Opinioni

Lettere. «Sistema di voto complicatissimo. Elettori in difficoltà e anziani delusi»

Le nostre voci di Marina Corradi venerdì 9 marzo 2018

Caro Avvenire,

sono un presidente di seggio riemerso dopo tre giorni in cui sono stato rinchiuso dentro la sezione e ho dormito sì e no 3-4 ore per notte. Vi illustro dei brevissimi pensieri, come “i pensierini” di quando eravamo bambini. Primo pensierino: il sistema è complicatissimo la gente non capisce e sbaglia nel votare. Facilmente perché le schede sono fatte male. Inoltre, per Camera e Senato c’è un sistema e per la Regione un altro e già questo crea confusione. Nelle schede non sono separati i nomi dei listini bloccati dal simbolo. Questo crea confusione e la gente vota mettendovi una grande croce, se va bene, e se va male scrive la croce su uno dei nomi e così la scheda viene annullata. Bastava dal punto di vista tipografico separare i nomi dal simbolo e colorare il campo dei nomi con un colore grigio. In questo modo la matita non avrebbe avuto nessun risalto e l’elettore si sarebbe accorto che lì non doveva scrivere. Sembra quasi che non interessi aiutare il voto, ma indurre all’errore.

Secondo pensierino: gli anziani entrano tutti in pallone. Ho assistito a scene incredibili; gente che non riusciva a piegare la scheda, che mi chiamava e richiamava perché aveva la scheda arrotolata o mal piegata o stirata, ma mai dalla parte giusta con il bollino in evidenza affinché io potessi staccarlo. Avrò rimandato in cabina decine di anziani a ripiegare la scheda, invano. Alcuni anche tre volte. Siamo un popolo ormai di persone di una certa età, ma non si può inventare un sistema più semplice?

Terzo pensierino: molte persone hanno subito il bollino antifrode addirittura come un’imposizione, con la quale di fatto è stata loro tolta la possibilità del gesto simbolico (ma non tanto!) di mettere la scheda nell’urna. Tutti erano abbastanza contrariati. Alcuni restavano finché io non mettevo la scheda di fronte a loro nell’urna. Un signore si è proprio alterato. Voleva inserire a tutti i costi le schede da solo, ha strappato i bollini. Ho temuto che strappasse anche la scheda ed e intervenuto il figlio tentando di calmarlo. Insomma il presidente di seggio è stato inchiodato da queste regole davanti all’urna. Perché se ci sono dei problemi, non si può allontanare: 12 ore in piedi per prendere le sche- de, strappare il bollino e infilarle nell’urna, chiamare la gente dalla fila, affacciarsi sulla porta invano per spiegare e rispiegare (invano!) ad alta voce le modalità del voto. Ma, credetemi, questo bollino è stato uno strazio... Nonostante tutto questo sforzo su 700 votanti (gli aventi diritto erano 1.040) al Senato ho avuto 29 schede annullate, alla Camera 26 e alla Regionali 13.

Escluse quelle con insulti e parolacce, molti erano errori procedurali. Ci sono stati anche momenti che definirei “sociologici”. Per esempio, intorno a mezzogiorno non c’erano più donne in fila... Tutte a casa a cucinare. Poi intorno alle 14 sono spariti gli uomini e sono cominciate ad arrivare le donne. Gli uomini, probabilmente, a dormire davanti alla tv e queste ultime, dopo aver cucinato e rimesso in ordine sono finalmente venute al seggio. Quasi solo loro e niente uomini, almeno fino alle 16,30. Riassumo il pensiero più spesso esternato: “Votare è complicato e in più non mi fate più mettere nemmeno la scheda nell’urna”. Molti sono andati via arrabbiati. Fortunatamente anche moltissimi ci hanno ringraziato constatando che il lavoro si è triplicato con decine di registri e verbali in duplice copia, dove non si comprende perché non si riesca a stampare o incollare precedentemente fogli con i nomi dei candidati prima dell’inizio della scrutinio. Questo ha portato inevitabilmente a molti errori di conteggio e a inevitabili ritardi nella chiusura dei seggi. Spero che questa mia lettera dalla prima linea dei seggi serva a chi prepara le elezioni perché la prossima volta il voto sia più semplice per tutti.

Marco Castellani Roma


Dal diario di un presidente di seggio. L’Italia vista da una di quelle aule con i disegni dei bambini appesi alle pareti, dove andiamo a votare. Prima annotazione: il sistema è complicatissimo. Ce ne siamo accorti tutti. Pochi, credo, possono dire di avere compreso appieno il Rosatellum, nonostante giornali e tv ripetessero continuamente le spiegazioni. Pur avendole ascoltate e lette, personalmente sono arrivata in cabina un po’ nervosa, e ho aperto le schede, dopo tanti avvertimenti contro il rischio di annullamento, come un rebus da decifrare. Allora, la croce sul simbolo o sul nome del capolista o su tutti e due?

La mia matita ha esitato come quando, a scuola, il quesito di un compito non era chiaro. Alle Regionali, poi, tutt’altro sistema. Sono uscita titubante, ancora domandandomi se non avessi sbagliato qualcosa. Secondo punto del diario da un seggio: le persone anziane. Talvolta con qualche problema di vista, o semplicemente a disagio con le nuove schede. Impossibile, naturalmente, per i figli accompagnare i padri nelle urne. Chissà quanti voti nulli. E che peccato. Votare dovrebbe essere semplice, in un sistema trasparente accessibile a qualunque persona. Terzo punto: la farraginosa procedura del bollino, e soprattutto la impossibilità di mettere personalmente la scheda nell’urna. Il nostro presidente-lettore ha ragione, è un gesto simbolico. Vuol dire: depongo il mio voto con le mie mani, senza mediazioni. È un gesto importante. Dodici ore in piedi a infilare schede nell’urna, qualcuno che ha bisogno di aiuto, qualcuno che perde la calma. Intanto, osservi: le donne all’ora di pranzo scompaiono, sono a fare da mangiare, gli uomini dopo pranzo riposano e solo allora le donne vanno a votare.

Uno schema antico, evidentemente ancora attuale in questo 2018, con tante parole che ci raccontiamo... Passa l’Italia davanti, in un seggio. Si tocca con mano quanti di noi sono vecchi. E anche una diffusa trepidazione davanti a un rito da molti trascurato, ma ancora sentito come vitale e importante. Qualcosa per cui c’è chi si impegna a fare il presidente di seggio – trequattro ore di sonno e un sacco di grane, per un non lauto compenso. E c’è chi rimane mortificato nel non potere infilare personalmente la scheda nell’urna. Come se gli venisse portato via qualcosa, qualcosa a cui in realtà, in questa democrazia preziosa e denigrata, tiene profondamente.