Opinioni

La lezione dei trapianti di staminali al Bambino Gesù di Roma. Saggia, paziente, efficace: la scienza restituita all'uomo

Carlo Bellieni mercoledì 18 giugno 2014
Nell’Italia così spesso vituperata il vero metodo scientifico riesce ancora a trionfare. È il messaggio dell’ottima notizia che viene dall’Ospedale Bambino Gesù di Roma, dove è stata messa a punto una brillante tecnica per evitare il rigetto dei trapianti di cellule staminali del sangue in caso di alcune malattie tumorali o di anemie gravi. Non è un caso isolato di buona sanità, ma è messaggio rincuorante in questo campo e in questo momento sia perché arriva in una fase critica per la metodologia scientifica, su cui – parlando di uso delle staminali – i media (e qualche addetto ai lavori) hanno fatto troppa confusione, sia perché riporta l’attenzione sull’uso di cellule ottenute non danneggiando alcun embrione umano. Il metodo è passato al vaglio di sperimentazioni e della comunità scientifica internazionale, un fatto fondamentale che spesso il pubblico ignora, ma che è un tratto essenziale della buona scienza. Infatti ogni scoperta, oltre al permesso delle autorità competenti, per diventare "scienza" deve essere pubblicata, cioè entrare nel giro della comunità scientifica passando al vaglio di due o più revisori scelti dall’editor della rivista scientifica, di solito assolutamente anonimi e di alto profilo. Il processo di pubblicazione non è dunque automatico e offre garanzie di oggettività.Lo studio in questione è apparso sul numero di maggio della prestigiosa rivista Blood, e oggi qualunque scienziato lo desideri ne può trovare i dettagli e replicare o commentare la procedura. È così che si fa scienza. È buona scienza, quella dell’ospedale romano, perché mostra che le cellule staminali presenti nel sangue, nel midollo osseo o nel sangue della placenta hanno una loro utilità indiscutibile, e siccome non implicano la tanto reclamizzata "creazione di embrioni" – e il loro presunto "uso curativo", con la conseguente morte – non hanno indicazioni che vanno contro il rispetto della vita e della dignità dell’uomo. Ed è il caso di sottolineare, qui, una volta di più che, dopo anni di ricerca e di appelli a favore di un opaco progresso scientifico, ancora non si dispone di dati favorevoli a un uso delle cellule staminali estratte dagli embrioni umani sacrificati a tale scopo: un dato di fatto attorno al quale si sono consumate autentiche guerre che si potevano evitare, come anche spese che potevano essere dirottate ad altro e più proficuo fine. Il ricorso a staminali del sangue debitamente trattate è un metodo particolarmente dolce, perché elimina il dolore e perché permette di usare le cellule del genitore che offre il suo sangue al figlio. Parlando di sangue, vogliamo qui sottolineare l’importanza del dono di cellule midollari o di organi. Pochi giorni fa, parlando alle associazioni di donatori del sangue il Papa ha detto: «Imitiamo Gesù: egli va per le strade e non ha pianificato né i poveri, né i malati, né gli invalidi che incrocia lungo il cammino; ma con il primo che incontra si ferma, diventando presenza che soccorre».La notizia che viene dall’«ospedale del Papa» – perché questo è il Bambino Gesù di Roma – è quindi occasione per sottolineare cos’è la buona scienza in un momento in cui si sentono da più parti alzarsi risposte alla pressante domanda di salute che non hanno i crismi dell’autorevolezza scientifica e che intaccano lo sguardo del cittadino verso la scienza medica, scambiata da qualcuno per una specie di religione in grado di sconfiggere il male, ma capovolta all’improvviso in traditrice se non mantiene quella promessa. Secondo altri, la scienza invece creerebbe con noi un rapporto contrattuale, che funziona solo se il paziente guarisce (ignorando così che le possibilità di salute hanno un limite). Altri infine la pensano come un self service che deve assicurare qualunque cosa le si chieda, inclusi trattamenti non testati ufficialmente. La vera scienza medica, invece, ha a che fare con la tecnica ma riguarda anche l’umano: per questo deve accettare limiti, e per questo progredisce, si migliora e si corregge secondo precise regole di rispetto dell’uomo e della legalità. È un’arte, intesa non come improvvisazione ma come devozione e studio, ricordando che il suo soggetto è un uomo. Un uomo da non illudere, cui dare il meglio solo quando siamo certi che è davvero il meglio e che mai va usato come oggetto di sperimentazioni fuori dagli schemi quando è adulto, ma anche di manipolazioni quand’egli è solo un piccolo e fragile embrione.