Opinioni

Il direttore risponde. «Inchiesta» deludente, ecco tutto

giovedì 10 ottobre 2013
Signor direttore,
la recensione alla "Inchiesta su Maria" pubblicata da "Avvenire" il 28 settembre a firma di Mario Iannaccone, non è solo duramente critica – il che sarebbe perfettamente legittimo – ma mostra di non aver compreso lo spirito del libro, che descrive con tratti che non sono i suoi, e forse proprio per questo è così negativa. Il libro è, infatti, frutto della collaborazione di due autori che dichiarano onestamente fin dall’inizio i loro rispettivi punti di partenza. In un caso (Augias) la non appartenenza ad alcuna confessione religiosa, il che non significa affatto disprezzo per la religione cristiana, ma solo il tenersi saldamente ancorati ad una razionalità di stampo illuministico. Nell’altro caso (lo scrivente) invece il punto di partenza è dichiaratamente religioso, con particolare attenzione alla mistica, ma questo non significa affatto che escluda la razionalità illuministica – anzi, ha la convinzione che essa costituisca il fondamento necessario anche di ogni fede religiosa, se questa vuole essere loghikè latreia, culto razionale, come dice l’apostolo Paolo, e non superstizione. Certo, sulle certezze storiche che la ragione ci mostra si innesta la riflessione propriamente religiosa, ovvero la dimensione spirituale, ma ad essa il libro dà opportuno rilievo, innanzitutto per la figura di Maria, ma non solo per essa, dal momento che il modo con cui si "legge" la figura della Vergine è in relazione profonda con il modo di interpretare tutta la religione cristiana. Lo specifico del libro sta dunque nel confronto, serrato ma civile, tra un’intelligenza laica e una razionalità religiosa, nel comune intento di cercare di comprendere, per quanto possibile, tutto ciò che Maria è, che ha significato nel passato e che significa tuttora. Che questa dialettica, pure con la necessaria contrapposizione di punti di vista, sia ciò che rende interessante, anzi «stimolante», questa "Inchiesta su Maria", lo riconosce anche l’"Osservatore Romano", parlando del libro, nella edizione del 2 ottobre. Per quanto concerne specificatamente il mio contributo, cui si allude al termine della recensione oggetto di questa replica, rimando il lettore ai capitoli finali del volume, ove ciascuno dei due autori esplicita le proprie personali conclusioni sul tema. Non vi si troverà traccia alcuna di ironia o disprezzo verso la religiosità popolare, ma il contrario. So benissimo che san Giovanni della Croce coltivava la pietà mariana e celebrava il mistero della Natività, mentre scriveva la "Salita del Monte Carmelo", ma il fatto è che con questa, e non con la capannuccia, il bue e l’asinello, la fede cristiana può confrontarsi efficacemente con la cultura contemporanea.
Marco Vannini
Aggiungo due righe: quello che scoraggia e rattrista è che alcuni cattolici non obiettano nel merito, non dicono questo è falso, questo è sbagliato. Si limitano a deprecare. Ma deprecando non si va lontano. Bisognerebbe riflettere se non è anche questo un segno di crisi.
Corrado Augias
Apprezzo tono e passione di quasi tutta la replica del professor Vannini, decisamente meno la sua sferzante e rivelatrice chiusura di ragionamento sull’(incolpevole) presepe. Trovo che quelle parole abbiano un piglio elitario e anti-popolare (e questo contraddice il rispetto poco prima affermato per la devozione della gente semplice). Mi colpisce insomma – sebbene qui sia richiamato un altro grande Santo – la verve sostanzialmente anti-francescana della battuta su «capannuccia, bue e asinello». Ammetto, però, che ai tempi di papa Francesco ci vuole coraggio per scegliere una tale cifra polemica... A questo punto avrei lasciato volentieri la controreplica a Mario Iannaccone, acuto recensore di "Inchiesta su Maria", ma la postilla del collega giornalista Augias mi induce a un altro paio di battute.
Quello che rattrista, ma non scoraggia i cattolici come noi, è che alcuni laici non sappiano accettare che laicamente non si condivida e, dunque, si critichi un metodo di lavoro e di scrittura e il deludente risultato che produce. Rattrista ma non scoraggia, perché non tutti i laici sono così deprecabilmente suscettibili. È tempo di rifletterci su, senza condizionale.
                                                                                ****Conosco bene l’opera del professor Marco Vannini nel campo degli studi sulla mistica e conosco l’opera di Corrado Augias. Ovviamente, con i miei limiti, penso di aver compreso il libro nelle sue ragioni, obiettivi, argomenti; e ritengo che il metodo usato (domande e risposte) colori il testo più delle opinioni di Augias che di Vannini. È inevitabile: Augias domanda e l’interlocutore risponde, e le sue risposte vengono talvolta ridimensionate e corrette. A mio avviso, questi contributi s’amalgamano in modo ambiguo e le numerose notazioni ironiche del primo autore spiccano. Le "Inchieste" si espongono al rischio di banalizzazioni, di sintesi e richiami impropri. Credo che chi si assume il rischio (e l’onore) di scrivere un libro per il grande pubblico lo sappia benissimo. Del resto, il dottor Augias ha dichiarato in tv, giorni fa, che la maggior parte dei cattolici conosce di Maria soltanto «quattro favolette» e che il libro soccorreva a questa mancanza. Credo che la figura di Maria sia più conosciuta di quanto pensi lui. Di testi, buoni financo ottimi, sulla figura della Vergine ve ne sono moltissimi, scritti secondo i crismi del metodo storico. Fra i testi buoni, in coscienza, non inserirei il testo in questione che ha pregi (le sezione sull’arte o la musica) e molte mancanze (si pensi a come viene trattato il tema della devozione mariana nelle prime pagine). Nessuna deprecazione o chiusura ma una consapevolezza limitata a questo libro: la vita è breve e il tempo della lettura brevissimo. Va usato bene. Mario Iannaccone