Opinioni

Il direttore risponde. Voto, è lunga la lista dello scontento

Marco Tarquinio domenica 25 maggio 2014
Caro direttore,non voglio sentirmi dire «vai a votare», come se non farlo fosse un peccato capitale, uno spregevole atto di pigrizia o peggio ancora di disfattismo o di disprezzo per le istituzioni. No, non è con questo stimolo che mi si invita a esprimere col mio voto la preferenza verso questo o quel partito per fargli mandare qualche parlamentare in Europa, ma in ben altro modo. Se avessi notato per esempio un qualche interesse verso punti programmatici per me importanti, andrei a votare. Se mi fosse stato proposto un programma di difesa della famiglia tradizionale che non va confusa con le relazioni omosessuali, andrei a votare. Se vedessi che nelle scuole si equipara pienamente l’ora di “Religione” alle altre materie umanistiche, quale importante componente della formazione di veri cittadini italiani ed europei, andrei a votare. Se le pensioni fossero distribuite a ricchi e poveri in uguale misura tanto da far dire ai ricchi “a che mi serve?”, mentre i poveri avrebbero finalmente raggiunto il massimo della giustizia sociale, andrei a votare. Se vedessi, infine, che non si vanno a centellinare gli incrementi di stipendio dei lavoratori in ragione di pochi euro al mese, come avviene adesso, in attesa che per averne altri si dia il voto a questo piuttosto che a quello, ebbene anch’io andrei a votare...Franco MasiniGentile direttore,siamo chiamati a votare per il Parlamento europeo, ma sono le sorti dei partiti e della stessa Italia a essere affidate, ancora una volta, a tutto il nostro popolo, che però per quasi la metà non andrà a votare. Eppure le effervescenti e chiassose tivù, nostre guide e maestre (!) ci fanno hanno fatto vedere e interventi pieni di spirito politico e confronti brucianti. La verità, secondo l’ottuagenario che le sta scrivendo, è che una gran massa di gente semplice, che fatica a stare a galla in questa confusa società, non ha idee chiare sui partiti, sulle divergenze di opinioni tra leader e non ha ancora capito chi veramente merita il voto… Non pochi – penso – hanno anche confusione di come, oltre che cosa, votare, fra schede e simboli a non finire. Ricordo che alle prime votazioni postbelliche c’era gran fermento anche nelle famiglie. Allora c’era forse più ignoranza… mediatica, ma c’era soprattutto tanta dignità e tanta volontà di esprimersi col proprio voto, da cittadini.Silvio Testaotrei aggiungere ancora qualche voce all’elenco stilato dal signor Masini per spiegarci perché farà fatica, oggi (e solo oggi, fino alle 23 di stasera), a dirigersi al seggio. Ma in queste settimane, su queste pagine, assieme ai miei colleghi, in effetti quelle voci le ho già aggiunte: finanza sostenibile, lavoro, fisco, giustizia e carceri, scuola, migranti... Però con un’intenzione opposta a quella dell’amico lettore (al quale va comunque tutta la mia sincera simpatia). Ho cercato di rendere ancora più chiaro per quanti buoni motivi a votare per le europee (e per le amministrative) in tantissimi ci andremo in ogni caso, consapevoli di potere e dovere scegliere ragionando, per tenace passione civile e cristiana, con intento costruttivo. Il nostro voto, infatti, non serve solo a confermare fiducia e mandato a coloro che con determinazione e chiarezza – ai diversi livelli, dai Consigli comunali sino al Parlamento europeo – propongono e fanno le cose giuste, ma anche per stimolare chi esita, per scuotere chi dorme, per frenare gli incompetenti, per incalzare e correggere chi insiste a prendere cantonate, per bocciare chi si dimostra disonesto e in malafede… Stavolta per di più – l’ho ricordato anche ieri – abbiamo piena possibilità di