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Alimentare, timore per il futuro

Andrea Zaghi sabato 7 maggio 2011
L'industria alimentare italiana ha meno fiducia nel futuro. Certo, non si tratta di una situazione supportata da numeri di bilancio malandati oppure da repentini cali nelle vendite, ma è pur sempre «l'umore» di chi ogni giorno tiene d'occhio i mercati alimentari e, sulla base di questi, effettua
le proprie previsioni di investimento. L'indice di fiducia dell'industria è il «segno» di cosa pensa la trasformazione alimentare: un segno importante, che va valutato e che indica chiaramente come le cose per la filiera agroalimentare nazionale non vadano molto bene. Le differenze geografiche e di comparto sono comunque molte, e il dato isolato dall'Ismea per il primo trimestre 2011 (sulla base di un panel di 1.200 industriali) rimane di segno positivo (2,6 il valore, in un campo di variazione compreso tra -100 e +100), ma lo stesso ha subìto una flessione di tre punti rispetto al trimestre precedente, tornando al livello dei primi tre mesi 2010. La flessione della domanda, specie di quella interna, e il lieve accumulo delle scorte sono all'origine del peggioramento congiunturale della fiducia. A soffrire di più sembrano essere state le imprese del Nordovest e nel Mezzogiorno, a fronte di un bilancio migliore nel Nordest e nel Centro Italia.
A far pensare meno bene di prima gli imprenditori, sono poi i problemi congiunturali ormai noti. La spinta inflattiva determinata dal rincaro dei prezzi delle materie prime ed energetiche - sottolinea l'Ismea - ha finito col penalizzare l'industria alimentare, generando ricadute indesiderate sia sulla domanda finale, a causa dell'erosione del potere d'acquisto dei consumatori, sia sulla dinamica dei costi di produzione.
Il risultato? La prudenza. Soprattutto sulla programmazione produttiva e sui piani di investimento per il 2011, in un contesto di forte incertezza alimentato anche delle tensioni geopolitiche nell'area del Mediterraneo. Fanno da contrappeso all'industria le previsioni e gli umori della grande distribuzione alimentare. In questo caso, l'indagine Ismea sul clima di fiducia (condotta su 200 operatori), rivela andamenti differenti a seconda delle aree geografiche, evidenziando un maggiore ottimismo nel NordeEst e nel Centro. I numeri però parlano chiaro: in generale l'indice, attestatosi a 10,7 nel primo trimestre 2011, ha fatto segnare un aumento di circa 14 punti su base trimestrale e di 5 punti sullo stesso periodo del 2010. Qui, ci si aspetta un andamento più favorevole delle vendite nel breve periodo, ma si prevede anche un andamento positivo delle giacenze di magazzino. Sul fronte delle vendite, però, gli operatori intervistati lamentano ancora una flessione dei fatturati, anche se il confronto è con un trimestre, l'ultimo del 2010, sostenuto nella performance dalla domanda del periodo natalizio.
Su tutto, comunque, pesano ancora una volta le previsioni dei mercati internazionali. La Fao parla chiaro: i prezzi internazionali delle derrate alimentari hanno fatto segnare un +36% in un anno.