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Papa Francesco. Messa al Gemelli: «Appassioniamoci all'uomo che soffre»

Mimmo Muolo venerdì 5 novembre 2021

“Se vogliamo amare davvero Dio, dobbiamo appassionarci dell’uomo, di ogni uomo, soprattutto di quello che vive la condizione in cui il Cuore di Gesù si è manifestato: il dolore, l’abbandono, lo scarto”. Lo ha detto questa mattina, venerdì 5 novembre, il Papa celebrando la Messa in occasione del 60° anniversario dell’inaugurazione della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Sul palco montato sul prato di fronte alla Facoltà, nel comprensorio del Policlinico Gemelli, dove il 4 luglio scorso, era stato operato al colon, Francesco ha innanzitutto rinnovato il suo “grazie per le cure e l’affetto che – ha detto - ho ricevuto qui. Credo che in questo tempo di pandemia. che ci ha scoperto piccoli e fragili, ci faccia bene fare memoria anche dei periodi più sofferti: non per intristirci, ma per non dimenticare, e per orientarci nelle scelte alla luce di un passato molto recente”.

Davanti a lui una piccola folla di studenti, medici e membri del personale sanitario. Tra i concelebranti anche monsignor Stefano Russo, segretario generale della Cei. Sotto un cielo grigio, che però non ha dispensato fortunatamente la pioggia, Papa Bergoglio ha incentrato la sua omelia su tre parole, “ricordo, passione e conforto”.Ri-cordare – ha detto - significa ‘ritornare con il cuore’”. E il Cuore di Gesù (cui l’Università cattolica è intitolata, e del resto è stata celebrata la Messa votiva del Sacro Cuore di Gesù, ndr) ci fa ritornare al “compendio della sua misericordia”.

Nella fretta di oggi – ha proseguito il Pontefice -, tra mille corse e continui affanni, stiamo perdendo la capacità di commuoverci e di provare compassione, perché stiamo smarrendo questo ritornare al cuore, il ricordo, la memoria. Senza memoria si perdono le radici e senza radici non si cresce. Ci fa bene alimentare la memoria di chi ci ha amato, curato, risollevato”.Perciò il Papa ha invocato “la terapia del ricordo”. “Quanto sono importanti questi ricordi negli ospedali! Possono dare il senso alla giornata di un ammalato. Una parola fraterna, un sorriso, una carezza sul viso: sono ricordi che risanano dentro, fanno bene al cuore”.

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Quanto alla seconda parola – passione – Francesco, dopo aver ricordato che “l’amore parla da sé, non parla di sé”, ha aggiunto: “Chiediamo la grazia di appassionarci all’uomo che soffre, di appassionarci al servizio, perché la Chiesa, prima di avere parole da dire, custodisca un cuore che pulsa d’amore”. E infine il conforto: “Tante incertezze ci spaventano: in questo tempo di pandemia ci siamo scoperti più piccoli e fragili. Nonostante tanti meravigliosi progressi, lo si vede anche in campo medico: quante malattie rare e ignote, quanta fatica a stare dietro alle patologie, alle strutture di cura, a una sanità che sia davvero come dev’essere, per tutti. Potremmo scoraggiarci. Per questo abbiamo bisogno di conforto. Il Cuore di Gesù batte per noi ritmando sempre quelle parole: “Coraggio, non avere paura!”.

Ciò vale anche e soprattutto per la sanità cattolica. “Condividere, sostenersi, andare avanti insieme”. “Al tuo Cuore, Signore, - ha concluso il Papa - affidiamo la vocazione alla cura: facci sentire cara ogni persona che si avvicina a noi nel bisogno.

La Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica fu inaugurata il 5 novembre del 1961 da san Giovanni XXIII, presente anche l’allora arcivescovo di Milano, cardinale Giovanni Battista Montini, destinato a succedergli sulla Cattedra di Pietro un anno e mezzo dopo”.

