Papa

Viaggio apostolico. «In Marocco papa Francesco troverà dialogo e ascolto»

Paolo Viana giovedì 28 marzo 2019

Aicha Haddou direttore del Centro di ricerca degli Ulema del Regno

Un’incontro «islamicamente naturale». Così Aicha Haddou, direttore del Centro di ricerca sulle questioni interconfessionali e sulla pace della Rabita Mohammedia degli Ulema del Regno, descrive l’incontro tra re Mohammed VI e papa Francesco, che si svolgerà domani e domenica a Rabat. In quest’intervista, una delle teologhe islamiche più note, commenta anche le riforme religiose che stanno cambiando il Paese.

Qual è l’atteggiamento del Marocco verso le altre religioni?

In Marocco, la stragrande maggioranza della popolazione è musulmana, ma radicata nel pluralismo. Il Regno del Marocco, per la sua storia, ha una lunga esperienza di diversità e tolleranza, incarnate dalla compresenza delle tre religioni monoteiste. Ci troviamo in un crocevia strategico tra est e ovest, tra l'Africa e l’Europa, al centro delle interazioni culturali e sociali, ma anche delle crisi tra le coste sud e nord del Mediterraneo. Il pilastro centrale del sistema è Sua Maestà Mohamed VI, il comandante dei credenti, "Amir Al-Mouminine”. Il Comando dei credenti è una componente essenziale e costituzionale, con un elemento chiave: come Amir El Mouminine, il Comandante dei credenti è il garante della protezione dei credenti di tutte le religioni monoteiste. Quindi, il Marocco è ancorato alla pluralità religiosa da un elemento centrale della sua identità e della sua Costituzione.

Come vengono garantiti i diritti delle altre fedi?

La Costituzione marocchina definisce il Marocco come uno stato musulmano, ma riconosce libertà di culto ai credenti delle tre religioni monoteiste. Ad esempio, l’ebraismo fa parte dell'identità del Marocco ed è riconosciuto dalla Costituzione dal 2011: lo Stato fornisce, su richiesta, una protezione speciale ai membri della comunità ebraica, ai visitatori ebrei e alle istituzioni ebraiche e ha svolto un enorme lavoro di salvaguardia del patrimonio. Analogamente per il cristianesimo, la visita di Sua Santità Giovanni Paolo II ha segnato una svolta tra il Regno del Marocco e il Vaticano; questa prima visita ufficiale di un Papa in terra musulmana è stata seguita da una lettera di Sua Maestà Hassan II a Sua Santità Giovanni Paolo II. Tale lettera costituisce il quadro delle relazioni con lo Stato marocchino, che riconosce ufficialmente la Chiesa cattolica, la Chiesa evangelica (EEAM), la Chiesa anglicana e la Chiesa ortodossa.

Il dialogo con i cristiani ha una motivazione religiosa?

Per i marocchini, l'incontro tra Sua Maestà, il Re del Marocco, come comandante dei credenti, e Sua Santità Papa Francesco, rappresenta un passo naturale nell'incontro tra le esperienze di un monoteismo in dialogo. Tanto più che la nozione di ta'aruf - "conoscenza reciproca, mutuo riconoscimento e scambio" - ha le sue radici nel Corano e nella prassi profetica. Quindi, questo è un incontro islamicamente naturale.

Quanto contano nel renderlo possibile le personalità di Mohammed VI e Papa Francesco?

I due leader religiosi condividono molte battaglie che li impegnano da anni; ad esempio la questione della povertà, dell'ecologia, delle migrazioni, della lotta per la pace e contro l'estremismo … Sua Maestà Mohamed VI e Sua Santità Papa Francesco hanno inquadrato bene le sfide sociali, educative e culturali che comportano rischi di xenofobia, razzismo e intolleranza.

A che punto sono le riforme di Mohammed VI?

