Opinioni

Ucraina. Guerra, 29° giorno: gli aiuti militari prolungano la guerra. L'esito è incerto

Andrea Lavazza giovedì 24 marzo 2022

Il vertice Nato a Bruxelles con la partecipazione del presidente americano Joe Biden segna una tappa importante nello sviluppo della crisi ucraina. Come già anticipato, l’ulteriore fornitura di armamenti all’esercito di Kiev non potrà che prolungare la guerra e rendere più difficile un negoziato, a meno che le sorti del conflitto comincino a pendere decisamente da una parte. Ciò per ora non sembra accadere sul campo, dove si registrano avanzate delle forze russe e azioni eclatanti da parte dei quelle ucraine, come la presunta distruzione di tre navi nemiche nel porto occupato di Berdyansk. Gli aiuti annunciati dall'America e dall'Alleanza atlantica promettono di rafforzare la resistenza di Kiev e forse di fare provare a Mosca nuove tattiche offensive per aumentare il logoramento di truppe e popolazione.


Le notizie dal fronte di una guerra che mai come in passato è immersa nel mondo digitale restano frammentarie e pesantemente filtrate e abbellite dalla propaganda dei due comandi militari e politici coinvolti. I satelliti permettono di fare fotografie piuttosto precise delle mosse sul terreno, ma i dati restano appannaggio di chi li ottiene. Questa opacità potrebbe anche servire per guidare le scelte dei campi avversi senza scoprire troppo le carte. Il Pentagono ha informazioni che giustificano la fiducia nella capacità bellica ucraina sul lungo periodo? Emerge forse che la debolezza russa è reale e potrebbe manifestarsi presto in un cedimento della pressione militare?

In questa incertezza, le strategie del fronte occidentale non sono così convergenti come potrebbe sembrare dall'unanimità del sostegno formale all'Ucraina e dall'accoglienza generosa dei profughi in fuga. La Casa Bianca (insieme alla Gran Bretagna) spinge con forza per isolare sempre di più Putin e il suo entourage. Nell'ultima raffica di sanzioni Usa contro la Russia sono stati colpito tutti i deputati della Duma e alcuni nomi eccellenti, come German Gref, numero uno di Sberbank, e l'oligarca Gennady Timchenko, entrambi molto vicini al capo del Cremlino. Dall'altra parte, al Consiglio europeo i leader dei 27 sono stati più freddi su nuove iniziative di boicottaggio economico. Alcuni Paesi, come i Baltici e la Polonia, i più direttamente minacciati dall'espansionismo russo, premono per agire anche sul pedale dell’energia. Altri, come l’Olanda e il Belgio, hanno esplicitamente escluso l’opzione perché ritenuta disastrosa per le proprie economie, dipendenti dal gas di Mosca.

In gioco ci sono sia la modalità che si ritiene più adatta per gestire la crisi sia gli interessi interni di ciascuna nazione. I maliziosi sottolineano come gli Stati Uniti hanno poco da perdere da una rottura totale con la Russia. Anzi, l’ipotesi di vendere il proprio gas (e il proprio mais) all'Europa si rivelerebbe un’ottima opportunità. Per molti Stati della UE la situazione è diversa e più complicata, proprio per la debolezza energetica che li caratterizza. Sganciarsi dai rubinetti di Putin sarebbe comunque un guadagno per tutti, i tempi e i costi restano variabili non irrilevanti, soprattutto nel breve periodo.

Guardare al Cremlino per una fine dell’invasione comincia a diventare, intanto, un motivo ricorrente dei rapporti di intelligence e delle voci incontrollate che si rincorrono in tempo reale. Che possa essere annunciato in anticipo un golpe dei servizi segreti del FSB contro lo Zar che tiene da tempo il Paese in pugno - ed è un maniaco della propria sicurezza personale - sembra davvero incredibile. Che possa crescere una certa silenziosa opposizione anche nella nomenclatura è probabile, dopo le uscite di Chubais e i dubbi della governatrice della Banca centrale Nabiullina. Anche se Vladimir Putin sembra avere commesso molti errori fin dall'inizio dell'invasione, è implausibile che non stia mettendo in conto i rischi crescenti della situazione.

In tutto questo, le trattative non potranno fare grandi passi avanti. Malgrado il voto all'Onu per la cessazione delle ostilità, con schieramenti simili al precedente pronunciamento, il quadro diplomatico non è roseo. La Cina continua a rimanere "equidistante". Le mediazioni fanno fatica a trovare spazio. Qualcuno già parla di ricostruzione dell'Ucraina pagata con i miliardi di Mosca congelati all'estero. Tutti segnali che non incoraggiano una rapida soluzione negoziata.