Opinioni

Il direttore risponde. «Altro polo»: un «di più», non un terzo pasticcio

giovedì 16 dicembre 2010
Caro direttore,pur riconoscendo l’importanza della vittoria ottenuta martedì da Berlusconi, è palese che siamo in una situazione di "scacco al re". Il re è in piedi, sopravvissuto, ma ferito. I moderati... che brutto termine! Diciamo meglio: coloro che si riconoscono nell’area di centro, che ragionano, che non si fanno incantare dalle sirene di liberismo e comunismo, che sanno attuare politiche di sostegno sociale e di perequazione mentre applicano i principi della sussidiarietà... i cattolici insomma! Sono loro che in questo momento hanno in mano il pallino della situazione. Devono però saperselo giocare. Due le prospettive: appoggiare Berlusconi per una nuova stagione politica riformatrice, o lanciarsi nell’iniziativa del "terzo polo". Non sono un politico, non so decidere qual è la scelta migliore. Mi permetto di analizzare alcuni aspetti delle due scelte. 1) appoggiare ancora Berlusconi per me è pericoloso. È vero che un leader va scelto per le leggi che fa e non per i comportamenti che ha, ed è innegabile che in campo bioetico il governo Berlusconi se la sia cavata "benino"... sicuramente molto meglio di quanto avrebbe fatto il Pd! Tuttavia Berlusconi ha calpestato pubblicamente la morale cattolica, creando obiettivamente un "grosso scandalo". È inoltre vero che le sue politiche economiche hanno creato una sperequazione sociale e stanno lacerando il tessuto dell’Italia. 2) Il "terzo polo" è debole, manca di personalità politiche autorevoli, è costretto per sopravvivere a comprendere Fini che non appartiene alla cultura politica "di centro" e che calpesta i "principi non negoziabili" dell’agire politico del cattolico. È anche vero però che una formazione "terza" potrebbe raccogliere i consensi dei delusi del Pd. L’importante, secondo me, è muoversi. I cattolici in politica devono battere un colpo, dimostrare di esserci, rendersi indipendenti tanto dal berlusconismo quanto dalla neosocialismo pragmatista del Pd, ripensare l’Italia, avere finalmente un raccordo con la base viva del cattolicesimo impegnato (penso al mondo delle associazioni e dei movimenti come Cl). A questo punto potranno anche decidere di allearsi con Berlusconi, se lo riterranno utile... con l’obiettivo tuttavia di chiudere la stagione berlusconiana, ora che "il re è nudo", e "rifondare" l’Italia.

Q. Giorgio D’Alessandris, Roma

La sua lettera è puntuale e stimolante, caro signor D’Alessandris. Anche perché trovo ben comprensibile la sua ansia di una presenza significativa nell’agone politico di coloro che dichiarano apertamente di ispirarsi alla Dottrina sociale della Chiesa. Dico spesso, e scrivo ogni tanto, che la cosiddetta Seconda Repubblica continua a scontare, legislatura dopo legislatura, il peccato originale di essersi presto basata sulla competizione di due poli-pasticcio tenuti insieme più da risentimenti, avversioni personali e qualche vecchia e nuova pretesa ideologica che da visioni convergenti e da programmi in grado di interpretare positivamente le reali esigenze di una società come quella italiana. Non c’è stato, e non c’è, soltanto questo nel centrodestra e nel centrosinistra, è ovvio, ma questo c’è stato e c’è sin troppo. Tant’è che nessun Governo e nessun Parlamento – tantomeno gli attuali – sono rimasti indenni da crisi formali (e informali), da fibrillazioni anche smodate. La facilità con cui – purtroppo a proprio tutti i livelli, anche di "alta leadership" – si passa dal confronto all’insulto, dall’accenno di dialogo alla sfida sfottente è forse il sintomo più appariscente di un male più profondo.Anche se non sottoscrivo alla virgola tutti i punti della sua riflessione, caro e acuto amico, vede che condivido molto. E soprattutto trovo importante (e vorrei fosse contagiosa) quella consapevolezza che lei esprime bene: occorre che chi è in politica da cattolico si "muova" e dimostri di avere idee, capacità d’interlocuzione, punti di riferimento e obiettivi chiari. Dopo la stagione dei due pasticci, non c’è – insomma – bisogno di un terzo pasticcio, ma di un «di più», di un’azione convincente che indichi una volontà e una prospettiva diverse. Verrebbe da dire c’è necessità di una scelta «gratuita» di servizio agli interessi primari del Paese. L’Udc di Pier Ferdinando Casini ha agito spesso in questa legislatura da «opposizione responsabile», ieri questa impostazione è diventata – a parole e in qualche gesto – l’atteggiamento programmatico di un coordinamento parlamentare che riguarda un centinaio di deputati e senatori di Udc, Api, Mpa e Fli. Alle radici di questo "soggetto" ci sono i seri grumi di sospetto che anche lei ricorda (la storia politica di Gianfranco Fini e le posizioni assunte su importanti questioni valoriali da lui e da vari dei suoi), ma gli alberi – come sempre – si riconoscono dai frutti che danno.E questi contano.