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L'appello. Il Papa: servono più sforzi per trattare, negoziare e finire la guerra

Matteo Liut mercoledì 20 marzo 2024

Il Papa tra la gente in piazza San Pietro durante l'Udienza generale del 20 marzo 2024

«Dobbiamo fare tutti gli sforzi per trattare, per negoziare, per finire la guerra. Preghiamo per questo»: ancora una volta al termine dell’Udienza generale del mercoledì papa Francesco lancia un forte appello per la pace. Lo fa dopo aver ricordato la solennità di san Giuseppe, celebrata il 19 marzo, e la figura del padre di Gesù, patrono della Chiesa universale al quale, sempre nelle parole pronunciate dopo la catechesi, il Pontefice ha affidato non solo la Chiesa ma il mondo intero, «soprattutto tutti i papà che in lui hanno un modello singolare da imitare». A san Giuseppe, poi, Bergoglio ha affidato «anche le popolazioni della martoriata Ucraina e della Terra Santa – la Palestina, Israele –, che tanto soffrono l’orrore della guerra. E non dimentichiamo mai: la guerra sempre è una sconfitta. Non si può andare avanti in guerra».

Nei saluti in lingua polacca, poi, è stata ricordata la Giornata nazionale della vita, che in Polonia sarà celebrata il 24 marzo: «La Polonia sia una terra che tuteli la vita in ogni suo istante, da quando sorge nel grembo materno fino alla sua fine naturale. Non dimenticate che nessuno è padrone della vita, né propria né di quella degli altri».

Nella consueta meditazione di metà settimana, tenuta in piazza San Pietro e letta da Padre Pierluigi Giroli, Francesco, continuando la serie dedicata a vizi e virtù, ha voluto soffermarsi sulla prudenza.

«Essa non è la virtù della persona timorosa, sempre titubante circa l’azione da intraprendere – ha notato il Papa –. No, questa è un’interpretazione sbagliata. Non è nemmeno solo la cautela. Accordare un primato alla prudenza significa che l’azione dell’uomo è nelle mani della sua intelligenza e libertà. La persona prudente è creativa: ragiona, valuta, cerca di comprendere la complessità del reale e non si lascia travolgere dalle emozioni, dalla pigrizia, dalle pressioni, dalle illusioni».

La prudenza, ha aggiunto Bergoglio, è «la capacità di governare le azioni per indirizzarle verso il bene; per questo motivo essa è soprannominata il “cocchiere delle virtù”. Prudente è colui o colei che è capace di scegliere». Ecco perché questa virtù «è la qualità di chi è chiamato a governare: sa che amministrare è difficile, che i punti di vista sono tanti e bisogna cercare di armonizzarli, che si deve fare non il bene di qualcuno ma di tutti».

Inoltre, la prudenza aiuta anche a non eccedere nello zelo, che potrebbe «combinare disastri» rovinando «una costruzione che avrebbe richiesto gradualità» o potrebbe «generare conflitti e incomprensioni», quando non addirittura «scatenare la violenza».

La persona prudente, ha sottolineato ancora il Papa, è anche previdente e «sa custodire la memoria del passato, non perché ha paura del futuro, ma perché sa che la tradizione è un patrimonio di saggezza». Non fa bene, infatti, «pensare sempre che il mondo cominci da noi, che i problemi dobbiamo affrontarli partendo da zero».