Opinioni

Venticinque anni dopo. L'altro muro da abbattere

Pierangelo Sequeri venerdì 28 ottobre 2011
Se la violenza ridiventa "cosa normale" anche per la religione, siamo veramente perduti. Scelgo questo focus per interpretare la chiave dell’appello contenuto nell’interpretazione che il Papa Benedetto XVI ha iscritto nella sacra rappresentazione della pace di Dio fra gli uomini, che si celebra nei luoghi di san Francesco d’Assisi. Nella religione, l’esaltazione della violenza rappresenta la contraddizione massima. Un motivo sicuro di vergogna. La strumentalizzazione della religione per la giustificazione della violenza - e non di rado, della crudeltà vera e propria - arriva purtroppo ad anestetizzare anche la vergogna. Se ne vergognano i credenti sinceri, a qualunque popolo appartengano, costretti a subire l’ingiusto peso di questo orribile fraintendimento. È a costoro, anzitutto, che la sacra rappresentazione di Assisi si rivolge. Perché rimangano certi della contraddizione. Perché si facciano instancabili operatori di pace. Perché continuino a cercare, senza sosta, il vero Dio: che è sicuramente Dio della pace, della comunione, della fraternità fra gli uomini. La violenza non rinsalda la religione fra i popoli, la distrugge. E non purifica i popoli, li corrompe. Nell’irreligione, che si accompagna all’odierno strapotere globale di mammona, il serpente dell’inimicizia mortale fra gli uomini depone le sue uova. Che ora si schiudono: è sotto gli occhi di tutti. In questo scenario, di nuovo, la violenza diventa "cosa normale". Il disprezzo di Dio sottrae agli uomini la passione stessa di un’umanità pacificamente condivisa e creativamente alimentata. Non si deve pensare soltanto, ammonisce il Papa, a quello che abbiamo conosciuto (se poi si deve usare il tempo passato) come «ateismo di Stato». Oggi si deve pensare piuttosto a quella sorta di «contro-religione del vantaggio personale», che pratica l’intimidazione in nome dell’arbitrio e del godimento indiscriminato. Il seme della discordia cresce ancora più rapidamente nel buco nero dell’intronizzazione dell’uomo al posto di Dio, che lascia l’uomo in balìa di qualche pericoloso dio-travicello. "L’uomo che prende come norma soltanto se stesso prepara la distruzione dell’umanesimo".La fede cristiana confessa che Dio, nella carne di Gesù Cristo, ha abbattuto "il muro di divisione" fra i popoli e fra gli uomini (Ef 2, 14-15). Assisi mette in scena la speranza che gli uomini religiosi, e anche non religiosi, siano rinfrancati, da questo invito, nella convinzione del carattere cruciale della doppia contraddizione: la violenza contraddice la religione, l’irreligione contraddice l’umanesimo. Le due contraddizioni camminano insieme. Il passaggio d’epoca si decide qui. Il pellegrinaggio di Assisi vuole segnare una via contraria. La novità di questa convocazione, a distanza di venticinque anni dalla sua prima volta con il beato Giovanni Paolo II, è appunto questa. Sono invitati a mettersi sulla stessa strada, pacifica e condivisa, anche i rappresentanti di coloro che, pur non condividendo il dono della fede, non hanno rinunciato a indirizzare la ragione e la libertà alla ricerca del vero e del bene. Sinceramente convinti che nulla di buono viene, per questa ricerca, dal disprezzo della religione. In cammino contro le interessate potenze della rassegnazione e della discordia. Uniti nella convinzione che non vi sia alcun motivo, religioso o irreligioso, per considerare la violenza una via normale. Non c’è apologetica, nella violenza.