Opinioni

Pensieri in amicizia sul capodanno ebraico. Saper ricominciare per far nuovo il mondo

Marco Impagliazzo martedì 18 settembre 2012
​Per le comunità ebraiche sparse nel mondo è iniziato l’anno 5773 e in Israele, come in tutta la "diaspora", si è celebrato il Rosh Hashanah, la festa del Capodanno. L’augurio Shanah Tovah (Buon anno!) è risuonato tra milioni di persone, che hanno gustato mele intinte nel miele e frutti di melograno, simbolo del mondo e della sua pluralità.Il Capodanno ebraico è una festa che parla oltre i confini di una sola religiosa. È celebrazione della creazione dell’universo, è per tutti condivisione della speranza in una rigenerazione del creato e della famiglia umana, in un mondo che sappia liberarsi dei propri guasti, in un’umanità capace di lasciarsi alle spalle i propri errori. Dio stesso, secondo i Midrashim, rivede la sua opera, giudica le azioni dei suoi figli nel corso dell’anno, decide del loro futuro per quello successivo.Non per nulla, nella tradizione ebraica, è da Rosh Hashanah che parte il periodo di pentimento destinato a sfociare nello Yom Kippur. L’Alfa si lega all’Omega, la creazione al giudizio. Un’antica usanza di Rosh Hashanah impone di svuotare le proprie tasche in un corso d’acqua. Con l’idea di scovare e gettare via il proprio peccato perché sia trascinato lontano dalla corrente.Guardando al nostro mondo emerge il bisogno di una riflessione approfondita, di una rigenerazione che porti via le scorie di un modo vecchio di vivere e di pensare. Il nostro tempo, tentato com’è dalla mera gestione delle cose, lontano dall’urgenza e dalla radicalità del cambiamento, avrebbe da imparare da questa prospettiva di rinnovamento. Saggiamente la liturgia ebraica di Rosh Hashanah legge l’inizio del 1° Libro di Samuele, con Anna, sterile, che, certa finalmente della benevolenza del Signore, torna a casa fiduciosa: «Poi la donna se ne andò per la sua via […] e il suo volto non fu più come prima». Il Capodanno ebraico può essere l’occasione di nuovi passi. Ma in quale direzione? Il presidente dell’Unione delle comunità ebraiche, Renzo Gattegna, riassume così il suo auspicio: «Ama il prossimo tuo come te stesso; non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te; ama lo straniero perché anche tu una volta sei stato straniero. Se questi principi […] fossero recuperati con coerenza, l’anno 5773 sarebbe migliore del precedente».È l’augurio di tutti e per tutti. Augurio che nel tempo che viene si cerchi un rapporto nuovo con gli altri e con la natura. Un rapporto di rispetto, di solidarietà, di memoria, di responsabilità. Perché la creazione ci ricorda che siamo tutti fratelli. Che siamo tutti sulla stessa barca. Che a tutti è affidata la cura di questa barca e dei suoi passeggeri.Una delle caratteristiche peculiari di Rosh Hashanah è la cena serale, in cui si consuma il melograno. Nella simbologia ebraica è, vale la pena di ripeterlo, segno dell’unità del mondo nella pluralità dei suoi abitanti, i semi. Un segno – e un sogno – per un tempo tentato dalla divisione e dal conflitto, come vediamo negli scontri a cui si assiste in tanti Paesi in questi giorni o come si registra nelle tante occasioni di dialogo sprecate. Ma anche – pensando al mondo ebraico – nei risorgenti rigurgiti di antisemitismo. La liturgia ebraica si conclude rivolgendosi al Creatore: «Nostro Padre, nostro re, annulla i decreti duri e cattivi che incombono su di noi; annulla i pensieri dei nostri nemici […] Nostro Padre, nostro re, dacci di nuovo buone notizie, fa’ sì che il nuovo anno sia per noi buono». C’è un qualcosa "di nuovo" che molti aspettano in questo tempo. Un’opportunità per ricominciare da capo, lasciando scorrere via i semi cattivi dell’inimicizia, gustando i semi buoni della speranza e del rinnovamento. Con gli ebrei di tutto il mondo, a cui giungono i nostri auguri per il nuovo anno, speriamo e lavoriamo perché il tempo che abbiamo davanti sia realmente buono.