Opinioni

Un passo nel domani. La svolta del Governo sul non profit

Massimo Calvi mercoledì 14 maggio 2014
Il non profit italiano da tempo chiede una serie di riforme capaci di dare ancora più forza e rilevanza a un settore che si è dimostrato fondamentale per il ruolo giocato in termini di occupazione e offerta di servizi di welfare, oltre che di contributo al rafforzamento della coesione sociale in tempi di crisi. Un’agenda di richieste che più volte negli ultimi anni è stata portata all’attenzione della politica, senza che alle pacche sulle spalle e ai complimenti di rito seguissero grandi novità. Ora la ragionevolissima lista di "ciò che va fatto", elaborata dalle figure più rappresentative del non profit, è stata valutata, apprezzata e adottata al completo dal premier Matteo Renzi, che l’ha lanciata via Twitter e sottoposta a una consultazione pubblica.Siamo all’apertura del cantiere, a un annuncio solenne, al quale però dovranno seguire diversi altri passaggi, anche in Parlamento, prima che le «Linee guida per una riforma del Terzo settore» possano diventare realtà. La svolta, tuttavia, è già evidente. Nessun capo di governo, finora, si era messo così "dalla parte" del non profit per sostenerne le ragioni e per favorirne lo sviluppo. E nessun governo si era dimostrato capace di proporre una riforma organica, superando la logica della concessione per passare al riconoscimento pubblico di un settore incaricato ormai di svolgere una funzione economica strategica. È un salto di qualità, come lo sono i singoli contenuti di quello che molti, secondo la moda anglofona, già chiamano Civil Act.Le direttrici fondamentali puntano a disegnare un nuovo sistema di welfare sussidiario e partecipato, a spingere per costituire un tessuto solido di imprese sociali dove profit e non profit si avvicinano a favore di uno sviluppo cooperativo e solidale, a rafforzare e rendere più trasparente il sistema delle donazioni e del finanziamento al non profit. Parliamo di un mondo che, dal Censimento Istat, rappresenta oltre 300mila organizzazioni, 4 milioni di volontari, un milione di occupati.Il cantiere prevede di tutto, dalla manutenzione delle leggi su volontariato, associazionismo e cooperazione sociale, alla stabilizzazione del 5 per mille fino al rafforzamento degli strumenti di governo, controllo e trasparenza. Ma sono tre i punti più significativi. Il primo è la riforma del Codice civile, necessaria per dare finalmente cittadinanza all’attività economica senza scopo di lucro, dunque per superare la dicotomia antistorica che allo Stato contrappone solo il privato "per profitto". Il secondo è l’annuncio molto più che simbolico della ri-costituzione di un’Autorità per il Terzo Settore, riparando al guasto della chiusura dell’Agenzia operata dal governo Monti. Il terzo è l’avvio del Servizio civile universale, che porterà 100mila giovani, su base volontaria e ripagati da una piccola retribuzione, a mettersi al servizio della comunità... È proprio il rilancio del servizio civile la riforma-simbolo di tutto l’intervento. In una fase storica caratterizzata da una disoccupazione giovanile che supera il 40%, con 2,2 milioni di ragazzi che né studiano né lavorano, offrire l’opportunità di un’esperienza che forma alla cittadinanza ed educa al servizio, guidando spesso alla scoperta di una vocazione professionale, è un passaggio importante. Ed è bello e giusto che, nel proporre questo, si sia parlato espressamente di "Difesa della patria": il desiderio forte, ma non sempre riconosciuto dagli stessi giovani, di impegno, di senso, di lavoro per il bene comune, di intrapresa sociale, ha bisogno anche di occasioni e di parole "forti" per emergere e non esaurirsi nella rivendicazione di un reddito o di una rendita. E la cittadinanza – come su queste colonne si scrive da tempo – comporta diritti e doveri rispetto alla comunità civile di cui si è parte.La sfida del non profit che diventa protagonista è anche questa: aiutare una cultura schiacciata tra statalismo e liberismo a scoprire che tra lo Stato e il mercato c’è molto ancora da esplorare.In questa svolta annunciata c’è però una scommessa che il Terzo Settore deve riuscire a vincere innanzitutto con se stesso se vuole reggere il peso di tanta responsabilità e l’impatto con chi ha da sempre i cannoni puntati contro. Perché purtroppo, di regola, quando le risorse a disposizione aumentano, crescono anche attenzioni interessate, appetiti e tensioni. Come dimostrano le inchieste sulle tangenti che ruotavano attorno all’Expo2015, nessuna forma di impresa e nessun ambito può definirsi immune a priori, a maggiori ragione se il suo mercato è quello dei beni e dei talenti "relazionali".È anche dalla capacità di non concedere alcun margine ai comportamenti impropri, alle zone grigie come alle incertezze nei rapporti di lavoro, che si gioca molto di questa partita. Il Terzo Settore può vincerla per tutti.