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Ancora quegli strani “diritti” molto o poco “europei”

Pier Giorgio Liverani domenica 6 novembre 2011
Davvero i diritti hanno o debbono avere una nazionalità, magari in misura variabile? Per esempio, il «diritto ad avere figli» è un «diritto poco europeo», come afferma (La Stampa, venerdì 4) l'ex presidente della Corte Costituzionale Gustavo Zagrebelsky. Il quale, forse innervosito dalla sentenza sulla fecondazione eterologa della Corte Europea dei diritti dell'uomo, non si è accorto che, almeno da quando è stata abolita la schiavitù, non è possibile avere diritti su una persona, che altrimenti sarebbe ridotta a un oggetto. Nel condannarne la decisione con cui ha negato che il vigente divieto di fecondazione con seme di un estraneo alla coppia, esistente solo in Austria – da dove è partito il ricorso alla Corte di Strasburgo (Consiglio d'Europa) – e in Italia, sia una violazione dei diritti dell'uomo, Zagrebelsky ha sostenuto, invece, che quella tecnica appartiene al «diritto della coppia su se e come avere figli» ed è parte del «diritto fondamentale al rispetto della vita familiare». Dunque, per rispettare la famiglia si dovrebbe introdurre nell'ordinamento giuridico un "diritto" a compiere ciò che assomiglia molto a un adulterio della moglie con marito consenziente. Inoltre, dato e non concesso che esistano, questi "diritti", che riguardano esclusivamente i genitori, ai figli negano il rispetto della loro dignità, un'ascendenza certa e un padre vero. Il ricorso alla Corte Europea era basato sul "principio" della non discriminazione tra coppie fertili e coppie infertili, che però si fonda sulla discriminazione del bambino, figlio di un doppio artificio: il "vitro" (la provetta) e la truffa del gamete estraneo, rispetto ai figli concepiti in modo naturale. È lecito il sospetto che per "diritti dell'uomo" qualcuno intenda i fasulli "diritti dell'adulto", alla faccia dei veri diritti del bambino, il quale, invece, "ha bisogno di un'adeguata protezione giuridica sia prima sia dopo la nascita" mentre per lui, in ogni circostanza, la "considerazione determinante deve essere il superiore interesse del fanciullo" (Dichiarazione e Convenzione Onu sui diritti del fanciullo, 20/11/1959 e 1989).

TEMPISMO ETICO
Al pluralismo, al relativismo e all'autodeterminismo, che sono caratteristiche tipiche della concezione laicista dell'etica, bisogna aggiungere il tempismo e l'europeismo sempre chiamati in causa dai "laici". S'intende per il primo l'adeguamento ai tempi e per il secondo (che non riguarda l'Idea europea) l'obbligo di copiare ciò che si fa nel Continente. Convinto che l'Europa sia un marchio di garanzia morale, ecco, infatti, Carlo Troilo, dell'Associazione Luca Coscioni che, commentando sull'Unità (mercoledì 2) le notizie di ottobre su «bioetica e diritti» (quelli di cui sopra), stimola i partiti "laici" a «inserire nei loro programmi precisi principi sui diritti civili» per adeguare l'Italia al «contesto Europeo». Zagrebelsky, più furbamente, aveva parlato di «armonizzazione».

NOSTALGIE TARDIVE
«Viviamo ancora nell'onda lunga del Sessantotto, che ha portato un formidabile attacco all'idea di autorità e di legge a tutto vantaggio della soddisfazione del desiderio e della pulsione» (La Repubblica, giovedì 3). Sono parole di Élisabeth Badinter, scrittrice e filosofa francese che nel '68 aveva 14 anni e che a quell'«attacco frontale all'autoritarismo» attribuisce addirittura «l'allungamento medio della vita». Tardive nostalgie o speranze adolescenziali?

LA CONTROPROVA
All'ateismo antiteista e razionalista, ciò che manca è, talvolta, proprio la "ratio", la ragione. Su Libero il noto giornalista britannico Christopher Hitchens – uno che più ateo non ce n'è , anche se si chiama "portatore di Cristo" – afferma (26 ottobre) che «Dio non esiste, ecco le prove». Dimentica che di ciò che non esiste non possono esistere le prove, perché sarebbe una contraddictio in terminis.