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Tv. La guerra, i bambini, la Chiesa. Il Papa da Fazio: pregate per me, non contro di me

Nello Scavo domenica 14 gennaio 2024

L'intervista di Papa Francesco a Che tempo che fa

"Grazie per averci guardato in questo dialogo, per essere vicini; vi chiedo di pregare per me, perché io vada sempre avanti, perché io non fallisca nel mio dovere. Ma per favore, pregate a favore, non contro, grazie!". L’ironia con cui Papa Francesco ha concluso la lunga intervista con Fabio Fazio ha strappato un applauso del pubblico, per un momento di televisione che non si esaurisce con la sola messa in onda.

Seduto con alle spalle l’immagine della “Madonna che scioglie i nodi”, icona cara a Papa Francesco che ne ha incentivato la diffusione, il colloquio a “Che tempo che fa” riassume e rilancia il senso e lo spirito del pontificato. Nodi compresi.

Da Casa Santa Marta Papa Francesco si è collegato con gli studi milanesi del canale “Nove”. Circa 55 minuti per ribadire un durissimo atto d’accusa ai signori di ogni guerra, i produttori di armi, quei “fabbricanti di morte” che Papa Francesco indica come i maggiori promotori e i principali beneficiari di ogni conflitto. E con loro quei leader che decidono di ordinano di mettere mani alle armi incuranti della sorte dei loro soldati e delle vittime civili. Soprattutto i bambini, strumentalizzati, sfruttati, uccisi e spesso dimenticati. E sono stati proprio i più piccoli, in vista della Giornata mondiale dei Bambini indetta dal Papa per il prossimo maggio, i protagonisti del colloquio televisivo.

Il Pontefice ha ricordato che un mercoledì erano andati a trovarlo dei bambini ucraini accompagnati da loro genitori. "Hanno visto la guerra ma nessuno di loro sorrideva", ha detto Francesco. "I bambini spontaneamente sorridono" ma loro "avevano dimenticato il sorriso" e quando "un bambino dimentica un sorriso, questo è criminale".

La guerra per il pontefice non è un evento lontano, neanche geograficamente. “Tutti i giorni chiamo la parrocchia di Gaza e mi dicono le cose terribili che succedono. Quanti arabi morti e quanti israeliani morti, due popoli chiamati ad essere fratelli autodistruggendosi l'un l'altro".

In prima serata sono andate in onda parole che hanno fatto dell’intervista perfino un momento di catechesi, con il linguaggio diretto e profondo di Francesco. Il Papa ha risposto agli spunti di Fazio per riaffermare alcuni temi chiave del pontificato. Partendo dalla “misericordia” e dal “perdono”, senza i quali neanche la Chiesa può aprire le porte “a tutti, senza esclusione”.

Fazio ha ricordato al Papa le critiche con cui non di rado vengono accolte alcune sue scelte. Come il recente documento sulle benedizioni per le le persone che vivono in unioni irregolari e dello stesso sesso. Contestazioni che il Papa attribuisce al “non informarsi”, prima di giudicare.

Le dimissioni di Bergoglio, talvolta ventilate e da taluni auspicate, sono semplicemente fuori discussione. Lo ha ribadito il Pontefice, che ha risposto mettendo a tacere le illazioni e rivelando alcuni progetti a cui il Santo Padre sta lavorando con i suoi collaboratori. “Sono ancora vivo”, ha ironizzato ancora, perciò le dimissioni non sono "né un pensiero né un desiderio. Le dimissioni sono una possibilità aperta per tutti i papi, ma non sono al centro dei miei pensieri”. I programmi per il futuro sono tracciati. In autunno è previsto un viaggio in Polinesia e in quella occasione vorrebbe recarsi in Argentina, il suo amato Paese per il quale non ha nascosto una certa “preoccupazione”.

Non sono mancati i momenti in cui Papa Francesco ha ricordato le sue radici italiane, raccontando di come la sua lingua madre non sia stata quella spagnola ma il piemontese che apprendeva dai nonni a Buenos Aires. La città di cui è stato arcivescovo e nella quale, ha confidato, solo una volta in 54 anni di sacerdozio ha negato il perdono, “per l'ipocrisia della persona”. Un male, come anche l’invidia, che il Papa indica tra i grandi virus che intossicano le relazioni e costruiscono quella “cultura del rancore” che scatena odio e conflitti.

Dopo il tempo della Giubileo della Misericordia Papa Francesco è tornato su una missione a lui cara, quella dei sacerdoti incaricati del sacramento della riconciliazione: "Io sempre dico ai confessori: voi perdonate tutto e trattate la gente con molta bontà come il Signore ci tratta a noi. E poi se tu vuoi aiutare la gente, poi puoi parlare e aiutarli ad andare avanti, ma perdonare tutti. In 54 anni di prete che io ho, questa è una confessione, 54 anni che sono prete, io sono vecchio! In questi 54 anni ho soltanto negato una sola volta il perdono, per la ipocrisia della persona. Una volta. Sempre ho perdonato tutto, ma anche con la consapevolezza che quella persona forse ricadrà, ma il Signore ci perdona. Aiutare a non ricadere o a ricadere meno, ma perdonare sempre."

Quale è la riforma più importante per la Chiesa? Francesco non ha dubbi: "Il cuore va riformato tutti i giorni, cambiare il cuore. Questo è un lavoro di tutti i giorni. Quando noi sentiamo nel cuore qualche cattiveria, l’invidia per esempio, quel vizio giallo, così mi piace chiamarlo, che rovina tutti i rapporti. Dobbiamo pentirci e cambiare il cuore continuamente e stare attenti a cosa succede nel mio cuore per cambiare. Cambiare e poi cambiare le strutture, le strutture vanno cambiate perché la storia va avanti. Le cose che andavano bene il secolo scorso adesso non vanno bene. Ma la vera libertà è cambiarle, perché non sono cose assolute in sé stesse ma relative al momento storico”.

E poi un appello alla protezione degli scartati, specialmente migranti e profughi. "Col problema dei migranti c’è tanta crudeltà, nel trattare questi migranti, nel momento in cui escono da casa loro fino all’arrivo in Europa”.