Opinioni

La sfida lanciata dalla Giornata delle comunicazioni sociali. Silenzio e Parola come segni di una Presenza

Davide Rondoni venerdì 30 settembre 2011
Lo sa chiunque comunica davvero. Lo sa il musicista. Lo sa il poeta. Lo sanno i grandi oratori. E lo sa chi ascolta davvero, chi si apre alla comunicazione dell’altro. Il silenzio fa parte del comunicare così come dell’ascolto. E il Papa, nel giorno della festa degli Argangeli – i grandi comunicatori tra il cielo e gli uomini – rende noto che il tema della Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, il 22 maggio prossimo, sarà "Silenzio e Parola, cammino di evangelizzazione.". I prossimi mesi dunque si potranno proficuamente impiegare per comprendere cosa ci chiede questo grande tema. Non si tratta, mi pare, di una semplicistica contrapposizione del silenzio a questa nostra società dominata da continui rumori di fondo, spot, musichette, chiacchiere banali da mille e mille canali. Se si trattasse di una contrapposizione, di una specie di retorico inno al silenzio come opposto all’età della comunicazione, un po’ come quella che viene fatta spesso tra lentezza e velocità della società, potremmo dedurne uno sterile rimbrotto. Un invito un po’ accigliato a fare più silenzio. Ma il Papa non è tipo da rimbrotti banali, né ama restare nel ristretto cerchio del buon senso in cui molti vorrebbero ridurlo. Qui la sfida è più alta. E fortissima. Infatti il titolo sottolinea che il silenzio assume un vero valore non quando è opposto alla parola umana o alla Parola di Dio, ma quando serve anch’esso a un cammino di comprensione, di avvicinamento a una "notizia" che vale la pena dare o udire. Il silenzio a volte può essere solo vuoto. Per questo in molti si affannano a riempirlo con suoni e chiacchiere a vanvera. Ma quando il silenzio vive nel parlare o nell’ascoltare teso a comprendere una notizia che ha valore per la vita, allora diventa eloquente come le parole. Il Vangelo narra che quando Gesù mette in scacco la pretesa di essere giudici della peccatrice adultera, fermando le braccia che stanno per scagliare la prima pietra con il richiamo al fatto d’esser tutti peccatori, si mette a tracciare una scritta per terra. Nessuno sa cosa scrisse in quella occasione, Lui stesso Parola e Silenzio incarnato. Quella parola che è rimasta nel silenzio per sempre esprimeva forse il segreto della sua vertiginosa misericordia. In quell’episodio vediamo come silenzio e parola concorrano a comunicare insieme la vera natura di Gesù.Tutti noi abbiamo fatto molte volte esperienza che certi silenzi hanno "detto" più di tante parole, in alcuni momenti. E senza quei silenzi le parole che li abitavano avrebbero avuto meno senso. Siamo in un’epoca in cui il Vangelo deve essere annunciato anche là dove le sue parole sono state molte volte pronunciate e ascoltate, ma senza più la forza originaria che posseggono. Ridotte spesso a slogan, a chiacchiera, a ricamo. Il silenzio che può ridare forza alla parola dell’annuncio non è una pausa del discorso, non è un trucco retorico. È anch’esso – come le parole – segno di un’esperienza viva. Un silenzio pieno di senso. Per questo, come la Parola può servire a camminare nel Vangelo. Quante volte i Suoi primi discepoli saranno restati in silenzio di fronte a certi Suoi gesti o a certi discorsi. Quante volte avranno osservato il Suo silenzio. E sempre ne hanno tratto qualcosa. La conoscenza del Suo annuncio. E poi quante volte, trovandosi – loro come noi – a parlare di Lui avrebbero visto che il silenzio comunicava quanto le parole. Perché in un annuncio cristiano Silenzio e Parola non sono innanzitutto due forme della retorica, ma sono i due segni della Sua presenza.