Opinioni

Botta e risposta. La «scusa» del Parlamento sul Mes può far agli interessi dell'Italia?

Eugenio Fatigante sabato 20 maggio 2023

«Il Parlamento è contrario»: è quanto sostengono esponenti governativi per giustificare la mancata ratifica del Trattato che istituisce il Mes. L’Italia è rimasto ormai l’unico Paese a non averlo fatto. Dietro quell’affer-mazione credo si celi una buona dose di ipocrisia (noi vorremmo ratificare, ma il Parlamento no. E il Parlamento è sovrano... lo sapete!). Mi riesce difficile immaginare che i parlamentari dei partiti che sostengono il Governo non seguirebbero le indicazioni dei loro leader politici che li invitassero a ratificare. In realtà il Governo tenta di usare la ratifica del Mes come arma per ottenere dall’Unione europea altre concessioni. Così facendo però rischia di irritare la Commissione e tutti gli altri Paesi che hanno già ratificato il Mes. Che questo giovi all’Italia è tutto da dimostrare. Speriamo che il Governo e, soprattutto, l’Italia, non abbiano a pentirsi di questo assurdo “tira e molla”.

Carlo Santini Roma



Non si può che concordare con lei, gentile dottor Santini, sul messaggio della lettera che il direttore mi ha girato. In effetti, una certa ipocrisia c’è nella frase «il Parlamento è contrario» alla ratifica del fondo Mes pronunciata dal ministro dell’Economia, Giorgetti, quando è evidente che tutto discende dalla linea definita dentro il governo. Come è condivisibile il timore per il rischio che procuri danni all’Italia questo «assurdo tira e molla », come lo definisce lei dall’alto della competenza che le deriva dai suoi trascorsi in Banca d’Italia. Mi sento tuttavia di spendere qualche parola anche a favore della posizione assunta dall’esecutivo Meloni. In primo luogo è da considerare non fondata la dichiarazione fatta martedì scorso all’Ecofin da Valdis Dombrovskis, vicepresidente della Commissione Ue, che – commentando la disponibilità italiana a un ok alla ratifica in cambio di aggiustamenti su altri dossier economici – ha detto che «se cominciamo a collegare tutto a tutto, diventa difficile fare progressi». Perché i collegamenti sono già un dato di fatto e negare questo assunto è assurdo: la stessa principale modifica apportata al Trattato sul Mes, cioè il farne un “paracadute” del Fondo di risoluzione delle crisi bancarie, è un completamento del secondo pilastro dell’Unione bancaria, che di per sé è legato a quel terzo elemento – la garanzia comune Ue sui depositi bancari – invece mai attuato da ben 8 anni e che per questo l’Italia “rinfaccia” alla Germania. Inoltre, per far questo Berlino sostiene che prima – e qui spunta un altro legame fatto da altri – occorra rivedere l’investimento in titoli pubblici detenuti dalle banche, assegnando loro un coefficiente di rischio a seconda dello Stato. Questione che già fu posta durante il governo Draghi e davanti a cui l’allora “premier-già banchiere” rispose che era meglio allora nessun accordo rispetto a una pessima intesa. Ciò detto, il governo Meloni potrebbe anche valutare che un ok parlamentare sul Mes (fermo restando l’impegno con gli elettori a mai utilizzarlo), oltre a evitarci l’isolamento sulla mancata ratifica potrebbe semmai rafforzare, e non indebolire, la linea di un’Italia che, anche giustamente, in Europa chiede altri interventi da portare avanti.