Papa

Omelia alla Messa di matrimonio. «Il matrimonio è vita reale, non è una fiction»

lunedì 15 settembre 2014
La prima Lettura ci parla del cammino del popolo nel deserto. Pensiamo a quella gente in marcia, guidata da Mosè; erano soprattutto famiglie: padri, madri, figli, nonni; uomini e donne di ogni età, tanti bambini, con i vecchi che facevano fatica… Questo popolo fa pensare alla Chiesa in cammino nel deserto del mondo di oggi, fa pensare al Popolo di Dio, che è composto in maggior parte da famiglie. Questo fa pensare alle famiglie, le nostre famiglie, in cammino sulle strade della vita, nella storia di ogni giorno… È incalcolabile la forza, la carica di umanità contenuta in una famiglia: l’aiuto reciproco, l’accompagnamento educativo, le relazioni che crescono con il crescere delle persone, la condivisione delle gioie e delle difficoltà… Le famiglie sono il primo luogo in cui noi ci formiamo come persone e nello stesso tempo sono i "mattoni" per la costruzione della società. Ritorniamo al racconto biblico. A un certo punto «il popolo non sopportò il viaggio» (Nm 21,4). Sono stanchi, manca l’acqua e mangiano solo la "manna", un cibo prodigioso, donato da Dio, ma che in quel momento di crisi sembra troppo poco. Allora si lamentano e protestano contro Dio e contro Mosè: "Perché ci avete fatto partire?..." (cfr Nm 21,5). C’è la tentazione di tornare indietro, di abbandonare il cammino. Viene da pensare alle coppie di sposi che "non sopportano il viaggio", il viaggio della vita coniugale e familiare. La fatica del cammino diventa una stanchezza interiore; perdono il gusto del Matrimonio, non attingono più l’acqua dalla fonte del Sacramento. La vita quotidiana diventa pesante e, tante volte, "nauseante". In quel momento di smarrimento – dice la Bibbia – arrivano i serpenti velenosi che mordono la gente, e tanti muoiono. Questo fatto provoca il pentimento del popolo, che chiede perdono a Mosè e gli domanda di pregare il Signore perché allontani i serpenti. Mosè supplica il Signore ed Egli dà il rimedio: un serpente di bronzo, appeso ad un’asta; chiunque lo guarda, viene guarito dal veleno mortale dei serpenti. Che cosa significa questo simbolo? Dio non elimina i serpenti, ma offre un "antidoto": attraverso quel serpente di bronzo, fatto da Mosè, Dio trasmette la sua forza di guarigione che è la sua misericordia, più forte del veleno del tentatore. Gesù, come abbiamo ascoltato nel Vangelo, si è identificato con questo simbolo: il Padre, infatti, per amore ha «dato» Lui, il Figlio Unigenito, agli uomini perché abbiano la vita (cfr Gv 3,13-17); e questo amore immenso del Padre spinge il Figlio, Gesù, a farsi uomo, a farsi servo, a morire per noi e a morire su una croce; per questo il Padre lo ha risuscitato e gli ha dato la signoria su tutto l’universo. Così si esprime l’inno della Lettera di san Paolo ai Filippesi (2,6-11). Chi si affida a Gesù crocifisso riceve la misericordia di Dio che guarisce dal veleno mortale del peccato. Il rimedio che Dio offre al popolo vale anche, in particolare, per gli sposi che "non sopportano il cammino" e vengono morsi dalle tentazioni dello scoraggiamento, dell’infedeltà, della regressione, dell’abbandono... Anche a loro Dio Padre dona il suo Figlio Gesù, non per condannarli, ma per salvarli: se si affidano a Lui, li guarisce con l’amore misericordioso che sgorga dalla sua Croce, con la forza di una grazia che rigenera e rimette in cammino sulla strada della vita coniugale e familiare. L’amore di Gesù, che ha benedetto e consacrato l’unione degli sposi, è in grado di mantenere il loro amore e di rinnovarlo quando umanamente si perde, si lacera, si esaurisce. L’amore di Cristo può restituire agli sposi la gioia di camminare insieme; perché questo è il matrimonio: il cammino insieme di un uomo e di una donna, in cui l’uomo ha il compito di aiutare la moglie ad essere più donna, e la donna ha il compito di aiutare il marito ad essere più uomo. Questo è il compito che avete tra voi. "Ti amo, e per questo ti faccio più donna" – "Ti amo, e per questo ti faccio più uomo". E’ la reciprocità delle differenze. Non è un cammino liscio, senza conflitti: no, non sarebbe umano. E’ un viaggio impegnativo, a volte difficile, a volte anche conflittuale, ma questa è la vita! E in mezzo a questa teologia che ci dà la Parola di Dio sul popolo in cammino, anche sulle famiglie in cammino, sugli sposi in cammino, un piccolo consiglio. E’ normale che gli sposi litighino, è normale. Sempre si fa. Ma vi consiglio: mai finire la giornata senza fare la pace. Mai. E’ sufficiente un piccolo gesto. E così si continua a camminare. Il matrimonio è simbolo della vita, della vita reale, non è una "fiction"! E’ sacramento dell’amore di Cristo e della Chiesa, un amore che trova nella Croce la sua verifica e la sua garanzia. Auguro a tutto voi un bel cammino: un cammino fecondo; che l’amore cresca. Vi auguro felicità. Ci saranno le croci, ci saranno. Ma sempre il Signore è lì per aiutarci ad andare avanti. Che il Signore vi benedica!