Opinioni

Cattolici in politica. Non viviamo tempi normali

Agostino Giovagnoli martedì 19 dicembre 2023

I cattolici non trovano il loro posto nella politica italiana, ma la politica italiana non trova pace senza i cattolici. Per questo, se ne torna periodicamente a discutere anche se non si trovano sbocchi concreti. Di recente se ne è riparlato per il Partito democratico, ma il problema riguarda tutte le forze politiche. Oggi, i cattolici votano per tutti i partiti e sono in tutti i partiti: è il risultato atteso da un’Italia “Paese normale”, secondo lo slogan che negli anni Novanta ha ispirato la nascita della Seconda Repubblica. Ma, in questa presunta normalità, da un lato, i cattolici si sentono e vengono percepiti come irrilevanti e, dall’altro, prevale una politica che non riesce a dare slancio al Paese. La ricerca della normalità – in politica come in altri campi – è più che comprensibile. Specie dopo il cessato pericolo per una minaccia durata molti anni – come quella che la Guerra fredda degenerasse in uno scontro aperto – il desiderio di mantenere la quiete spinge a rimuovere dubbi, allarmi e preoccupazioni. Ma la categoria di normalità mal si concilia con la complessità della storia, come mostra il caso della democrazia, un sistema che si può dire sia stato in crisi praticamente fin dai suoi inizi. Dopo il 1989 in Italia si pensò che la politica italiana potesse finalmente passare a una normale alternanza tra destra e sinistra come in democrazie consolidate quali Gran Bretagna e Stati Uniti: bastava spazzare via l’“anomalia” rappresentata dalla Dc. Ma se la Dc è stata un’“anomalia” non lo è stata solo per la Guerra fredda: è nata infatti in un’Europa sconvolta dal totalitarismo fascista e nazista e straziata dalla Seconda guerra mondiale.

Indubbiamente, non è affatto obbligatorio che credenti, uniti da una comune fede nel trascendente, si uniscano anche sul terreno contingente della politica. Ma se lo hanno fatto nell’Italia post-bellica non è stato per l’ordinaria amministrazione ma per un’azione straordinaria: consolidare in profondità una democrazia che il fascismo aveva così facilmente distrutto. Hanno cercato di farlo attuando il “programma” della Costituzione che impegna la Repubblica a rispettare la dignità della persona umana e a rimuovere gli ostacoli che ne impediscono la piena realizzazione. Si sono svincolati perciò dalla subalternità ad altre forze politiche – la regola in età liberale, durante il fascismo e anche oggi: la Dc è stata in questo senso un’eccezione – convinti di dover perseguire molto di più di una qualsiasi politica di centro. stata questa la principale ragion d’essere della Dc che - insieme alle migliori forze laiche, socialiste e comuniste - ha consegnato alla Seconda Repubblica l’eredità di una democrazia vera, seppure con limiti e difetti, sostanzialmente stabile anche se i governi cambiavano spesso, fondata sulla divisione dei poteri e su una centralità del Parlamento sostenute dai partiti, con istituzioni particolarmente riuscite come un Presidente della Repubblica di elezione parlamentare e rappresentativo di tutti gli italiani…

Come tutte le eccezioni, si dirà, prima o poi anche l’eccezione Dc doveva finire. Ma nell’idea di un’Italia “Paese normale” c’era molta ingenuità, anzitutto perché implicava che intorno ci fosse un mondo normale. È stata l’illusione della “fine della storia”, intesa come scomparsa di scontri tra blocchi contrapposti e di grandi conflitti internazionali. Che fosse un’illusione lo vediamo chiaramente oggi mentre la guerra divampa in modo impressionante e la normale alternanza destra/sinistra si è inceppata anche in Paesi di antica tradizione democratica: il non-passaggio di poteri da Trump a Biden è eloquente e anche la politica britannica sperimenta da tempo gravi difficoltà. Ma è difficile richiamare i cittadini alla partecipazione se la democrazia si riduce a uno stanco esercizio di ripartizione del potere. In Italia si avverte oggi l’assenza di forze “anomale” che non corrano lungo i normali binari dello scontro ma si misurino con le sfide di un mondo sconvolto e cerchino di conciliare l’inconciliabile: diritti degli individui e coesione sociale, concorrenza e solidarietà, politica di sicurezza e impegno per la pace, integrazione europea e interessi nazionali.