Opinioni

Ansie e disagi nelle presidenziali. Un’anteprima di Europa nella scena elettorale francese

Giancarlo Galli sabato 21 aprile 2012
Domani i francesi vanno alle urne per il primo turno delle Presidenziali. Una dozzina di candidati in lista ma solo due destinati ad arrivare al ballottaggio del 6 maggio: l’uscente Nicolas Sarkozy (centrodestra) e il socialista François Hollande. Incognite: l’ultranazionalista Marine Le Pen e il moderato centrista François Bayrou. Il loro posizionamento peserà sull’esito finale, al pari degli astensionisti, che i sondaggi danno oltre il 30%. Record negativo, testimonianza di una disaffezione verso i partiti che attraversa l’intera Europa. Pur in serratissima competizione, vi è un sottile filo che in qualche modo unisce gli antagonisti: l’antieuropeismo di fondo che s’accompagna ai dubbi sulla moneta unica, l’euro. Certo Sarkozy depreca l’estremismo del Fronte Nazionale di madame Le Pen che ha preannunciato un referendum all’insegna dell’ipernazionalismo, ma in calo verticale dei sondaggi, ha mutato rotta sperando di mietere consensi (in seconda battuta), fra gli euroscettici. In aggiunta, sempre a blandire gli xenofobi, giro di vite sull’immigrazione. Anticipando il rimpatrio forzato di almeno un milione di clandestini, in larga misura cittadini delle ex-colonie africane. Per quel che concerne l’euro, nei comizi, promette di 'rinegoziare', avendo mal digerito il verdetto delle agenzie di rating che dopo avere tolto alla Francia la mitica AAA, lasciano filtrare un ulteriore declassamento. Tradotto in soldoni, Sarkò (per inciso azzoppato pure dalle vicende familiari), anziché prendersela con le magagne di un quinquennato marchiato da indecisionismo, crescita del deficit pubblico, prezzi e disoccupazione, vorrebbe mettere la mordacchia agli analisti. Alla maniera di Pinocchio che tirò una scarpata al Grillo Parlante. C’è poi il coté di politica estera. Fino a un paio di mesi fa, Sarkozy vantava relazioni privilegiate con Angela Merkel, Cancelliera della potente e ricca Germania, immune alla crisi, col Pil galoppante e l’industria che funziona a pieno ritmo. Accortosi che l’asse Parigi-Berlino piace poco all’opinione pubblica, ha staccato la spina. Forse anche per una maldicenza parigina venutagli all’orecchio: proprio Frau Merkel avrebbe suggerito alle agenzie di rating di rivedere il giudizio sulla Francia, stanca di accettare che le due nazioni si trovassero 'pari grado'. Economia & Finanza sono il cavallo di battaglia anche per il favoritissimo socialista François Hollande, professionista della politica che mai ha brillato per carisma, vivendo di luce riflessa a fianco della dinamicissima compagna Ségolène Royal, battuta con un secco 54-46 da Sarkozy alle elezioni del 2007. Separatosi, ha trovato una nuova fiamma; soprattutto, sulle orme di Mitterrand che nell’81 mise ko Giscard d’Estaing, ha rivisto la strategia, stringendo per il decisivo secondo turno un patto di ferro col candidato emergente della sinistra-sinistra, Jean-Luc Mélenchon, accreditato del 12-14%. In contropartita: tassazione al 70% dei redditi oltre il milione di euro, parziale rinazionalizzazione delle banche e delle grandi industrie. Non stupisce: Mélenchon, che ora guida il Front de la Gauche , fu il giovanissimo pupillo di Mitterrand. Propone anche un ritorno dell’età pensionabile a 60 anni (ora a 62), e la piena applicazione della legge, caduta in desuetudine, delle 35 ore di lavoro settimanali. Quanto all’euro, lo vede come il fumo negli occhi. Ovvio: in campagna, ogni premessa è lecita. Tuttavia nessun osservatore, in onestà d’animo e giudizio, è lecito nascondersi dietro a un dito. Due secoli di storia moderna insegnano (ed ammoniscono), che Parigi nel bene, nel peggio, nel discutibile, è spesso stata anticipatrice. Oggi si confronta con un diffuso disagio economico-politico­sociale in cui convivono pulsioni scioviniste e reazionarie e scomposte ansie di cambiamento. Che Sarkozy si era rifiutato di vedere. Pertanto, l’accadrà domani nel paese cugino, latino e con vocazione mediterranea, difficilmente potrà non avere ripercussioni sugli scenari dell’intero Vecchio Continente: dalla solidarietà fra i popoli alla tenuta dell’euro.