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Anche le vite digitali inquinano il mondo (e tanto)

Gigio Rancilio venerdì 29 novembre 2019

Quanto pesa un messaggio WhatsApp? E una mail? Apparentemente nulla. Digiti qualche parola e premi invio. Tanti gesti nel digitale ci appaiono così: semplici e leggeri. Ma anche il digitale inquina. E tanto.
Per produrre un computer, per esempio, vengono usati 240 chilogrammi di combustibili fossili, 22 chilogrammi di prodotti chimici e 1,5 tonnellate di acqua. Senza contare che, secondo Greenpeace, i rifiuti tecnologici «pesano ogni anno quanto 22 milioni di auto e solo il 20% viene smaltito in maniera corretta, mentre la parte più grossa finisce in enormi discariche in Paesi come Nigeria e India».
Ben più difficile è ricordarci che qualunque nostra azione digitale ha effetti reali sul pianeta. Può sembrare esagerato ma, secondo l'agenzia francese per l'ambiente, «inviare una email con un allegato consuma energia quanto una lampadina a risparmio energetico che resta accesa per 24 ore». Mentre «bastano 8 messaggi per produrre tanta anidride carbonica quanta quella di un'auto che percorre 1 km di strada». E ancora: «le email annue di un'azienda di 100 dipendenti inquinano quanto 13 voli andata-ritorno da New York a Parigi». Se pensate sia poco, tenete conto che ogni minuto vengono inviati nel mondo 188 milioni di email.
Altro esempio. Guardare un'ora di video alla settimana «equivale al consumo annuo di due frigoriferi». Ogni minuto nel mondo si guardano circa 700mila ore di video su Netflix e 4,5 milioni di video su YouTube.
Non solo. Se si somma ogni azione che facciamo in Rete, «il digitale produce il 2% delle emissioni mondiali di gas serra». Uno studio della McMaster University ha stimato che entro il 2040 questo dato raggiungerà il 14%.
«Già oggi, se fosse una Nazione, Internet sarebbe il sesto più grande consumatore di energia del mondo».
Qui non si tratta di fare allarmismo ma di ricordarci che ogni nostra attività in Rete implica complesse elaborazioni di dati da parte di potenti computer stipati nei cosiddetti data center che consumano ingenti quantità di energia.
La buona notizia è che Apple ha deciso di usare al 100% energia rinnovabile. E sulla stessa strada si sono incamminati anche giganti come Facebook, Google e Microsoft.
Altro dato importante. C'è un movimento di giovani aziende che lavora da tempo «a un digitale alternativo ed ecologico». In prima fila c'è Lilo, un motore di ricerca che dona la metà del suo fatturato a progetti sociali e ambientali e usa data center alimentati da energia rinnovabile. Altro esempio di uso responsabile di Internet è Ecosia, un motore di ricerca che impiega i profitti generati dalle ricerche degli utenti per piantare alberi.
La start-up Cleanfox si propone invece di ripulire la nostre caselle di posta elettronica «dalle newsletter che non vuoi più». In tre anni ha rimosso 700 milioni di e-mail e ha evitato nuove emissioni pari a 7mila tonnellate di CO2. In America c'è LO3 Energy, «che facilita la produzione e lo scambio di energia pulita attraverso la blockchain».
Che il digitale, al pari del resto del mondo, debba lavorare per diventare il più possibile ecosostenibile è indubbio. Tanto più che, secondo uno studio pubblicato dalla rivista scientifica Nature, «l'uso degli strumenti digitali divora già oggi il 10 per cento dell'elettricità mondiale». E senza un intervento di razionalizzazione, «nel 2030 si rischia di arrivare al 20,9%». Col risultato di sottrarre una fetta importante di energia ad altre risorse.
Occore quindi anche una coscienza ambientale digitale. Alla pari di quella che sta mettendo al bando la plastica. Dobbiamo ricordarci tutti (giovanissimi in testa, visto che sono loro i più inclini a
cambiare abitudini) che essere «green» passa anche dal digitale; dai messaggi Whatsapp alle mail, dai video ai social. Dai clic e dalle parole inutili che inquinano non solo le menti.