Opinioni

Ucraina. Guerra, giorno 47: dalla Francia al mondo, il conflitto davvero cambia tutto?

Andrea Lavazza lunedì 11 aprile 2022

La guerra in Ucraina giunta al 47° giorno non offre margini di manovra alla diplomazia, come sembra mostrare la visita a Mosca del cancelliere austriaco Nehammer, il cui colloquio con il presidente Putin è stato definito semplicemente “duro”. Vienna ha uno status di neutralità che è stato citato come possibile modello per l’Ucraina post-bellica, ma fa anche parte dell’Unione Europea, la quale sostiene con determinazione la resistenza di Kiev. Non ci si potevano aspettare improvvise aperture dal Cremlino, ma ancora una volta è giunta la conferma che siamo, purtroppo, in una fase del conflitto in cui sono i combattimenti sul terreno a determinare le sorti della crisi in corso.

Nell’Est, la Russia sta ammassando truppe e mezzi per conquistare il pieno controllo del Donbass e dell’area costiera a Sud, Mariupol compresa. Difficile prevedere quanto potranno reggere al nuovo urto le forze ucraine, molto dipenderà dagli aiuti militari in arrivo dal fronte occidentale. Ma anche dalla capacità bellica che effettivamente Mosca riuscirà a mettere in campo, specie dopo i mutamenti nella linea di comando, ora unificata sotto il generale Dvornikov.

Superato il mese e messo di scontri e di atrocità contro i civili da parte russa, si può cominciare a fare un bilancio di quello che l’invasione dell’Ucraina ha messo in moto a livello europeo e a livello globale. Quali sono le conseguenze di una guerra che in pochi pensavano potesse esplodere così devastante e potenzialmente foriera di rimescolamenti politici, economici e culturali? Difficile, infatti, sganciare tutti i principali eventi di questo periodo dall’ombra lunga del conflitto. Le elezioni presidenziali francesi, in particolare, si prestano a un’analisi di indubbio interesse. Quanto ha pesato il fattore ucraino? Di primo acchito, verrebbe da dire molto, perché Macron è stato protagonista di iniziative diplomatiche e di decisioni Ue, anche in quanto presidente di turno dell’Unione. D’altra parte, Marine Le Pen è stata per molto tempo vicina allo stile di governo autoritario e nazionalista di Putin, salvo poi prenderne le distanze nelle ultime settimane.

Ebbene, il risultato del primo turno a Parigi non sembra discostarsi da quello che avrebbe potuto registrarsi in assenza del conflitto nel cuore dell’Europa, con una forte componente sovranista e populista alla destra e alla sinistra dello schieramento partitico-ideologico. La vittoria al ballottaggio della leader del Rassemblement National sarebbe un colpo al progetto europeo in ogni caso (e certamente significherebbe anche una brusca frenata al sostegno Ue verso Kiev). Nemmeno in Ungheria le cose sembrano cambiate, l’uomo forte della democrazia illiberale Orban ha continuato a convincere nelle urne la maggioranza dei suoi concittadini, malgrado l’asse con il Cremlino sempre più minaccioso verso Ovest.

E la Cina? Neppure Pechino ha modificato per ora il suo atteggiamento di collaborazione con la Russia e di diffidente partnership economica con l’Occidente, avendo sullo sfondo il confronto planetario con gli Stati Uniti. Per qualche aspetto non è sorprendente la risposta unitaria dell’Unione Europea di fronte al conflitto e ai 4 milioni di profughi, dato che Bruxelles nei momenti di grave emergenza, come nel caso della pandemia da Covid-19, ha saputo reagire compatta e con efficacia. La stessa unità e centralità del dispositivo Nato riscoperta sui due lati dell’Oceano Atlantico potrebbe non essere il preludio a una vera svolta se la guerra si concluderà in tempi non troppo lunghi con una pace stabile.

Un altro aspetto che si può considerare è quello delle scelte delle Chiese cristiane e delle relazioni fra loro. Se i cattolici, guidati dall’instancabile impegno di Papa Francesco, si sono messi alla guida di coloro che invocano e fattivamente operano per la pace, seguiti dalle altre Chiese cristiane, gli ortodossi russi, con le esplicite prese di posizione del patriarca Kirill, non hanno ripudiato il tradizionale collateralismo politico con la leadership di Mosca.

Questo significa che la guerra, con il suo inaccettabile carico di lutti e di distruzioni, non sta cambiando al di fuori dell’Ucraina? Certamente, in prospettiva, potrebbero mutare i rapporti di forza nel continente, con la riedizione di una sorta di cortina di ferro al confine russo e nuovi equilibri economici e strategici, in primo luogo legati all’energia. Ma per altri aspetti bisogna guardare oltre l’emotività per capire le tendenze di lungo periodo. E in questo senso un mondo multipolare con l’Occidente mal sopportato o insidiato dalle grandi autocrazie e dai loro nuovi alleati è forse qualcosa che ora si manifesta esplicitamente ma che stava maturando da tempo.

Soltanto l’esito del conflitto, con il conseguente livello di potenza che la Russia di Putin potrà vantare (non necessariamente maggiore di quello attuale), potrà farci capire se gli effetti di questa guerra saranno profondi e di lunga durata.