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A Niscemi un test di coscienza civile

Maria Romana De Gasperi venerdì 25 luglio 2014
Chi sa che cos'è il Muos alzi la mano! La disinformazione italiana sulle cose importanti è nota, favorita da media legati, anzi incatenati, al carro della politica. Nel mio girovagare per la penisola era ovvio che dovessi capitare anche a Niscemi, nella Sicilia nissena, una cittadina non bella ma che produce i più buoni carciofi nostrani e ha nei dintorni una magnifica foresta di sugheri, antica e florida. È lì che gli americani, cioè il Pentagono, col consenso dei governi italiani, hanno completato a gennaio l'impianto di una delle quattro centrali a terra, mentre quattro stanno in cielo, del nuovissimo Mobile User Objective System, o Muos, che assicura le comunicazioni satellitari dell'esercito Usa, le cui forze navali aeree e terrestri sono così in contatto perenne. Il Muos di Niscemi è sorto grazie alla piena adesione o sudditanza italiana al progetto americano. Protetto da chilometri di reticolati, riguarda un vasto territorio dove vivono tecnici e soldati senza alcun contatto con la popolazione locale, un villaggio tecnologico superprotetto e in parte sotterraneo – e dove giganteggiano 3 enormi parabole rivolte verso il cielo, e 4 enormi antenne in uno scenario da fantascienza inatteso e impressionante, che meriterebbe una visita dei turisti che affluiscono nell'isola. Ci sono state manifestazione e polemiche attorno al Muos, di scarsa o nulla risonanza nazionale. È ormai in funzione, da gennaio, e si è trattato di un'ennesima sconfitta, anche per la mancata solidarietà nazionale, dei piccoli gruppi di attivisti che hanno manifestato nei mesi scorsi – spesso disordinati e ideologici, è vero, ma che cercano positivamente di reagire alle cose serie che riguardano tutti. Ai margini dei reticolati c'è un presidio permanente nel quale nello scorso weekend si sono raccolti militanti nonviolenti, forse più preoccupati di sentirsi buoni e bravi che non dei risultati delle lotte, e lì, nel mio piccolo, ho ribadito la convinzione che occorre insistere sulla disobbedienza civile, corollario immediato della nonviolenza, ma che potrebbe anche fare a meno della nonviolenza mentre è impossibile il contrario. Ho conosciuto alcuni giovani bravissimi, di alta coscienza morale e civile, che certo non abbandoneranno la lotta, ma che, se isolati, andranno incontro a molte delusioni. Disobbedire, sì, essi dicono, ma – anche a costo di venire ancora una volta sconfitti – mantenendo ben salda la convinzione di un basilare rapporto tra fini e mezzi, chiave di ogni nuova impresa che riguardi la polis, e cioè l'azione per il bene di tutti.