Opinioni

Ritorno a Maritain. Umanesimo integrale risposta al sovranismo

Gianfranco Marcelli domenica 12 febbraio 2017

Ritorno a Maritain per rilanciare l’ideale europeo Aquasi mezzo millennio dalla sua prima elaborazione giuridico-politica, il principio di sovranità si riaffaccia con prepotenza alla ribalta dell’Europa, sospinto e alimentato adesso anche dalla ventata 'trumpista' che ha investito l’America. Dopo aver ispirato volta a volta – e secondo modalità diverse – l’assolutismo delle monarchie continentali e la rivoluzione giacobina, le restaurazioni ottocentesche e gli stessi regimi dittatoriali del Novecento, l’idea di «quel potere assoluto e perpetuo» che è proprio del singolo Stato ( Jean Bodin, 1576) riguadagna spazio nelle coscienze nazionali. Ma lo fa, come spesso succede nella storia, in forme semplificate e a volte caricaturali.

Non per questo meno illusorie e pericolose per la pace e il benessere degli stessi popoli istigati, con abilità, a rivendicarlo. Il sovranismo del XXI secolo ha proprio questo di caratteristico: mentre le versioni di ieri cercavano di presentarsi come un passo in avanti, una spinta evolutiva verso il futuro, quello odierno predica il ritorno indietro, a un passato forse non felicissimo, ma se non altro – si dice – autoprodotto e non imposto dall’esterno. Non mancano certo le ragioni oggettive che spiegano e giustificano in parte questa rivendicazione imperiosa. Su scala mondiale, sono sotto gli occhi di tutti – e i lettori di questo giornale sono stati dotati di lenti e documentazioni particolarmente efficaci – le ricadute di una globalizzazione dell’economia purtroppo pilotata da una finanza ultra-pervasiva, soggetta al controllo di un numero sempre più ristretto di 'moloch' così rapaci da far rimpiangere i proverbiali gnomi di Zurigo. In Europa poi, come un concerto sempre più esteso di voci denuncia da tempo, la costruzione comunitaria ha, da Maastricht in poi, assunto connotati troppo spesso incomprensibili ai cittadini, invitati a tacere e subire in nome dello slogan «lo vuole Bruxelles».

Così facendo, la spinta ideale al superamento di quei nazionalismi costati in appena trent’anni, tra il 1914 e il 1945, infiniti orrori e molte decine di milioni di morti, si è via via affievolita, favorendo gli appetiti politici di nuove formazioni sempre più spregiudicate e abili nel cavalcare lo scontento. Ma sarebbe quanto mai miope rassegnarsi ora a una qualche strategia di ripiegamento o, peggio, alla rinuncia al sogno di una Unione di persone e popoli liberi e uguali. Di fronte ai rischi della deriva 'sovranista', è piuttosto il momento di azzardare un vero e proprio rilancio. In che modo? Attingendo, prima ancora che alla lezione dei 'padri fondatori', all’elaborazione filosofica e storica di un grande europeo come Jacques Maritain.

A torto considerato talora troppo 'cattolico' e inadatto quindi a ispirare un progetto necessariamente pluralista e interculturale, il pensatore francese andrebbe invece oggi riscoperto e riletto con attenzione, proprio per ritrovare gli anticorpi capaci di debellare il virus neo-nazionalista che imperversa nel Vecchio Continente. È attingendo al suo patrimonio che si può, ad esempio, dare efficace attuazione a quel principio di sussidiarietà solennemente sancito dall’articolo 5 del Trattato istitutivo dell’Unione, ma così male declinato dai vertici di Bruxelles. Soprattutto andrebbe rimeditata, alla luce degli errori e delle forzature commesse in questi anni, la sua idea federalista di Europa, quasi trasponendovi in qualche modo quel principio, « distinguere per unire », che Maritain espresse inizialmente in campo filosofico.

Si tratta, in ultima analisi, di sviluppare un modello di Unione che vada ben oltre il 'modello intergovernativo' oggi imposto dalle cancellerie dei 27, concentrato per forza di cose sui mercati e la moneta. Ma si tratta, ancor più, di provare a trasfondere nell’edificio comunitario l’attitudine al dialogo e al reciproco ascolto che l’autore di Umanesimo integrale ha dimostrato in tutta la sua esistenza. E che così sintetizzava splendidamente il maggiore studioso italiano del suo pensiero, Piero Viotto, scomparso appena un mese fa: «Nell’incontrare l’altro, nella sua passione per l’altro, Maritain gettava, con fiducia, semi che nel tempo sarebbero germogliati e avrebbero dato frutto. Questo credente appassionato della storia, risalta, in tempi di intolleranza e di discriminazione diffuse, come esempio di autentico dialogo in cui la saldezza dei princìpi si coniuga con il rispetto profondo dell’altro e di quanto vi è in lui di autentico e di positivo: il suo essere persona». Che più e meglio per una politica di unione?