Opinioni

Il documento della Commissione internazionale. La teologia, intelligenza della visione cattolica

Pierangelo Sequeri domenica 11 marzo 2012
Il documento dei trenta teologi della Commissione teologica internazionale, reso noto giovedì, espone la visione cattolica della teologia. La teologia vi è presentata, a sua volta, come l’intelligenza della visione cattolica: che si pronuncia sui legami tra Dio e il mondo mediante un serio lavoro del pensiero sulla Parola di Dio. Vorrei commentare anzitutto, nella sua nuda semplicità, la buona causa di questo «elogio della teologia». Esiste una visione cattolica, in primo luogo, ed è il campo di lavoro della teologia. Un teologo (come del resto ogni credente) non va all’azzardo e alla cieca. Il timore dell’ideologia chiusa, del dogmatismo ottuso, del pensiero telecomandato, sono timori sacrosanti. Ma non bisogna concedersi scioccamente all’incantamento delle formule e alle dogmatiche del pregiudizio. La religione, già di per sé, non è affatto un’ammucchiata di precetti e di formule che la disperazione dell’uomo di fronte alla morte ha stupidamente coltivato, rimanendo poi stupidamente prigioniero dell’irrazionale e dei suoi fantasmi. Siamo spesso stupidi, è vero. Ma non così tanto stupidi. Crederlo con troppa leggerezza non ci fa onore: come esseri umani dico, prima che come credenti. In ogni caso, questa religione tiene alla sua coerenza, anche intellettuale. Il lavoro del teologo sostiene questa profonda convinzione della fede cristiana, la quale – sin dagli albori, come ama giustamente ripetere Benedetto XVI – scelse proprio la filosofia come campo di confronto e di dialogo per l’intelligenza del cristianesimo, come strumento di intelligenza condivisa e condivisibile per la sapienza donata con la Parola di Dio. Esiste un’intelligenza rigorosa, in secondo luogo, di questa visione della fede, nutrita dalla Parola di Dio. Questa intelligenza teologica ha marcato, più di ogni altra, la severa differenza della fede cristiana dalla celebrazione dell’irrazionale, dalla mistica dell’assoggettamento, dalla suggestione della magia, dall’esoterismo delle formule. In tale quadro, ha rivoltato dalle fondamenta la significazione delle categorie del sacro – il mistero e il sacrificio, la consacrazione e l’obbedienza, il sacramento e l’ascesi – perché fossero sottratte all’equivoca assimilazione con la distruzione della ragione e il fanatismo dell’emozione. La testimonianza per la verità della rivelazione è onorata mediante la cura per l’onestà intellettuale della fede. L’effetto cattolico di tale cura è la pratica rigorosa della teologia. Esiste, infine, la bella testimonianza della comunione ecclesiale e dell’umana destinazione di questo lavoro dell’intelligenza. Esse motivano la sua fatica: la loro felice congiunzione rappresenta un motivo di successo e di giusto orgoglio per la teologia. Essa, infatti, continuamente si approfondisce, si corregge, si migliora, si fa creativa, per rendere apprezzabile la sapienza della fede e rendere ragione della speranza che essa porta per tutti. L’ostilità della ragione alla fede non è razionale. L’ostilità della fede alla ragione non è cristiana. A questo proposito rimando, solo esemplificativamente, a uno dei passaggi più originali del documento (n. 55), dove si stabilisce un promettente intreccio fra l’approfondimento del 'sensus fidei' (dei credenti) e il discernimento dei 'segni dei tempi' (che ci riguardano tutti). In quel contesto si dice che molte incertezze e fraintendimenti, che hanno frenato o impedito la buona comprensione del rapporto fra cristianesimo e storia, si sono felicemente sciolti attraverso l’impulso congiunto della visione profetica di alcuni grandi credenti e il paziente lavoro di dialogo e di confronto culturale condotto dai migliori teologi. Profezia e teologia insieme, in favore della visione cattolica più coerente e apprezzabile. Pensate un po’. Insomma, l’esistenza di una rigorosa teologia cattolica, alleata e sorella del magistero ecclesiale della fede, non è un ossimoro. È un simbolo. Non rinforza l’illusione, sconfessa la disperazione: quella di dover scegliere fra il pensiero e la fede, tanto per cominciare. Nel suo piccolo, sarebbe già molto.