Opinioni

Elezioni europee. Migrazioni, economia e clima: le speranze degli elettori

Carla Collicelli venerdì 17 maggio 2019

Mancano ormai solo pochi giorni alle elezioni europee e hanno preso forma le coalizioni dei diversi schieramenti in lizza. Viene da chiedersi se le scelte degli elettori saranno condizionate solo, o principalmente, dalla sfida degli euroscettici, o se si voterà sulla base delle proposte politiche rispetto a ciò che l’Europa potrebbe o dovrebbe fare rispetto ai temi più importanti del momento, e cioè l’immigrazione, lo sviluppo economico e le politiche fiscali, la crisi ambientale.

Più di uno studio ha rilevato, infatti, che queste sono le preoccupazioni più importanti dei cittadini europei, ed è rispetto a questi tre temi che si giocano le paure e le speranze, sulle quali si innestano i messaggi lanciati dalle diverse forze politiche. Si ha la sensazione, che le polemiche di chi inneggia alla 'chiusura' dell’Europa e dei singoli Paesi al suo interno, o le azioni propagandistiche tese a cavalcare l’insoddisfazione per la qualità della democrazia e per gli indirizzi delle politiche europee, percepiti come lontani dai bisogni della gente, non basti, e presto i cittadini europei se ne renderanno conto.

Per intanto, appare evidente che il 'fronte delle paure' è correlato con l’adesione all’area politica populista e di 'destra' e che si caratterizza per la propensione a dare priorità ai temi della sicurezza e della lotta al terrorismo. Coloro invece che esprimono sentimenti di speranza e di maggiore fiducia nella politica, anche europea, sono più vicini alle forze politiche 'centriste' e di 'sinistra' e danno priorità al tema dei cambiamenti climatici e a quello del fisco e degli investimenti per lo sviluppo.

Ma, come ci ha ricordato il presidente Mattarella in una delle sue rare interviste, l’Europa deve finalmente prendere atto delle criticità sociali, e in particolare della crisi che si perpetua nel Mediterraneo, aggravata oggi dal conflitto libico, occorre essere propositivi al di là delle enfasi sovraniste ed euroscettiche, e puntare alla individuazione di linee politiche di intervento concrete e concertate. È attraverso questa presa di consapevolezza e di attenzione alle soluzioni concrete che la tenuta del progetto europeo può riprendere vigore.

Da tempo ci si domanda come sia potuto accadere che un progetto di alleanza e convergenza tra Paesi di uno stesso continente sulla base di ideali di pace, cooperazione e libera circolazione, sia diventato oggetto di attacchi e critiche così drastiche da porre in discussione l’obiettivo stesso del processo. Soprattutto viene da chiedersi cosa sia accaduto in parte del tessuto sociale, tanto da incrinare il rapporto tra istituzioni sovranazionali e società.

Certo l’impoverimento della classe media e le disuguaglianze hanno avuto una grande importanza da questo punto di vista. Gli entusiasmi iniziali si erano già raffreddati a mano a mano nel tempo, ma per lo più si è continuato a pensare che l’Unione fosse tutto sommato una delle migliori incarnazioni possibili di un ordine liberale e di un multipolarismo utili a promuovere il bene dei popoli. È con l’acuirsi della crisi economica e sociale, mentre le élite continuavano nella direzione intrapresa, che la fiducia nell’europeismo e nella cooperazione internazionale è calata e che soprattutto in settori impoveriti del vecchio ceto medio si sono sviluppati sentimenti di esclusione, risentimento e rimpianto per il passato, che portano ad abbracciare atteggiamenti di chiusura identitaria.

Se si vuole contrastare questa deriva regressiva occorre quindi partire da una rivisitazione delle priorità dello sviluppo sostenibile e della cooperazione internazionale che dall’Europa si allarghi al mondo e che ponga al centro degli sforzi e degli investimenti economici e sociali la lotta alla povertà, alla disuguaglianza, all’inquinamento, e a tutti quei fenomeni che mettono a repentaglio il benessere e gli equilibri del continente e del pianeta.

Sociologa, ricercatrice Cnr-Itb