Opinioni

Una mozione. Sicurezza sul lavoro, che sia la volta buona per la Procura nazionale?

Paolo Ferrario sabato 16 settembre 2023

Ci sono almeno 15.339 buoni motivi per rispolverare le proposte di legge per istituire una Procura nazionale per la sicurezza del lavoro. Tanti sono, infatti, i lavoratori e le lavoratrici che hanno perso la vita, da quando se n’è cominciato a parlare fino a oggi. Tra i primi a lanciare la proposta, nel 2008, l’allora procuratore di Torino, Raffaele Guariniello, poche settimane dopo la tragedia della Thyssen e, nel 2012, il deputato del Pd, Antonio Boccuzzi, sopravvissuto alla strage dell’acciaieria torinese, che depositò una prima proposta di legge. Nuovo impulso all’iniziativa arrivò dalla Commissione parlamentare di inchiesta sugli infortuni sul lavoro, presieduta dal senatore Oreste Tofani (Alleanza nazionale), che dedicò un intero capitolo della relazione finale depositata il 15 gennaio 2013 proprio alla costituzione della “Procura nazionale in materia di infortuni sul lavoro”. Infine, nel 2021, il progetto è stato riproposto dal Movimento 5 stelle che riesce a far incardinare nelle commissioni Lavoro e Giustizia del Senato una nuova proposta di legge. La fine della legislatura ferma l’iter parlamentare e così, dieci anni dopo la prima iniziativa parlamentare, c’è voluta la strage di Brandizzo per risvegliare la politica dal colpevole letargo in cui era precipitata.

Complice anche la forte denuncia sulla situazione in cui versa la Procura di Ivrea eal procuratore Generale di Piemonte e Valle D’Aosta, Francesco Saluzzo, – titolare delle indagini sulla tragedia dei cinque operai, che rischia il «tracollo» – da più parti si è tornati a chiedere la costituzione della Procura nazionale del lavoro.

Sarebbero almeno due le ricadute positive di questo passaggio. La prima, affidare le indagini sugli incidenti sul lavoro a un pool di magistrati specializzati, come già avviene, da anni, con la Procura nazionale antimafia. Da un lato, questo sgraverebbe le procure ordinarie già sommerse da tonnellate di arretrati e, dall’altro, darebbe un’accelerata alle indagini e, di conseguenza, anche alla celebrazione dei processi.

Come denunciato a più riprese, anche su queste colonne, dai familiari delle vittime (ma pure dall’ex-direttore dell’Ispettorato nazionale del lavoro, Bruno Giordano), troppo spesso i processi per le morti sul lavoro finiscono con la prescrizione, proprio per il dilatarsi dei tempi. Un vulnus che lede il sacrosanto diritto delle famiglie ad avere giustizia. Proprio il caso Thyssen avrebbe dovuto, invece, insegnare qualcosa. In quel frangente le indagini (alla fine, i responsabili vennero consegnati alla giustizia) si conclusero in due mesi e mezzo proprio perché condotte da magistrati specializzati. Figure che, però, non sono presenti in tutte le procure. Anzi, nella maggioranza dei casi non ci sono affatto e, la mole di lavoro che grava sugli uffici giudiziari, unita alla grave carenza di personale (come nel caso di Ivrea), non dà modo ai magistrati presenti di dedicare, alle morti sul lavoro, tutto il tempo e le energie che sarebbero necessari. Perché c’è sempre un nuovo caso che incombe e tutto si ingolfa.

Costituire la Procura nazionale del lavoro, avrebbe, inoltre, una seconda ricaduta positiva. Il nuovo ufficio, infatti, potrebbe contare anche su uomini e mezzi necessari per “presidiare” i territori e prevenire, così, gli incidenti. Un’azione a monte, dunque, per fermare la strage quotidiana di lavoratori.

«I morti sul lavoro di queste settimane dicono che non stiamo facendo abbastanza», ha ammonito, pochi giorni fa, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Un appello che, questa volta, la politica sembra aver recepito. L’altro giorno il Senato ha approvato una mozione unitaria che impegna il governo a fare di più per la sicurezza dei lavoratori. Che sia la volta buona anche per la Procura nazionale?