Opinioni

Transizione ecologica: perché il cammino è ancora troppo lento e contraddittorio

Marco Tarquinio venerdì 8 luglio 2022

Caro direttore,

pareva che il treno della transizione ecologica fosse partito, spinto dalla protesta di tanti giovani. Invece, la pandemia e la guerra in Ucraina hanno segnato una battuta d’arresto, hanno riportato i temi ambientali nella categoria delle cose che vanno fatte quando c’è tempo e denaro per farle. Invece la questione è che anche la guerra e le epidemie sono figlie di un atteggiamento aggressivo nel pianeta degli uomini fra loro e degli uomini verso la natura. Questo è il dato incontrovertibile. Allora: occorre per forza rinviare lo stop alle combustioni nei motori, nelle centrali elettriche, nel trattamento dei rifiuti? Forse, vale il contrario, cioè che l’equilibrio energetico riduce tensione, guerre e in ultima analisi anche l’espandersi delle epidemie. Perché non si fa un piano per pannelli fotovoltaici nelle aree industriali dismesse, nelle scarpate e sopra le barriere antirumore di autostrade e ferrovie, sui tetti degli edifici pubblici? Perché non si riattivano le piccole centrali idroelettriche in montagna? Perché non si allargano le esperienze già in atto, di uso delle maree e delle onde per ricavare energia? Perché non si realizza l’efficienza energetica degli edifici pubblici? Perché i mezzi di trasporto pubblico vanno ancora a gasolio nella maggior parte delle città? Perché non si fanno intorno alle scuole isole pedonali alberate, da far arredare con i cartelloni dei bambini e dei ragazzi?

Lorenzo Picunio


Ha ragione, gentile e caro lettore, a reclamare un’accelerazione nella transizione ecologica, anzi per usare un’espressione cara a Papa Francesco nella indispensabile conversione ecologica. Alcune delle iniziative e delle attività che lei elenca sono avviate (anche se non sviluppate appieno), altre languono, altre ancora restano sulla carta mentre si continua contraddittoriamente per vecchie strade. Perché? In parte per necessaria gradualità, ma troppo per inerzie dure a finire (anche negli stili di vita personali e familiari) oltre che per interessi ciechi. E perché tanti di noi continuano a votare slogan e non programmi di futuro.