Come tutti i paesi del mondo, il Marocco è impegnato in un’evoluzione sociale accelerata. Globalizzazione, comunicazioni, commercio internazionale e migrazioni inducono turbolenza e destabilizzazione che colpiscono tutti i settori della società marocchina, la quale mantiene una forte struttura tradizionale e che presenta ancora lacune socio-economiche e culturali significative. Per affrontare queste sfide e non perdere di vista storia, identità e coesione sociale, il Marocco, sotto l’alta guida del suo Re, ha fatto la scelta di avviare delle riforme, tra cui quella del settore religioso, mantenendo però un equilibrio tra audacia e
ponderazione. Ha scelto di adattare la velocità dei cambiamenti rispettando un ritmo, una tempistica e una progressione adeguate al mondo marocchino e al suo sviluppo sociale. Ciò consente di implementare una dinamica che tenga conto dei punti di forza delle innovazioni sociali, ma nell’ambito di una transizione inclusiva dei differenziali culturali costitutivi del Marocco. In modo tale,
cioè, che questa evoluzione non alieni né la sua storia, né la sua identità, né la pace civile e preservi un patrimonio culturale e spirituale che appartiene anche alle generazioni future.

E’ così che si arriva all’Islam del giusto mezzo?

L’Islam marocchino è radicato nella diversità della sua popolazione, delle sue origini, della sua sensibilità, del paesaggio sociologico: è soprattutto un'esperienza di vita. Ciò che rappresenta il cemento “federatore” di questa diversità di società e di traiettorie è un ancoraggio multi-secolare, vale a dire la profondità storica di un'esperienza religiosa che ha il volto di un trittico, si radica cioè in tre dimensioni: una scuola legale, che è il malikismo, il junaydismo sufi e la scuola teologica acharista. Questo è l’Islam ufficiale, incluso nella Costituzione. Non dimentichiamo che include la presenza dell’identità ebraica, quindi questo Islam è stato modellato dalla diversità endogena della popolazione. Pertanto, l’Islam del giusto mezzo non è uno slogan. Ci sono diverse scuole di pensiero e l'Islam marocchino ha preso una posizione - su una scacchiera di tendenze dogmatiche - che si traduce in un Islam del giusto mezzo, moderato, caratterizzato da un equilibrio vitale e affidabile. Concretamente, è un'esperienza radicata e formalizzata nel junaydismo dal punto di vista mistico, dal punto di vista giuridico del malikismo e dal punto di vista dogmatico dell’acharismo. C’è dunque una pluralità nella sua cultura e configurazione sociologica. La nozione di del giusto mezzo riposa su uno sforzo di pensiero, su una scelta che è stata assunta nel modo di costruire un riferimento ideologico, teologico e spirituale a partire da una scuola legale, teologica e mistica; attraverso la storia contemporanea ha mostrato quanto questa esperienza religiosa sia una realtà praticabile e affidabile anche da un punto di vista politico e quindi interessa anche molte realtà marocchine all'estero, nonché africane.

Quali sono state le riforme religiose più importanti?

Si è optato per una strategia multidimensionale e inclusiva, al fine di garantire l'equilibrio e la sicurezza spirituale dei marocchini in Marocco e dei cittadini residenti all’estero e rafforzare la salvaguardia del sistema di riferimento religioso marocchino basato sull'Islam del giusto mezzo, fatto di equilibrio, ponderazione e apertura, e di lotta contro l'estremismo e contro qualsiasi altra influenza negativa. Sua Maestà Mohamed VI ha deciso dal 2004 di impegnarsi in una ristrutturazione del settore religioso e in riforme di fondo, avviando, sul piano istituzionale, quella del Ministero degli Habous e degli Affari Islamici, la ristrutturazione del Consiglio Superiore degli Ulema, la riforma della "Lega Mohammedia degli Ulema del Marocco e di Dar El Hadith el Hassania, un'istituzione accademica di formazione religiosa, e dell’Università di El Qarawiyine, prestigiosa università teologica, fondata da
una donna. Inoltre, è stata introdotta la supervisione di moschee, imam, "mourchidates" (teologhe e predicatrici) e il rinnovamento del discorso religioso, in modo che sia collegato alla realtà contemporanea. E’ stato consolidato il ruolo delle moschee e si è investito nella formazione degli imam, per una supervisione più efficace delle comunità musulmane in Marocco e all’estero; nel rinnovamento del messaggio religioso, per combattere le derive dei discorsi religiosi importati dall’esterno; nel campo audiovisivo, attraverso programmi religiosi per una migliore diffusione dell'Islam del giusto mezzo. Infine abbiamo avuto la riforma dell'educazione e dell’insegnamento della religione, con un investimento nell'educazione islamica come miglior difesa contro
l'estremismo e il radicalismo, attraverso la modernizzazione del cursus d’insegnamento religioso e l'apertura alle scienze umane e ad altre discipline.