usare lo strumento della preferenza (addirittura fino a tre nomi di candidati e candidate: riguardiamoci bene le regole del voto pubblicate anche oggi a pagina 9). Insomma, disertare le urne non sarebbe un «peccato capitale», ma – come fa intendere il signor Testa – è uno spreco, un brutto spreco. Anche di dignità. La dico grossa: un simile atteggiamento finisce, oltre le intenzioni, per esser parte di quella (non) cultura «dello scarto» e «dell’indifferenza» – ce ne parla spesso uno che sa come spingerci a riflettere su ciò che davvero vale… – che ci fa sentire sazi anche delle nostre insoddisfazioni, ci induce a considerare superflui i doveri di cittadinanza e ci sconsiglia di «immischiarci» nelle cose di un mondo che va in modo letteralmente mortificante per il verso sbagliato. E invece – ce lo hanno ricordato i nostri vescovi con il Messaggio inviato a conclusione dell’Assemblea generale di primavera della Cei – partecipare e immischiarci è proprio quello che dobbiamo saper fare, anche solo da cittadini-elettori. Magari, l’esempio è più che utile, ridando un’occhiata (su “Avvenire” di ieri e sul nostro sito internet otrei aggiungere ancora qualche voce all’elenco stilato dal signor Masini per spiegarci perché farà fatica, oggi (e solo oggi, fino alle 23 di stasera), a dirigersi al seggio. Ma in queste settimane, su queste pagine, assieme ai miei colleghi, in effetti quelle voci le ho già aggiunte: finanza sostenibile, lavoro, fisco, giustizia e carceri, scuola, migranti... Però con un’intenzione opposta a quella dell’amico lettore (al quale va comunque tutta la mia sincera simpatia). Ho cercato di rendere ancora più chiaro per quanti buoni motivi a votare per le europee (e per le amministrative) in tantissimi ci andremo in ogni caso, consapevoli di potere e dovere scegliere ragionando, per tenace passione civile e cristiana, con intento costruttivo. Il nostro voto, infatti, non serve solo a confermare fiducia e mandato a coloro che con determinazione e chiarezza – ai diversi livelli, dai Consigli comunali sino al Parlamento europeo – propongono e fanno le cose giuste, ma anche per stimolare chi esita, per scuotere chi dorme, per frenare gli incompetenti, per incalzare e correggere chi insiste a prendere cantonate, per bocciare chi si dimostra disonesto e in malafede… Stavolta per di più – l’ho ricordato anche ieri – abbiamo piena possibilità di usare lo strumento della preferenza (addirittura fino a tre nomi di candidati e candidate: riguardiamoci bene le regole del voto pubblicate anche oggi a pagina 9). Insomma, disertare le urne non sarebbe un «peccato capitale», ma – come fa intendere il signor Testa – è uno spreco, un brutto spreco. Anche di dignità. La dico grossa: un simile atteggiamento finisce, oltre le intenzioni, per esser parte di quella (non) cultura «dello scarto» e «dell’indifferenza» – ce ne parla spesso uno che sa come spingerci a riflettere su ciò che davvero vale… – che ci fa sentire sazi anche delle nostre insoddisfazioni, ci induce a considerare superflui i doveri di cittadinanza e ci sconsiglia di «immischiarci» nelle cose di un mondo che va in modo letteralmente mortificante per il verso sbagliato. E invece – ce lo hanno ricordato i nostri vescovi con il Messaggio inviato a conclusione dell’Assemblea generale di primavera della Cei – partecipare e immischiarci è proprio quello che dobbiamo saper fare, anche solo da cittadini-elettori. Magari, l’esempio è più che utile, ridando un’occhiata (su “Avvenire” di ieri e sul nostro sito internet http://tinyurl.com/q2ac5oj) alla lista dei candidati a Strasburgo che hanno fatto proprio il manifesto per la famiglia promosso dal Forum. Buona domenica. E buon «co-responsabile» voto a tutti.