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Proverbi e indovinelli: il pozzo delle meraviglie

lunedì 3 febbraio 2014
Collezionista
di favole, di storie raccontate dalla voce della gente - come i fratelli Grimm
in Germania e Italo Calvino in Italia a metà degli anni Cinquanta – Giuseppe
Pitrè, classe 1841, è praticamente ignoto ai più nonostante sia il più
importante raccoglitore e studioso di tradizioni popolari e fiabe del
diciannovesimo secolo nel nostro Paese. Di mestiere faceva il medico,
occupazione che coniugava a un’altra passione, coltivata fin dall’infanzia: le
storie, i proverbi, i racconti e i modi di dire popolari che inseguiva con rara
curiosità. Pitrè girava per la campagna e i quartieri palermitani per visitare
i suoi pazienti a bordo di un calesse che aveva trasformato in uno studio
viaggiante con tanto di scrivania, nicchie e ripiani in cui riponeva i  manoscritti. Fogli in cui trascriveva le
storie  che raccoglieva dalle persone che
incontrava, favole ma anche canti, proverbi, indovinelli, tradizioni, giochi,
cantilene. Una quantità sterminata di racconti, un vero tesoro che a partire da
1870 è confluito in un opera monumentale in 25 volumi, la Biblioteca delle tradizioni popolari siciliane, di cui fanno parte
quattro volumi di Fiabe, novelle e
racconti popolari sicilian
i, pubblicati nel 1875. Un’opera preziosa, un
tesoro di trecento fiabe – da cui lo stesso Calvino attinse, scegliendone e
riscrivendone una quarantina per le sue Fiabe
italian
e del 1956 – ignorate dai contemporanei e rimaste praticamente
sconosciute al grande pubblico per un secolo e mezzo. Perché Pitrè le aveva
volute scrivere rispettosamente in dialetto, così come le aveva ascoltate dalla
viva voce della gente del popolo, soprattutto dalle donne, da sempre grandi
narratrici. Registrando in fondo a ciascuna persino il nome di chi aveva
raccontato. Perciò è come un prezioso reperto che torna a vivere alla luce del
sole questo massiccio volume di oltre ottocento pagine che l’editore Donzelli
propone delle fiabe di Pitrè, amorevolmente tradotte dal dialetto siciliano in italiano
da Bianca Lazzaro con un titolo che gli rende finalmente giustizia: Il Pozzo delle meraviglie (30 euro). Un
serbatoio immenso della fantasia e  della
creatività popolare abitato da re, regine, principesse, fate, streghe, orchi,
babbei e sciocchi patentati, incantesimi, furberie e malefatte, rianimati da un
linguaggio che riesce a mantenere inalterata la vivacità e la freschezza del
parlato. Le tavole a colori di Fabian Negrin sono un’ulteriore traduzione del
racconto in immagini. Un’altra meraviglia che l’artista argentino ha saputo
estrarre dal pozzo inesauribile di Pitrè. Per appassionati, dai 15 al 99 anni.


Agli
appassionati di fiabe e di illustrazione non può sfuggire il ritorno di
Pinocchio in una preziosa edizione mai ripubblicata fino a oggi, con le
illustrazioni storiche di uno degli artisti che più controcorrente hanno dato forma
e carattere al burattino di Carlo Collodi. Si tratta di Leonardo Mattioli  di cui l’editore Vallecchi pubblicò
l’edizione delle Avventure nel 1955,
quando l’artista aveva ventisette anni. A quasi sessant’anni di distanza da
quella pubblicazione - grazie anche al lavoro di Giovanni Mattioli, figlio di
Leo, che ha realizzato l’impaginazione grafica e l’editing elettronico delle
illustrazioni - Le avventure di
Pinocchio
tornano in libreria con il marchio delle edizioni Clichy (29,90
euro). Un bel volume di grandi dimensioni che valorizza le tavole di un
Pinocchio imprevisto, totalmente estraneo alla figurina stucchevole resa famosa
da Walt Disney, e invece molto moderno nei suoi tratti esasperatamente grafici.
Del resto, Leo Mattioli  negli anni
successivi si sarebbe dedicato quasi completamente alla grafica editoriale. Il
burattino resta una silhouette asciutta ed essenziale per tutto il racconto, una
figurina esile accostata agli altri personaggi che in chiaroscuro e stile
futurista si stagliano su un ambiente avaro di particolari del paesaggio
toscano: uno sfondo dallo stile geometrico ombroso, spesso notturno, che
abbonda di toni di colore scuro, dal marrone al beige al grigio fango, dai
rossi aranciati e spenti ai blu carta da zucchero. Tavole di grande suggestione
e modernità, con una vena malinconica che le attraversa tutte. Dai 15 ai 99
anni.