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Papa in Bahrein. "Giovani, siate campioni di fraternità e di cultura della cura"

Mimmo Muolo, inviato in Bahrein sabato 5 novembre 2022

Papa Francesco incontra i giovani a Manama (Bahrein)

Milleduecentoquindici ragazzi e ragazze. Sono srilankesi, filippini, libanesi, giordani, bahreniti. In tutto 29 nazionalità e diverse religioni. Un mosaico di nazioni nella Scuola del Sacro Cuore, fondata 74 anni fa, che frequentano sotto la guida delle suore del Carmelo apostolico. Un mosaico che si consegna gioioso all’abbraccio del Papa in un sabato pomeriggio di festa. Un mosaico vivente che per il Pontefice ha un solo nome: il futuro. Loro, dice, lo sono e permettono “la convivenza delle differenze” “senza avere paura di stare insieme”. Perciò a questi ragazzi Francesco consegna un diploma di vita che si compone di “cultura della vita” “buone relazioni” e preghiera per affrontare tutte le sfide di “un mondo chiuso e impregnato individualismo che divora i suoi figli; un mondo – sottolinea papa Bergoglio – imprigionato dalla tristezza, che genera indifferenza e solitudine”.

Eccolo dunque, l’anziano Pontefice in sedia a rotelle ma con gli occhi che sprizzano felicità ricaricarsi di energie a contatto con l’entusiasmo dei giovani. Suor Rosalyn lo saluta a nome di tutti. Un gruppo di adolescenti, maschi e femmine, lo omaggia con una danza su ritmi arabici mostrando alla fine il cartello “Welcome pope Francis”. Altri giovani cantano e due o tre gli rivolgono domande. E lui risponde raccomandando di “abbracciare la cultura della cura” e di essere “seminatori di fraternità”. Così, dice, “sarete raccoglitori di futuro, perché il mondo avrà futuro solo nella fraternità”. “Siete voi giovani – sottolinea infatti - che, come inquieti viaggiatori aperti all’inedito, non temete di confrontarvi, di dialogare, di ‘fare rumore’ e di mescolarvi con gli altri, diventando la base di una società amica e solidale. Questo è fondamentale nei contesti complessi e plurali in cui viviamo: far cadere certi steccati per inaugurare un mondo più a misura d’uomo, più fraterno, anche se ciò significa affrontare numerose sfide”.

Perciò il Papa raccomanda innanzitutto il prendersi cura degli altri. “Perché – spiega - se non impariamo a prenderci cura di ciò che ci sta attorno (degli altri, della città, della società, del creato) finiamo per trascorrere la vita come chi corre, si affanna, fa tante cose, ma, alla fine, rimane triste e solo”. Gesù ha fatto così nella sua vita, ricorda il Pontefice, specie nei confronti dei più bisognosi. E dunque, esorta: “Diventate cultori della cura, artisti delle relazioni”. Prendetevi cura, aggiunge poi, “anche della vostra interiorità, per sentire il dono che siete, per accogliere la vostra esistenza e non farvela sfuggire di mano”. “Non vi accada –raccomanda ancora -.di essere ‘turisti della vita’, che la guardano solo all’esterno, superficialmente” e “non tenete la vita in cassaforte”, ma “lasciate una traccia del vostro cammino”. Una traccia d’amore. E l’amore “non è una telenovela o un film romantico”, ma significa “avere a cuore l’altro, prendersi cura dell’altro, offrire il proprio tempo e i propri doni a chi ne ha bisogno”. In una parola, riassume il Pontefice, “siate campioni di fraternità”- questa è la sfida vincere nelle nostre società sempre più globalizzate e multiculturali”.

Sotto questo profilo il Papa mette in guardia da un pericolo: “Tutti gli strumenti e la tecnologia che la modernità ci offre non bastano a rendere il mondo pacifico e fraterno. I venti di guerra, infatti, non si placano con il progresso tecnico. Constatiamo con tristezza che in molte regioni le tensioni e le minacce aumentano, e a volte divampano nei conflitti. Ma ciò spesso accade perché non si lavora sul cuore, perché si lasciano dilatare le distanze nei riguardi degli altri, e così le differenze etniche, culturali, religiose e di altro genere diventano problemi e paure che isolano anziché opportunità per crescere insieme. E quando sembrano più forti della fraternità che ci lega, si rischia lo scontro”.

L’antidoto a questi mali è, per il Papa, amare Dio e i fratelli. “Voi giovani – esorta - davanti alla tendenza dominante di restare indifferenti e mostrarsi insofferenti agli altri, addirittura di avallare guerre e conflitti, siete chiamati a reagire con un nuovo sogno di fraternità e di amicizia sociale che non si limiti alle parole”. C’è bisogno di gesti concreti portati avanti nel quotidiano. Ecco dunque che una società come quella bahrenita, “con una notevole ricchezza di credo, tradizioni e lingue diverse”, possono diventare “palestre di fraternità”. Il Papa perciò conclude con l’incoraggiamento ad andare in questa direzione, facendo scelte precise nella vita. “Distinguere ciò che è essenziale da ciò che è superfluo, ciò che è buono da ciò che fa male a voi e ad altri, ciò che è giusto da ciò che genera ingiustizia e disordine”. E ciò può avvenire coltivando la preghiera e il rapporto con Dio, che “illumina il labirinto di pensieri, emozioni e sentimenti in cui spesso ci muoviamo”. Un labirinto in cui prima che da internet, bisogna sapersi far guidare dal Signore e da buoni consiglieri: i gentori e i nonni prima di tutto.

Di qui la raccomandazione finale di Francesco. “Non perdete mai il coraggio di sognare e di vivere in grande! Fate vostra la cultura della cura e diffondetela; diventate campioni di fraternità; affrontate le sfide della vita lasciandovi orientare dalla creatività fedele di Dio e da buoni consiglieri”.