Opinioni

Dopo le ultime ondate di arrivi irregolari. Se il rapido rimpatrio è una soluzione illusoria

Antonio Maria Mira venerdì 2 gennaio 2009
LE ULTIME ONDATE DI ARRIVI IRREGOLARI T olleranza zero o accorta solidarietà? La nuova ( o ennesima?) ondata di sbarchi a Lampedusa riapre la querelle sull’immigrazione irregolare. E ciò anche per l’annuncio del ministro dell’Interno Roberto Maroni circa le nuove, rapide procedure per le espulsioni. « I rimpatri avverranno direttamente da Lampedusa » , aveva detto il 29 dicembre intervistato da Radio Padania. E così è stato. Il giorno dopo dal piccolo aeroporto dell’isola sono partiti 28 egiziani, destinazione Il Cairo: 28 sui circa 2.000 sbarcati nei giorni precedenti. Certamente pochissimi ma sono partiti. Li abbiamo visti, con la testa abbassata e coperta dai cappucci dei giacconi, salire la scaletta dell’aereo, ormai rassegnati a questo viaggio di ritorno. Operazione facile, visto anche l’accordo di cooperazione tra Italia e Egitto. E la legge, la Bossi- Fini con tutti i suoi successivi aggiustamenti e inasprimenti, parla chiaro. Chi sbarca, o arriva in qualunque modo nel nostro Paese senza avere i requisiti per ottenere lo status di rifugiato va espulso. E ora Maroni aggiunge quel « rapidamente » . Una tempistica che però non può esimere dalla prudenza. Abbiamo tutti negli occhi le immagini del piccolo afghano finito schiacciato dalla ruote del tir sotto il quale si era nascosto per entrare nel nostro Paese. E sono decine i suoi coetanei che hanno tentato e tentano ancora l’aggancio con il nostro territorio. Abbiamo tutti nelle orecchie quella parola « aiuto » , urlata nella notte illuminata dai fari delle motovedette, da centinaia di immigrati ammassati e aggrappati su gommoni fatiscenti. La prima parola da imparare per chi spera di sopravvivere alle interminabili traversate. Bambini coraggiosi, e disperati, e fuggiaschi impauriti, e altrettanto disperati. Le brusche accelerazioni, anche se solo ad ' effetto annuncio', non contribuiscono tuttavia a capire il problema e a risolverlo, come pure il ministro vorrebbe. Siamo stati recentemente in un centro di prima accoglienza per richiedenti asilo a Trapani: tanti giovani, molte coppie, frotte di bambini. Attendono pazientemente una risposta alla richiesta di aiuto che, questa sì, dovrebbe arrivare in modo più rapido. Sono le avanguardie di gravissime situazioni lasciate nelle loro terre. Queste sì vere emergenze da cui fuggire in tutti i modi. Persecuzioni religiose e politiche, guerre dimenticate, guerre anche per cibo e acqua, per sopravvivere. Drammi di cui nessuno, o quasi, si occupa. Occhi, volti, voci, tante storie che chiedono di essere ascoltate. Con attenzione. Che chiedono una speranza, legittima soprattutto per chi avrebbe ancora diritto alla gioia spensierata dell’infanzia. La fretta, anche a fin di bene, non è mai stata la migliore consigliera. Certo, a fronte dei proclami sulla linea dura, i numeri forniti dal Viminale proprio a fine anno aiutano a dare contorni realistici al fenomeno. Sulle coste italiane nel 2008 sono sbarcate 36.952 persone con un incremento del 75% rispetto al 2007, ma solo 1.199, con 38 voli charter, sono state rimpatriate. Tuttavia la preoccupazione resta. « Quella che un tempo era un’emergenza oggi è la normalità » ha commentato nei giorni scorsi l’arcivescovo di Agrigento Francesco Montenegro ( Lampedusa rientra nel territorio della diocesi) sottolineando da una parte il « flusso continuo » di migranti che « mettono a rischio la propria vita pur di fuggire dai Paesi di origine » e dall’altra la sempre maggiore presenza di bambini ( 2.700 sbarcati nel 2008 contro i 2.180 dell’anno precedente). Ed è proprio questo che deve invitare ad un’estrema prudenza, per evitare soluzioni illusorie. A Lampedusa e ovunque vada in scena il dramma dei fuggiaschi.