Opinioni

Iniziativa trasversale per la donna pachistana. «L'Europa si schieri dalla parte di Asia»

di Antonio Tajani* giovedì 28 aprile 2016
Caro direttore, la mobilitazione per evitare l’esecuzione in Pakistan della condanna a morte contro Asia Bibi e ottenerne la liberazione (dopo duemila e cinquecento giorni di ingiusta prigionia) chiama in causa la coscienza di ciascuno. Cristiano e non cristiano. Meritoriamente 'Avvenire', che segue da anni e senza pausa questa vicenda, ha dedicato a questa donna perseguitata per la sua fede l’apertura del giornale di ieri. Asia Bibi, condannata in base alla legge sulla blasfemia, è il simbolo della libertà religiosa violata.  Oggi depositerò a Bruxelles, con altri colleghi parlamentari di diversi gruppi e nazionalità, una Dichiarazione scritta nella quale chiediamo all’Alto Rappresentante per la Politica estera e di sicurezza dell’Unione, Federica Mogherini, di fare di più per promuovere la libertà religiosa in Pakistan e per il rilascio di Asia Bibi. Considero questa iniziativa un mio preciso dovere in quanto Vicepresidente del Parlamento europeo con la delega al dialogo interreligioso. Se nei prossimi tre mesi avremo raccolto, come spero, le firme di oltre due terzi degli europarlamentari, il documento diventerà ufficiale e sarà trasmesso al Governo e al Parlamento pachistani, agli Stati membri della Ue e alla Commissione europea. Difendendo la libertà religiosa e i cristiani oppressi, l’Europa difende sé stessa e i propri valori. Nella Dichiarazione partiamo dalla premessa che la «promozione della democrazia e il rispetto dei diritti umani sono principi fondamentali» della Ue, che l’Unione Europea ha ripetutamente espresso il proprio impegno per la libertà di religione, appellandosi agli Stati membri perché la garantiscano ovunque, e che le leggi sulla blasfemia utilizzate da una maggioranza contro la diversa fede di altri cittadini sono «un chiaro esempio di intolleranza religiosa». Basti ricordare, come sottolineato dal suo giornale in un approfondimento del 30 marzo scorso riguardo alla legge sulla blasfemia, che con l’introduzione dei commi che fanno riferimento alla dissacrazione del Corano e alle offese a Maometto, si è passati da 6 casi fra il 1947 e il 1986, a oltre 1.400 tra il 1986 e il 2014. Se la maggioranza relativa degli accusati è musulmana, più della metà è non musulmana in un Paese in cui i non musulmani sono appena il 4 per cento della popolazione. Se si aggiunge che le accuse vengono mosse spesso per vendetta privata, che spetta agli accusati l’onere della prova, e che la pressione sociale e politica sui magistrati è di per sé un 'invito' a usare il pugno di ferro, è evidente come la mobilitazione per Asia Bibi, prima donna condannata a morte nel 2010 con questa accusa, rappresenti un impegno per chiunque abbia a cuore la libertà. Per questo rilancio oggi – e l’ho già fatto distesamente attraverso il quotidiano francese 'Le Figaro' – un appello alle comunità islamiche europee perché facciano sentire la loro voce per Asia Bibi e contro la violenza in nome della religione (che è la vera blasfemia di oggi).   Nella Dichiarazione esprimiamo preoccupazione per l’incremento della persecuzione contro le comunità religiose in Pakistan, in particolare contro le minoranze cristiane, denunciamo la protesta di gruppi islamisti i quali chiedono al governo l’esecuzione di Asia Bibi, e ci appelliamo all’Alto rappresentante dell’Unione perché intraprenda «tutte le azioni politiche e diplomatiche necessarie» per la sua liberazione e perché negli accordi con Paesi terzi si tenga conto del rispetto della libertà religiosa. L’islam in Pakistan è religione di Stato, lo statuto personale dei cittadini sottostà a regole religiose, i matrimoni civili non sono riconosciuti e ci sono forti restrizioni alle conversioni di donne musulmane. Pesa ancora il ricordo del 4 novembre 2014, quando una folla di 1.500 persone bruciò viva una coppia di cristiani accusati di blasfemia. Asia Bibi va liberata. Anch’io non mi arrendo. Proseguirò in questa azione per rendere giustizia a questa donna e madre di cinque figli e a tutti i perseguitati per la propria fede. *Vicepresidente del Parlamento europeo