Opinioni

La «paternità» di Elton John. Se i desideri di una popstar stravolgono i veri diritti

Tommaso Scandroglio giovedì 30 dicembre 2010
Prendi una stella se ci riesci, desidera qualcosa di speciale… il mio amore è libero». Così cantava Elton John nel brano Are you ready for love? nel 1977 e pare che oggi il baronetto britannico sia riuscito per davvero a realizzare l’impossibile, a prendere quella stella così speciale e così tanto desiderata che ha preso nome di Zachary Jackson, un bebè nato il giorno di Natale da madre californiana, padre ignoto e ora figlio dell’"amore libero" tra Elton John e il suo compagno David Furnish. In questa vicenda viene alla luce un curioso e inquietante intreccio tra rivendicazioni di certo mondo gay ed esasperazioni delle tecniche di fecondazione artificiale, intreccio paradigmatico almeno per tre motivi. In primo luogo, c’è un parallelo tra il vincolo giuridico che unisce il cantante inglese con il suo compagno e il legame esistente tra questi ultimi e il piccolo Zachary. Entrambi i legami sono infatti artificiali. Il "matrimonio" celebrato tra i due omosessuali sul suolo inglese è una vera e propria finzione giuridica (una fictio iuris), un artefatto normativo, perché manca un requisito di base perché si possa parlare di matrimonio: la diversità dei sessi. In questi casi il vincolo matrimoniale è addirittura inesistente. Come è inesistente il rapporto genitoriale tra i due sedicenti papà e il figlio: nessuno dei due è infatti il padre biologico e la coppia non ha i requisiti naturali indispensabili per accedere all’adozione. L’artificiosità della procedura attraverso cui questa nuova vita è venuta al mondo è poi parossistica. Non solo l’erede di Elton John è stato concepito al di fuori di un autentico rapporto d’amore tra padre e madre, cioè tramite provetta, ma è stato "incubato" da un utero che lo ha ospitato solo per il tempo necessario affinché fosse pronto per essere "consegnato" alla coppia richiedente. La madre ha cioè affittato parte del suo corpo, rifiutandosi di abbracciare suo figlio una volta venuto al mondo. Idem per il padre biologico, mero fornitore di seme maschile. Il tutto ha dunque il sapore di un’operazione alchemica. Lo snaturamento del legame matrimoniale si riflette dunque fedelmente nell’adulterazione del rapporto genitoriale. Ma in questa vicenda c’è un altro stravolgimento dell’ordine naturale: i desideri diventano diritti e questi ultimi scolorano in mere aspettative. E così un legame affettivo tra due omosessuali viene riconosciuto civilmente; analogamente l’aspirazione di diventare genitore, anche se mancante della figura materna e fuori tempo massimo vista l’età della popstar, è elevato a diritto giuridico. I diritti invece, anche quelli cosiddetti naturali, si svalutano sempre più e mutano in meri interessi personali. Il diritto del figlio a crescere con i suoi genitori biologici e di avere un padre e una madre è solo un desideratum; il diritto della comunità civile di vedersi formata da famiglie composte da un uomo e una donna è solamente un’opzione tra le molte. Infine, questa vicenda d’Oltremanica rivela ancora una volta che l’uso dei volti noti aiuta non poco nello sdoganare e legittimare pratiche difficilmente digeribili dal buon senso dei più, per normalizzare ciò che normale non è. Anche da noi, su temi quali l’omosessualità, la fecondazione artificiale e l’eutanasia, non di rado si pone in essere l’espediente di trovare l’attore famoso, lo scienziato di chiara fama, il presentatore affabile e garbato che metta la sua faccia per sponsorizzare innovativi "stili di vita" o inediti "diritti civili" che spesso fanno a pugni con la morale naturale e la dignità della persona umana.