Com’è cambiato il ruolo della donna nella religione islamica?

Vi è stato un consolidamento del ruolo delle donne in campo religioso, rafforzando la loro formazione attraverso il programma delle “mourchidates", che danno un contributo maggiore e partecipano al superamento del tradizionale approccio religioso per compartimenti stagni, a ripensare la coesione sociale, i problemi della violenza e della pace, dell’integrazione…Da notare anche l'accesso delle donne dallo scorso maggio alla professione di notaio musulmano, precedentemente riservata agli uomini.

La posizione della donna cambia anche nella società marocchina?

Cresce la fiducia nella capacità delle donne di rendersi autonome attraverso la conoscenza e a cambiare il pensiero islamico dall’interno. Se le discriminazioni sono ancora evidenti, le statistiche e la Storia ci mostrano che le cose non sono immutabili e che la partecipazione delle donne nei luoghi più importanti della politica o degli incarichi religiosi è evidente e costante, anche se ci sono ancora molte sfide da superare. Purtroppo, non si parla mai abbastanza dei progressi e di tutte le donne leader che hanno
contribuito a costruire l’Islam.

In che senso?

L'unica immagine che viene trasmessa quando parliamo di donne musulmane è lo status di vittime. Ad esempio, raramente viene menzionato il coinvolgimento delle donne nel campo religioso in passato. Akram Nadwi, teologo pakistano, ha pubblicato un primo censimento importante e inedito su questo argomento con più di 8000 profili di autorità religiose femminili nel mondo musulmano nel corso della storia. Un altro studio mette in luce più di 45.000 studiosi e teologi donne di alto livello nel corso della storia, com’è possibile dimenticarlo?

Com’è cambiata la condizione femminile con le riforme di Mohammed VI?

Grazie al Re e alle iniziative delle donne marocchine, il Marocco ha concretizzato nel 2004 la riforma del codice della famiglia “moudawana”, che è stata una riforma fondamentale e storica e ha migliorato significativamente la vita e le condizioni delle donne. Ovviamente, richiede ancora sforzi perché in Marocco persiste ancora una discriminazione nei confronti delle donne, come ovunque nel mondo. In tal senso, mi sembra molto importante incoraggiare la leadership religiosa delle donne, affinché possano essere più coinvolte nel pensiero religioso, essere dove si pensa l'Islam, dove viene costruito. In Marocco, siamo fortunati che questo lavoro sia intrapreso in modo serio grazie alle indicazioni fornite da Sua Maestà Mohamed VI, e oggi stiamo compiendo progressi significativi sulla leadership religiosa delle donne.

Il dialogo con i cristiani può aiutare questi cambiamenti?

Viviamo in un periodo di crisi e ripiegamento identitario, malessere, frustrazioni, razzismo e discriminazione. C’è una grande ignoranza in giro e nei diversi contesti sociopolitici e geostrategici si generano discriminazioni contro le popolazioni cristiane e musulmane. In questi contesti, il dialogo islamo-cristiano costituisce una questione cruciale. E’ evidente che i cristiani e i musulmani debbono continuare a investirvi insieme, in uno spirito di intelligenza e fraternità collettiva, e scambiare buone pratiche su pace, alterità (la relazione con l’altro; ndr), riconoscimento reciproco, coscienza ecologico-spirituale, clima, rifugiati e migrazioni. Come pure sulla prevenzione dei conflitti religiosi e sulla lotta contro il radicalismo e l’estremismo. Investire insieme sull'educazione alla pace, alla diversità e alla non violenza, combattendo l'ascesa del populismo, incluso il populismo religioso, in tutto il mondo. Bisogna lavorare insieme, soprattutto, per costruire una pedagogia dell'alterità, perché a mio parere la questione dell'alterità è al centro di queste tensioni religiose, identitarie, sociali. E infine occorre promuovere un dialogo franco e osare: affrontare anche le questioni che sconvolgono, nel rispetto e nella fraternità.