Opinioni

I segni di disgregazione . Visione e generosità per l'Europa

Leonardo Becchetti mercoledì 27 maggio 2015
Spagna, Polonia, Grecia, Regno Unito: i segni di disgregazione in Europa sono tanti, troppi per non capire che abbiamo bisogno di uno stile di rapporti e di una "narrazione" europea diversa. La logica utilitaristica miope e l’approccio ragionieristico - che calcola col bilancino costi e benefici economici per il singolo Paese non tenendo conto delle interdipendenze - non producono afflati, distruggono capitale sociale europeista e non portano da nessuna parte. Solo un salto di qualità politico e culturale verso il modello dello "scambio di doni" stile piano Marshall e la capacità di comunicarlo efficacemente possono consentirci di superare l’attuale situazione, invertendo la rotta. Un salto di qualità che renda percepibile ai cittadini europei, a tutti i cittadini europei, che i benefici dell’integrazione sono superiori ai costi.Il "caso greco" è emblematico. Unione e Grecia hanno entrambe molto da perdere in caso di fallimento dell’accordo, ma ciascuna sta cercando di portare a casa il risultato migliore ritardando la conclusione della trattativa. Il ritardo però costa perché la situazione greca rischia di deteriorarsi. Il salto di qualità politico consiste nel domandarsi che cosa ciascuna parte può "donare" all’altra ovvero che cosa può fare per andare oltre la propria convenienza a breve. La Ue potrebbe e dovrebbe fare la prima mossa offrendo un accordo "generoso" che ponga fine ai costi dell’austerità e rilanci la domanda interna nel Paese. Una delle paure maggiori nel compiere questo passo sta nel temere che altri Paesi possano domani seguire la Grecia nel chiedere concessioni alla Ue. La soluzione semplice è rendere il "caso greco" un caso unico e non appetibile dagli altri paesi del Sud (geografico e politico) dell’Eurozona. L’intervento generoso di salvataggio scatterebbe, infatti, solo dopo che Atene è passata attraverso le forche caudine di un crollo del Pil (un quarto per la Grecia) e una crisi sociale profondissima, che ha aumentato povertà e disoccupazione. Definendo con chiarezza queste condizioni-limite nessun altro Paese avrà alcuna convenienza politica a precipitare verso una tale emergenza per ottenere aiuti e condono del debito. Stabilire che chi ha un incidente stradale ha diritto a un ambulanza e a un ricovero d’emergenza in ospedale non invoglia alcuno a cercare incidenti... Nel nostro caso "incidente" significa un profondo stato di prostrazione del Paese, che non favorisce certo la permanenza al potere delle classi dirigenti.La nuova fase della crisi euro-greca arriva in uno scenario continentale profondamente mutato. Il debito greco è prevalentemente in mano a istituzioni e non a banche private, e ciò riduce i rischi di contagio. L’esposizione dell’Italia, in particolare, si aggira attorno ai 40 miliardi e anche un default totale aumenterebbe il nostro debito di non più di 2-3 punti di Pil. Ma ciò che mette l’Italia abbastanza al riparo è l’avvio del "quantitative easing" (una delle misure auspicata dall’appello dei 340 professori per l’Europa lanciato sulle colonne di "Avvenire") che ha profondamente modificato la traiettoria del debito creando le premesse per la ripresa economica, l’eliminazione della deflazione e la riduzione del costo del debito. Già oggi con inflazione zero, Pil sotto l’1% e avanzo primario sopra il 3% siamo in situazione di rapporto debito/Pil stabile. Basterebbe che la riduzione del costo del finanziamento del debito pubblico provocata dal "quantitative easing" (anche senza l’esagerazione di tassi vicini allo zero per i nostri Btp) proseguisse portando il costo medio del debito al 2% per creare le condizioni di una riduzione progressiva e significativa del rapporto debito/Pil negli anni a venire anche con tassi di crescita moderata.Tuttavia, è bene ripeterlo, il problema non è tecnico-contabile ma politico e culturale. I partner europei sono in mezzo al guado non avendo scelto né di separarsi né di mettere veramente assieme le proprie risorse in un’ottica di condivisione simile a quella che avviene negli Stati federali. Senza un passo in avanti che viene da una riscoperta profonda delle ragioni dello stare insieme la vera soluzione del problema rimane lontana.