Opinioni

Staino e gli altri, la strada dell'incontro che si snoda da anni su queste pagine

Marco Tarquinio giovedì 5 ottobre 2017

Caro direttore,
che sorpresa e che… colpo Staino che disegna anche per il nostro 'Avvenire'! Ho subito pensato a quanto diceva sant’Ignazio di Antiochia: «È meglio essere cristiano senza dirlo che dirlo e non esserlo». Se ne avrà possibilità, lei dica a Staino che, come lettore appassionato del giornale di ispirazione cattolica e come prete, anch’io «lo abbraccio, lo stringo....», con la stessa convinzione e con l’amicizia che lui ci mette nell’intervista raccolta da Marina Corradi. E gli dica anche che... 'assolvo' la madre credente e sposata con un comunista per quella lontana confessione del 1948! Che bello quando ci si incontra nella chiarezza. Grazie per il vostro lavoro.

don Nino Carta Buddusò (Ss)

Gentile direttore,
ho pieno rispetto dell’autonomia editoriale della testata che lei dirige, ma poiché il rispetto non implica la condivisione , mi lasci esternare l’imbarazzo che ha destato in me che vi seguo quotidianamente, la notizia della collaborazione con Sergio Staino, che non solo annovera nel recente passato prossimo la direzione del già quotidiano del Pd 'l’Unità', ma risulta essere anche assiduamente impegnato nell’ateismo militante. Sono dell’avviso che ospitare su una testata anche opinioni differenti da quelle che abitualmente la caratterizzano possa concorrere ad arricchirla culturalmente, ma l’inserimento organico di una persona abitualmente lontana da un quotidiano di area cattolica per antonomasia mi rende perplesso. 'Avvenire', che non ha lesinato critiche a giornalisti che sembrano dilettarsi nel cercare argomenti per entrare in rotta di collisione con gli indirizzi pastorali di papa Francesco non riesco a capire come possa concedere diritto di tribuna a chi si professa ateo; forse non ho capito, e se così fosse, da lettore vorrei essere tranquillizzato con la fornitura dell’interpretazione autentica del ricorso a tale collaborazione

Daniele Bagnai Firenze

Grazie, cari amici, per la gioia e per la perplessità che avete condiviso con me. Tra le diverse lettere arrivate in redazione scelgo le vostre due perché offrono due diversi tipi di reazione alla novità della collaborazione settimanale del disegnatore 'non credente' Sergio Staino con il giornale d’ispirazione cattolica. Mi piace, in entrambe le lettere, la spontaneità e la pacatezza e il fatto che arrivino da persone, un laico impegnato e un sacerdote, che di ciò che accade sulle nostre pagine sono davvero consapevoli e coprotagonisti, perché questo giornale lo leggono (cioè non se lo fanno raccontare o 'tradurre' da narratori e interpreti interessati o dai soliti e tonanti 'fustigatori d’altri'). E ciò che accade ogni giorno sulle pagine di 'Avvenire' è frutto di un prezioso lavoro corale e della mia responsabilità. Cioè delle scelte che compio, da direttore. Compresa quella di invitare un grande irregolare come Staino a misurarsi con la 'cifra' di un giornale fatto con cristiana sensibilità. Dopo il 'sacrificio' a cui si era assoggettato assumendo, lui, in gran tempesta la direzione di un giornale identitario come 'l’Unità', gli ho detto che una sfida così era il minimo che potesse aspettarsi. Gli ho detto che il nostro, sul piano della retribuzione, è un giornale «onesto ma povero» (lui non se n’è stupito affatto, ma io sapevo che non è abituato a lauti guiderdoni). E gli ho detto che ero curioso di vedere se avrebbe osato sorprendere i miei lettori e scandalizzare qualche suo antico amico (sapevo, ovviamente, sia che non era diventato un chierichetto, sia che andava dicendo belle cose sul «giornalismo cristiano»). Tutto questo perché sono convinto, e continuo a sperimentarlo nella mia vita e nel mio lavoro, di ciò che mi scrive don Nino e che è costume di 'Avvenire': quando persone diverse e che vengono da luoghi lontani «si incontrano nella chiarezza» è davvero bello. E, aggiungo io, succede sempre qualcosa di buono. Ci si presenta e ci si riconosce, se necessario ci si scusa e si fa la pace, si cammina insieme, si discute e si dissente con passione e civiltà, si trovano motivi per andare d’accordo, semplicemente ci si ascolta sul serio o si sorride. Non è strano, non è così difficile, e soprattutto succede. Su queste pagine succede di certo. Succede da quarantanove anni: da otto sotto la mia guida, per quarantuno sotto quella dei grandi giornalisti che mi hanno preceduto nel ruolo di direttori. Sulle pagine del quotidiano pensato e voluto da papa Paolo VI «per la nostra gente», cioè per tutti gli italiani, si sono alternate e si alternano, accompagnando la nostra informazione e lo «sguardo cattolico» che esercitiamo con libertà e schiettezza, anche le collaborazioni con firme di personalità diversamente credenti e non credenti. Non definirei, nessuna di queste collaborazioni 'organiche', ma tutte insieme 'strutturali' a un atteggiamento di apertura senza timori (chi davvero sa chi è, non ha chiusure; chi davvero ha fede in Dio, non ha pregiudizi sugli altri; chi sa di non sapere, sa a Chi guardare ma anche che in tutti può trovare briciole di sapienza) nel quale abbiamo avuto grandi maestri, e cito solo gli ultimi: Benedetto XVI e Francesco. L’importante è che tutti insieme accettiamo almeno per il tratto, breve o lungo, di strada comune la regola del rispetto per e tra noi e soprattutto per il Cielo sotto al quale camminiamo. Cito qualche nome, a memoria: da Erri De Luca e Roberto Vecchioni (non credenti) a Olivier Clement (ortodosso), da Khaled Fouad Allam e Wael Farouq (musulmani) ad Anna Foa e Giorgio Israel (ebrei)… Anche l’incontro con Staino è in questo orizzonte e in questa tradizione, più sorprendente (forse) per la storia e la personalità del padre di 'Bobo'. E definirlo – come il signor Bagnai immagina – un «intervento organico» mi sembra doppiamente lunare. Perché Sergio Staino per tutta la sua vita è stato ed è l’esatto contrario di un intellettuale organico. Rileggete la bella (e un po’ profetica) intervista che gli ha fatto Marina Corradi e se vi capita – sui mal di pancia in seno all’Uaar (l’associazione di atei e agnostici di cui era stato nominato tra i presidenti onorari) – quella che lui ha dato a 'Repubblica.it'. Nessuno dei compagni di strada che abbiamo incontrato e continuiamo a incontrare, noi abbiamo 'arruolato'. O battezzato. E per nessuno, mai, abbiamo chiesto autorizzazioni preventive all’Editore. Neanche stavolta io l’ho fatto. Non sono stati i vescovi italiani, insomma, e non è stato il vertice della Cei, che con una sua Fondazione è il principale azionista di 'Avvenire', a dar vita a questa collaborazione. E posso dire che il vescovo Nunzio Galantino, che della Cei è segretario generale, non è stato consultato e non è neppure entusiasta di questa scelta. Tutt’altro. Con la schiettezza e il calore che anche io gli conosco e riconosco, mi ha detto che è una scelta che «non condivido, perché non capisco proprio quale valore aggiunto viene al nostro giornale dalle 'strisce' di Staino». La cosa mi ha molto colpito, conoscendo la sua apertura e la sua disponibilità all’incontro. Spero che sapremo e potremo far emergere un valore davvero apprezzabile.