Opinioni

Emergenza carceri. Una cavigliera per pochi

Danilo Paolini giovedì 16 gennaio 2014
Primo, per capire di che cosa parliamo: non è un braccialetto bensì una cavigliera, che non si può togliere a piacimento, resiste al calore fino a 70 gradi centigradi e si spezza solo con una trazione superiore ai 40 chilogrammi. Dalle caratteristiche già s’intuisce la seconda premessa, ovvero che non si tratta di una cavigliera in oro o pietre preziose. Sembra un’affermazione pleonastica, se non che i costi sostenuti dallo Stato per applicarla ai calcagni dei reclusi in detenzione domiciliare (e così tenerli sotto controllo giorno e notte) potrebbero trarre in inganno: oltre 55mila euro l’una.Purtroppo, la sconvenienza tutta italiana di una misura che in alcuni Paesi stranieri funziona non è una novità. Le prime polemiche sul tema risalgono al 2001, quando il governo di Giuliano Amato decise di adottare i primi "braccialetti elettronici" su proposta dell’allora ministro dell’Interno Enzo Bianco. I primi due contratti, in origine con varie società fornitrici e poi con la sola Telecom, ci sono costati 110 milioni di euro fino al 2011.Adesso l’intesa, sempre con Telecom, è stata rinnovata. Ma ieri, sentito dalla commissione Giustizia della Camera, il capo della Polizia Alessandro Pansa ha certificato che la diseconomia persiste, soprattutto perché a fronte di un costo di circa 5 milioni di euro, i dispositivi funzionanti sono appena 90 anziché 2mila, come previsto dal contratto. La penuria di "braccialetti", tra l’altro, sta causando non pochi grattacapi ai magistrati chiamati ad applicare il "decreto Cancellieri" sulla scarcerazione anticipata, con picchi di criticità a Milano e non solo.Il prefetto Pansa ha anche spiegato che ci vorrà «probabilmente» ancora un anno per mandare il servizio a regime, in termini di efficacia e di ottimizzazione dei costi. Sarà indetto un bando di gara europeo per avere più fornitori anziché uno soltanto, nella speranza di utilizzare tecnologie più avanzate a tariffe inferiori. È vero, infatti, che la Corte di Strasburgo ci ha intimato di risolvere la piaga del sovraffollamento carcerario "a ogni costo". Ma non era questo il senso.