All’inizio della celebrazione monsignor Claudio Giuliodori, assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica, dopo aver ricordato il ricovero di papa Francesco nel luglio scorso si è detto lieto di vedere il Pontefice pienamente ristabilito. “Sono stati giorni – ha sottolineato - in cui l'abbiamo sentita particolarmente vicina ai malati e al personale dell'ospedale, giorni in cui anche noi ci siamo spiritualmente stretti a lei con grande affetto e intensa preghiera” Quindi ha citato l’augurio formulato da San Giovanni XXIII il giorno dell’inaugurazione: «Questa Facoltà di Medicina fiorisca, cresca e sia stimata; qui risieda quanto c’è di alto, puro e bello; qui si educhino e si formino numerosi ed eccellenti medici». “Abbiamo ancora bisogno – ha aggiunto - di essere confortati e orientati nella realizzazione dell’affascinante missione, ma anche difficile e complessa, di formare testimoni dell’amore misericordioso di Dio: medici, personale sanitario e amministrativo che sull’esempio del Buon Samaritano, come lei ci ha ricordato nel secondo capitolo dell’Enciclica Fratelli Tutti, sappiano prendersi cura con le più alte competenze scientifiche e con autentica compassione dei più bisognosi che qui hanno il volto dei malati sofferenti e afflitti da gravi patologie”.“Ci aiuti, Santità, - ha concluso - ad essere fedeli al carisma dei fondatori e a rinnovare il nostro impegno per continuare ad essere un segno credibile dell’amore di Gesù che ci spinge ad andare verso tutte le periferie e ad essere testimoni credibili di quella Chiesa in cammino sinodale che sa farsi “ospedale da campo” per accogliere e curare le persone ferite nel corpo e nello spirito”.

E in occasione della messa celebrata da papa Francesco l'Università Cattolica del Sacro Cuore ha donato farmaci di prima necessità per strutture sanitarie di Libano, Siria e Sudan attraverso l'Elemosiniere di Sua Santità, cardinale Konrad Krajewski.

Al termine della celebrazione il Papa è stato salutato e ringraziato dal professor Franco Anelli, Rettore magnifico dell’Ateneo Cattolico, di cui, ha ricordato, quest’anno ricorre anche il centenario di fondazione, avvenuta nel dicembre del 1921. “Si tratta di una coincidenza importante per la nostra storia – ha rimarcato il Rettore. Infatti – come ricordava il nostro Assistente Ecclesiastico Generale, S.E. Mons. Claudio Giuliodori – con l’avvio dei corsi di medicina giungeva a compimento il progetto originario di padre Gemelli. Per lui, medico, l’Università dei cattolici italiani non poteva non ospitare una facoltà dedicata agli studi e alla pratica della medicina. Impresa ardua, ma indispensabile, perché, con questo gesto, il nostro fondatore sembra dirci che tutta la nostra opera di studio e insegnamento, in qualsiasi facoltà, deve guardare alle persone con la stessa cura che i medici riservano ai sofferenti: l’esperienza universitaria è infatti un’esperienza di prossimità”.

“Nel corso di questi sessant’anni – ha detto ancora Anelli - la Facoltà di Medicina e Chirurgia ha fatto grandi progressi nell’attività didattica e di ricerca, mantenendo una missione chiara e immutata: unire, come Ella ci insegna, il linguaggio della mente, del cuore e delle mani, e porli tutti al servizio del malato, nel quale si riflette l’immagine dell’umanità”. E nell’esperienza dolorosa della pandemia ha compiuto grandi sforzi, per assicurare le cure necessarie e “per non interrompere l’esercizio della missione educativa, per non perdere il contatto con gli studenti e consentire a ciascuno di loro di proseguire il proprio percorso di studi”. “Santo Padre – ha concluso -, in questi tempi difficili siamo costantemente confortati e incoraggiati dal Suo Magistero, dai Suoi gesti e dalle parole che ci hanno accompagnato nei momenti più dolorosi per dirci di guardare al male che ci sfidava come a un’occasione per apprendere e riflettere, crescere e migliorare”.