Opinioni

Chi demolisce e chi, con sacrificio, ricostruisce. Vecchie bombe cattive e nuove consapevolezze

Danilo Paolini sabato 10 dicembre 2011
Chiedete a un capomastro se sia più facile demolire una casa malandata oppure ristrutturarla e renderla di nuovo agibile. La risposta sarà che è più facile buttarla giù, raderla al suolo. A distruggere, infatti, sono capaci tutti. Per costruire, aggiustare, riadattare, servono competenza, pazienza e sacrifici, non solo da parte del capomastro ma anche degli ingegneri, dei geometri e degli operai, fino all’ultimo assunto tra i manovali. Fuori dalla metafora edilizia, in un’epoca di crisi economica e di tensioni sociali come quella che l’Italia (e, con il nostro Paese, l’Europa e il mondo intero) sta attraversando, ecco di nuovo le bombe di chi vuole distruggere, trasformare le preoccupazioni e l’insofferenza di tanti cittadini onesti in panico e violenza: ieri ne ha fatto le spese il direttore generale di Equitalia, due giorni fa è andata meglio all’amministratore delegato della Deutsche Bank perché il pacco a lui indirizzato (un made in Italy di cui non andare fieri) è stato intercettato prima che esplodesse. Se l’esperienza vale qualcosa, forse qualche altra terribile strenna è in viaggio per l’Europa e speriamo venga neutralizzata prima che provochi danni. Accadde anche lo scorso anno, giusto in prossimità del Natale (quando è più intenso il flusso delle spedizioni), ma pure in altri e differenti periodi. Del resto, il metodo terroristico è vecchio quanto la storia dell’umanità. Non a caso, nei giorni scorsi, il ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri aveva avvertito che «le cause di disperazione sociale e di marginalità possono prestarsi a strumentali forme di sovversivismo o, peggio, alimentare mai del tutto sopite tentazioni eversive». In questo particolare frangente, il fatto induce, dovrebbe indurre, a riflessioni più profonde di una pur ferma e doverosa condanna. In Italia, infatti, il governo ha appena varato una manovra economica (l’ennesima del 2011) che indubbiamente metterà a dura prova i bilanci familiari di milioni di famiglie, con l’obiettivo di rimettere in carreggiata un Paese che per troppi anni è andato avanti facendo debiti. Ma tra i principali fattori del dissesto finanziario pubblico c’è l’evasione fiscale. Allora, ferma restando l’inaccettabilità della violenza in ogni caso, è bene dirlo con chiarezza: chi spedisce un ordigno a Equitalia non "vendica" il cittadino perbene destinatario di qualche cartella esattoriale "pazza" (fenomeno senz’altro criticabile e al quale va posto rimedio al più presto), ma colpisce il principale strumento a disposizione dello Stato per il recupero delle tasse non versate. Parliamo di circa 9 miliardi di euro per l’anno passato, somma che si prevede anche più elevata per quello che si sta chiudendo, senza i quali sarebbe ancora più difficile far quadrare i conti pubblici. L’Unione Europea, da parte sua, proprio in queste ore sta cercando faticosamente di arginare le spinte egemoniche e le pulsioni egoistiche al suo interno, riscrivendo (equamente, si spera) le regole da rispettare per ripartire nel segno di una rinnovata coesione. Perché sembra ormai assodato che, in una tempesta di tal fatta, o si resiste in piedi sostenendosi a vicenda oppure si cade da soli, ma uno dopo l’altro, come in un tragico domino dalle conseguenze spaventose per i popoli. Chi indaga da tempo sulla vasta, e per certi aspetti confusa, galassia dinamitarda anarco-insurrezionalista racconta dell’esistenza di una sorta di 'rete federalista' (informale quanto si vuole, ma all’occorrenza piuttosto organizzata) impegnata a colpire a livello europeo: Grecia, Italia, Spagna, Germania... Sono gli anti-Stato che si fanno anti-Europa. Ecco la differenza decisiva tra la fatica paziente (beninteso, mai esente da errori, intoppi, contrasti) del restauratore e il lavoro rapido, ma privo di prospettive, del demolitore: nella casa rimessa in sesto si sta al riparo anche se c’è poco da portare in tavola, mentre tra le macerie possono abitare soltanto la miseria e la disperazione.