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Ulan Bator. Il Papa: "I credenti di ogni religione insieme per il bene dell'umanità"

Stefania Falasca, inviata a Ulan Bator (Mongolia) domenica 3 settembre 2023

L'incontro ecumenico e interreligioso a Ulan Bator

«La nostra responsabilità qui è grande, specialmente in quest’ora della storia». Sulla montagna Bogd Khan Uul, che da sud domina la capitale mongola Ulan Bator, papa Francesco è arrivato puntuale al nuovo appuntamento per un incontro ecumenico e interreligioso nel «cuore del grande e decisivo continente asiatico». Il dialogo è urgente in nome della pace e della cooperazione e la Mongolia, a maggioranza di fede buddista, è oggi un caleidoscopio di religioni. Giusto un anno fa, il 14 settembre, sempre in Asia il Papa aveva partecipato al settimo Congresso dei Leader delle Religioni mondiali e tradizionali riunitasi nella capitale del Kazakistan e firmato una Dichiarazione congiunta.

All Hun Theatre di Ulan Bator a forma di ger – l’antichissima abitazione dei popoli nomadi dell’Asia centrale a forma circolare e apertura centrale sul soffitto – papa Francesco si è seduto accanto a dodici rappresentanti locali del buddismo, induismo, islamismo, shintoismo, sciamanesimo, ebraismo, delle chiese ortodosse ed evangeliche ed ha ringraziato per questa occasione il popolo mongolo «che può vantare una storia di convivenza tra esponenti di varie tradizioni religiose».

«Il fatto di essere insieme nello stesso luogo – ha quindi affermato – è già un messaggio: le tradizioni religiose, nella loro originalità e diversità, rappresentano un formidabile potenziale di bene a servizio della società». E «se chi ha la responsabilità delle nazioni – ha sottolineato – scegliesse la strada dell’incontro e del dialogo con gli altri, contribuirebbe in maniera determinante alla fine dei conflitti che continuano ad arrecare sofferenza a tanti popoli».

Le religioni a beneficio del vivere comune e della pace

Francesco parla del popolo mongolo come esempio di convivenza tra le religioni e anche testimonianza di antica armonia. Parola «dal sapore tipicamente asiatico», che spiega per il papa il «rapporto che si viene a creare tra realtà diverse, senza sovrapporle e omologarle, ma nel rispetto delle differenze e a beneficio del vivere comune». E «chi – ha chiesto – più dei credenti, è chiamato a lavorare per l’armonia di tutti?». La chiusura, l’imposizione unilaterale, il fondamentalismo e la forzatura ideologica rovinano la fraternità, alimentano tensioni e compromettono la pace.

L’armonia, prosegue il Papa, è invece «comunitaria». L’Asia ha moltissimo da offrire in tal senso e la Mongolia, che di questo continente si trova al cuore, «custodisce un grande patrimonio di sapienza, che le religioni qui diffuse hanno contribuito a creare» e che invita a scoprire e valorizzare. Per il Papa sono: il buon rapporto con la tradizione, nonostante le tentazioni del consumismo, il rispetto per gli anziani e gli antenati. E poi, la cura per l’ambiente, nostra casa comune, «altra necessità tremendamente attuale». E ancora: «il valore del silenzio e della vita interiore, antidoto spirituale a tanti malanni del mondo odierno. Quindi, un sano senso di frugalità, il valore dell’accoglienza; la capacità di resistere all’attaccamento alle cose, la solidarietà, che nasce dalla cultura dei legami tra le persone; l’apprezzamento per la semplicità. E, infine, un certo pragmatismo esistenziale, che tende a ricercare con tenacia il bene del singolo e della comunità». Sono alcuni elementi del patrimonio di sapienza – ha detto il Papa – che questo Paese può offrire al mondo.

Nessuna confusione tra credo e violenza

Le religioni arricchiscono quindi l’umanità «che nel suo cammino è spesso disorientata da miopi ricerche di profitto e benessere»: «Spesso incapace di trovare il filo: rivolta ai soli interessi terreni, finisce per rovinare la terra stessa, confondendo il progresso con il regresso, come mostrano tante ingiustizie, tanti conflitti, tante devastazioni ambientali, tante persecuzioni, tanto scarto della vita umana».

