Rubriche

Scaffale basso. Un bimbo in fuga dall'Iran E se la guerra fosse qui?

sabato 31 maggio 2014
La sua è stata una famiglia ricchissima e famosa per generazioni: in Iran aveva avuto relazioni importanti con lo Scià, l’imperatore dei persiani, ma da quando la rivoluzione aveva portato al potere l’ayatollah Khomeini, i beni dei Kazerooni erano stati confiscati e loro diventati poverissimi. Abbas Kazerooni è l’ultimo della dinastia, ha nove anni e da che è nato non ha mai visto il suo paese in pace. Dopo la rivoluzione è arrivata la guerra con l’Iraq e, visto che l’Iran ha bisogno di soldati, per lui si profila l’arruolamento. E’ una buona ragione per andar via e in fretta: lui e la madre lasceranno Teheran per Istanbul e da lì potranno raggiungere l’Inghilterra. All’aeroporto però qualcosa va storto e la mamma viene fermata, Abbas dovrà andare da solo. E così è. Inizia un viaggio pieno di incognite che è anche un’avventura sconfinata per il bambino che deve fare appello a tutte le proprie forze, l’intelligenza, la saggezza, l’abilità, la responsabilità e non ultima la buona educazione ricevuta che diventa un tassello importante nella sua nuova vita. Cavarsela da solo, in attesa del visto, in un paese straniero e sconosciuto come la Turchia, senza conoscere una parola di inglese e con pochi soldi in tasca è un’impresa ardua ma Abbas
è un bambino pieno di risorse, intraprendente, coraggioso e leale, dunque riesce a conquistarsi la simpatia e l’aiuto di un sacco di persone. A sostenerlo c’è sempre la consapevolezza del sacrificio fatto dai suoi per metterlo in salvo. Con le ali ai piedi (Salani, 12 euro) è un racconto che una volta iniziato non si riesce a interrompere, pieno di colpi di scena e di imprevisti, di lacrime e sangue, di sorrisi ed emozioni. Una storia in cui un po’ si ride e un po’ si piange ma non si smette mai si star a fianco di questo bambino e dalla sua prodigiosa capacità di stare al mondo. Tanto più che il suo viaggio non è un’invenzione. Oggi Abbas Kazerooni è un brillante avvocato che vive e lavora in California, negli Stati Uniti. E questa è la sua storia vera. Dai 12 anni.
Ha l’aspetto di un passaporto - le dimensioni e il colore a metà tra il marrone e il prugna – questo libriccino di una sessantina di pagine che arriva al lettore con un colpo allo stomaco. Del resto il titolo è una dichiarazione di intenti. Immagina di essere in GUERRA (Feltrinelli, 7,50 euro) è una
sorta di esperimento dell’immaginazione. Jeanne Teller ha lavorato come mediatrice esperta nella gestione dei conflitti per la Ue e l’Onu prima di dedicarsi completamente alla scrittura. Provenendo da una famiglia di rifugiati austriaco-tedeschi immigrati in Danimarca, è sempre stata accompagnata dal pensiero che la vita possa essere rivoluzionata da un conflitto. Da questa idea è nata Guerra, un invito a mettersi nei panni di un rifugiato, non in quelli di persone che arrivano da lontano, ma in quelli di cittadini europei ( con adattamenti particolari nei singoli Paesi in cui il testo è stato tradotto) le cui vite sono sconvolte da una guerra – si spera impensabile – tra i Paesi nordici. Lo scenario è da brivido, anche se è pura fantasia: l’Unione Europea è fallita, in Italia la democrazia non c’è più, distrutta dalle bombe di una guerra devastante; Francia e Austria i nemici di sempre. Il nostro Paese è in mano a un dittatore e a un regime di terrore. Il posto più vicino in cui c’è ancora pace e speranza per il futuro è il mondo arabo. E chi può fugge lì, come il ragazzo protagonista della storia e la sua famiglia, disposti
a tutto pur di lasciare la follia del Paese. Eccoli dunque in un campo profughi in Egitto, in attesa di essere riconosciuti come
rifugiati e di un permesso di soggiorno. Soprattutto in attesa di un tempo e di una vita migliori. Ma sarà così?
Come sempre mettersi nei panni degli altri è il primo passo per capire e poter condividere. L’isolamento, il razzismo, la violenza sono in agguato e non sono sempre affari degli altri. Da non perdere. Dai 13 anni.