnata nel segno di Gerusalemme. Il Salmo 137 finisce col celebre urlo dei deportati ebrei che scagliano una maledizione quasi irripetibile (tant"è vero che è stata cancellata dall"uso liturgico cristiano del Salmo): «Figlia di Babilonia devastatrice, beato chi ti renderà quanto ci hai fatto! Beato chi afferrerà i tuoi piccoli  e li sfracellerà contro la pietra!».Ora, s. Agostino, commentando quel Salmo introduce una nota sorprendente che stupisce per la sua apertura: a Babilonia - ossia anche tra gli "atei" - ci sono persone che s"impegnano per la pace e per il benessere. Esse non credono in un"altra città trascendente e nell"oltrevita, eppure si dedicano a questa missione con «coscienza pura». Ebbene, dice il celebre Padre della Chiesa, Dio alla fine condurrà costoro verso la Gerusalemme celeste, premiandoli per il loro sforzo, anche se essi non hanno creduto né in lui né nella speranza futura. È stata la loro coscienza giusta a renderli figli di Dio in modo inconsapevole e, quindi, partecipi della sua gloria. Un messaggio di grande fiducia e salvezza per il bene ovunque diffuso.