Opinioni

Volevano Case chiuse, chiudono i Cas. Voci ferite delle suore in prima linea

Marco Tarquinio mercoledì 10 aprile 2019

Caro direttore,

nell’impossibilità, almeno nell’immediato, in questo amaro martedì 9 aprile 2019, di tradurre in azioni concrete i nostri sentimenti di profonda tristezza, smarrimento, indignazione, impotenza di agire, la ringraziamo fin d’ora per lo spazio che vorrà concedere a quello che vuole essere un primo segnale di vicinanza alle tante sorelle che abbiamo incontrato durante il nostro periodo di servizio al Cas (Centro accoglienza straordinaria) di Torrenova, per l’accoglienza, appunto, di ragazze migranti nella periferia est di Roma. Proprio questa mattina la struttura verrà chiusa e le giovani saranno messe su degli autobus e inviate verso destinazioni sconosciute, forse in uno degli altri centri sparsi in Italia, che uno dopo l’altro stanno chiudendo i battenti in virtù di questa desiderata e decretata 'sicurezza'.

Siamo molto dispiaciute per la chiusura di questo Cas. Dal 1° agosto 2018 fino a oggi, abbiamo fatto un cammino che ci è sembrato positivo con un gruppo di ragazze migranti ospiti della struttura: alcuni mini-corsi per aiutarle a crescere in umanità, dignità e serenità. Abbiamo conosciuto da vicino queste giovani donne, che hanno affrontato spesso con dignità la loro difficile condizione di migranti, vittime spesso di violenza e sempre di sfruttamento. Portiamo i loro nomi nel nostro cuore. Così come abbiamo apprezzato l’accoglienza calorosa del direttore e dei volontari del Cas, che hanno messo serietà e dedizione generosa nel compito che era stato loro affidato, andando oltre l’accoglienza formale prevista dalla legge. Un cammino di umanità e dignità nei confronti delle ragazze ospiti. Ne siamo testimoni. Siamo fortemente rimaste colpite dalle modalità di attuazione della chiusura della struttura: tempi brevissimi di preavviso e poche informazioni sul futuro delle giovani donne coinvolte. Ci chiediamo: stiamo forse dando tutti quanti un cattivo esempio di gestione del fenomeno migratorio, con un approccio alle persone poco rispettoso dei diritti umani e non all’altezza dei valori del nostro Paese, l’Italia? Siamo suore, donne consacrate, che abbiamo vissuto in tanti Paesi del mondo e quindi abbiamo conosciuto sulla nostra pelle che cosa significa l’esclusione, la non appartenenza a un popolo, la mancanza di solidarietà, la sofferenza e le lacrime sparse per un futuro migliore. Poteva forse il Cas di Torrenova diventare un’occasione di conoscenza e confronto con la comunità locale residente sul territorio? Non lo sappiamo e, forse, non lo sapremo mai più.

Ma non possiamo rimanere oltre in silenzio, dobbiamo prendere posizione con determinazione: noi rimaniamo sempre aperte all’accoglienza e alla stima per il diverso, volendo conservare i valori profondi di un’umanità sana e cristiana. Aperte e accoglienti verso gli ultimi, i poveri, i bisognosi, i più abbandonati della nostra civile società. Con stima e fraternità.

Suor Maria Rosa Venturelli (Usmi Tratta) e suor Azia Ciairano con le sorelle Usmi, che si sono alternate al Cas: Maria Goretti, Nina, Liliana, Chiara, Nebiat, Rosa, Fatima, Vincenza, Maria Gina, Carmelita


Grazie, care sorelle, della vostra testimonianza diretta e della limpida condivisione di un dolore e uno sconcerto che danno voce ferita a chi non ne ha: le vostre “ragazze”. Grazie, per pensieri e sentimenti che a mia volta, anzi oso dire a nostra volta – coinvolgendo l’intera “famiglia di Avvenire” – condividiamo in modo acuto. Continua, infatti, la progressiva demolizione della parte efficiente e buona del sistema di protezione dei e delle richiedenti asilo e di intelligente loro inclusione nel nostro Paese. Il cuore scandaloso di questa politica è che non risolve nessun problema, ma ne crea di nuovi. E questo aumenta le sofferenze delle persone fragili coinvolte, umilia gli uomini e le donne professionalmente e volontariamente impegnate in un’accoglienza che – ripeto – era quella meglio regolata e davvero funzionante, e accresce – per lo strano mix di propaganda (odiosa) e di silenzio (cinico) su ciò che sta accadendo – il tasso di intossicazione di pezzi di opinione pubblica. Lo smantellamento dello Sprar, checché ne dicano qualche capo politico e i suoi corifei, non è una battaglia contro il «business dell’accoglienza», ma una vera e propria guerra contro la solidarietà e il volontariato e contro persone in carne ossa e anima. Questi stessi signori sono quelli che periodicamente vagheggiano la riapertura delle “case chiuse”. Non ci sono riusciti, e per intanto si danno da fare per avere i «Cas chiusi». Vittime sempre i deboli, e soprattutto – come in questo caso – le donne. Un disastro umano, una vergogna civile. Posso garantirvi che continueremo a informare con pazienza e passione, sia su ciò che si sta facendo sia su ciò che si sta disfacendo in Italia e per tenere sveglie le coscienze. Grazie ancora, di cuore, per il vostro servizio missionario a Dio e alle sorelle e ai fratelli in umanità.