Affermazioni che il Papa aveva già sottolineato nell’incontro interreligioso lo scorso anno in Kazakistan citando ancora una volta il documento conciliare Gaudium et spes dove si ricorda che «l’uomo “senza il Creatore svanisce” e senza gli altri non sussiste! Si guardi al bene dell’essere umano più che agli obiettivi strategici ed economici, agli interessi nazionali, energetici e militari, prima di prendere decisioni importanti… E noi leviamo la voce per gridare che la persona umana non si riduce a ciò che produce e guadagna; che va accolta e mai scartata».

Per questo ha affermato «che la nostra responsabilità è grande, specialmente in quest’ora della storia, perché il nostro comportamento è chiamato a confermare nei fatti gli insegnamenti che professiamo; non può contraddirli, diventando motivo di scandalo. Nessuna confusione dunque tra credo e violenza, tra sacralità e imposizione, tra percorso religioso e settarismo», come già ribadito anche nel documento congiunto firmato in Kazakistan. Mentre la memoria delle sofferenze patite nel passato – quella patita qui soprattutto dalle comunità buddiste – per il Papa può dare «la forza di trasformare le ferite oscure in fonti di luce, in bene che costruisce».

Il dialogo è speranza non è antitetico all’annuncio

Per tutti gli esseri umani – ha affermato oggi a Ulan Bator – le grandi religioni sono quindi «chiamate a testimoniare l’esistenza di un patrimonio spirituale e morale comune, che si fonda su due cardini: la trascendenza e la fratellanza». Ed ha ricordato come preparandosi a questo viaggio, lo abbiano affascinato le dimore tradizionali attraverso cui il popolo mongolo rivela questa sapienza sedimentata in millenni di storia perché le ger, costituiscono uno spazio umano e al tempo stesso evocano l’essenziale apertura al divino, così «l’umana convivenza che si attua nello spazio circolare è così costantemente rimandata alla sua vocazione verticale, trascendente, spirituale».

Questa – ha detto – è stata anche «l’esperienza dei missionari cattolici, provenienti da altri Paesi, che qui sono accolti come pellegrini e ospiti, ed entrano in punta di piedi in questo mondo culturale, per offrire l’umile testimonianza del Vangelo di Gesù Cristo». «In tal senso vorrei confermarvi che la Chiesa cattolica vuole camminare così, credendo fermamente nel dialogo ecumenico, interreligioso e culturale – ha detto il Papa – spiegando che «la fede della Chiesa si fonda sull’eterno dialogo tra Dio e l’umanità, incarnatosi nella persona di Gesù Cristo. Con umiltà e nello spirito di servizio che ha animato la vita del Maestro, venuto nel mondo non per farsi servire ma per servire, la Chiesa offre il tesoro che ha ricevuto ad ogni persona e cultura, rimanendo in atteggiamento di apertura e ascolto di quanto le altre tradizioni religiose hanno da offrire. Il dialogo, infatti, non è antitetico all’annuncio: non appiattisce le differenze, ma aiuta a comprenderle, le preserva nella loro originalità e le mette in grado di confrontarsi per un arricchimento franco e reciproco». Se si ha un’origine comune questo conferisce a tutti la stessa dignità e un cammino condiviso, che non si può percorrere se non insieme.

«Il nostro trovarci qui oggi è segno che sperare è possibile – ha affermato infine Francesco – In un mondo lacerato da lotte e discordie, ciò potrebbe sembrare utopico, eppure, le imprese più grandi iniziano nel nascondimento, con dimensioni quasi impercettibili». Ed ha concluso citando il filosofo Kierkegaard: «Ognuno fu grande secondo quello che sperò. Uno fu grande sperando il possibile; un altro sperando l’eterno; ma chi sperò l’impossibile fu il più grande di tutti».