Opinioni

Accesso civico agli atti . Un'ondata di trasparenza bella e impossibile

Paolo Viana giovedì 22 dicembre 2016

Bella e impossibile. Come la sostenibilità ambientale e la sicurezza alimentare, la trasparenza nella pubblica amministrazione è uno dei miti contemporanei; un ideale nobile ma in fondo in fondo irrealizzabile, in un Paese dove anche la nomina di un usciere o il capitolato d’appalto per la cancelleria sono ancora coperti dal sussiegoso riserbo degli arcana imperii. Eppure, talvolta i sogni si avverano e gli archivi si spalancano. Tra mille dubbi e riserve, certo, ma avviene. Come avverrà dal 23 dicembre, quando sarà finalmente in vigore la legge sull’accesso civico: pochissimi lo sanno, ma da domani gli italiani avranno diritto ad accedere gratuitamente a qualsiasi dato e documento in possesso delle amministrazioni pubbliche, che avranno l’obbligo di rispondere entro trenta giorni.

Potranno farlo davvero tutti, nel senso che non sussisterà più l’obbligo di una adeguata motivazione, la quale finora ha evitato che la conquista della trasparenza si trasformasse in uno tsunami di domande. Ora, invece, chiunque potrà chiedere informazioni anche sui dossier di cui la legge non prevedeva già l’obbligo di pubblicazione; inoltre, potrà farlo gratuitamente, vedendosi addebitare, al massimo, il costo delle fotocopie. Lo sancisce un decreto attuativo della riforma Madia della pubblica amministrazione, il decreto legislativo 97 approvato nel maggio di quest’anno che modifica il decreto 33/2013 allo scopo di «favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche»; ha superato la ghigliottina della Corte Costituzionale ma potrebbe incontrare quella del sindacato. Dai Comuni alla miriade di uffici dello Stato stanno montando infatti le preoccupazioni per il carico di lavoro che rischia di esplodere.

Gli italiani, si sa, sono gente creativa e c’è da scommettere che, se ci prenderanno gusto, non si limiteranno a interrogare l’Amministrazione sulla potatura degli alberi o sull’assunzione dei portaborse, sul rifacimento dei marciapiedi comunali o sui costi dell’ultimo viadotto, ma spazieranno dalle spese di rappresentanza del sindaco al menu della mensa scolastica, dalle parcelle dei consulenti alle gare per le forniture... La loro domanda non dovrà essere generica, ma l’unico vero limite – se si eccettuano i dati sensibili sulle persone e le informazioni relative alla sicurezza – è l’eventuale opposizione del soggetto 'contro interessato', al quale si riferiscono i dati in esame. Insomma, non sarà solo, come si era pensato inizialmente, uno strumento per sapere davvero che fine fanno i denari pubblici, ma l’ultimo gradino della trasparenza, quella che mette sullo stesso piano lo Stato e il cittadino, garantendo al secondo l’accesso a tutte le informazioni di cui dispone il primo. Per legge, e la diffferenza sta tutta qui.

A vigilare sul rispetto della norma ci penserà l’Anticorruzione e non mancano le sanzioni per le amministrazioni inadempienti, eppure permane un sottofondo di paura e scetticismo. Si teme cioè che il cittadino italiano non sia abbastanza maturo per servirsi di uno strumento talmente rivoluzionario – il Consiglio di Stato l’ha definita una 'rivoluzione copernicana' – e, per quanto il governo Renzi abbia suonato giustamente la grancassa quando l’accesso civico è diventato legge dello Stato, non si può dire che gli italiani siano pienamente informati su questo diritto, che, nell’inconsapevolezza dei più, potrebbe essere interpretato malamente, cioè come un cuneo politico, utile a paralizzare l’Amministrazione 'avversaria', più che a trasformare lo Stato in una casa di vetro.

Pertanto crediamo che sia particolarmente importante che il Foia (lo chiamano così per analogia con il Freedom of information act di stampo anglosassone) sia utilizzato diffusamente e correttamente, senza abusi: servirà ad evitare che quella della trasparenza italiana sia solo un’effimera primavera. Di fronte alla 'rivoluzione copernicana', non mancano infatti i rigurgiti tolemaici, soprattutto dopo l’esito del referendum costituzionale che ha rilanciato il ruolo politico delle Regioni. Queste ultime, direttamente e pesantemente coinvolte nei nuovi obblighi che – scavalcandole – il governo Renzi ha disposto, potrebbero ottenere dal prossimo Parlamento una riforma della riforma, rendendo la trasparenza italiana più possibile ma certamente meno bella.