Opinioni

Lo sport diventi diritto. Sì, con la fatica si può fare. Diciamolo nella Costituzione

Mauro Berruto martedì 3 agosto 2021

«Dove eri il 1° agosto 2021?». Ricorderemo tutti chi avevamo al fianco e cosa stavamo facendo in quei quindici minuti di una domenica pomeriggio che hanno cambiato la storia dello sport del nostro Paese. «Hanno cambiato» e non «hanno scritto» la storia, perché dopo il pieno di emozioni, la cui intensità non sarebbe stata mai raggiunta neppure dal più talentuoso degli sceneggiatori, siano entrati nel mondo sportivo post-impresa di Tamberi e di Jacobs. Perché adesso abbiamo un patrimonio fra le mani che occorre decidere come gestire.

I due eroi della velocità e delle altezze, e aggiungo con enorme piacere un’eroina come Vanessa Ferrari che il suo capolavoro l’ha fatto la mattina successiva, ci insegnano una cosa: si può fare. Si può fare, dopo fatica, impegno, desideri, infortuni del corpo o dello spirito, tendini strappati, caviglie saltate, risultati che non arrivano mai o che proprio quando arrivano vengono brutalizzati da cadute dolorose, apparentemente definitive. Si può fare con convinzione, tenacia, determinazione, un’enorme quantità di lavoro, una visione e una squadra di persone che ti accompagnano nel percorso. Si può fare se possiedi quella cosa meravigliosa che nella Grecia antica si chiamava filoponìa, l’amore per la fatica. Si può fare se accetti la tua fragilità, ma non ti senti fragile. Si può fare non se sei forte, ma se ti senti forte. Questa è la lezione che abbiamo ricevuto domenica pomeriggio, splendida, colma di ispirazione, capace di parlare contemporaneamente alla testa, alla pancia, alla pelle e al cuore. E adesso, di questa lezione magistrale, che cosa ne facciamo? Perché Jacobs ha corso in 9.80 secondi, Tamberi ha saltato 2.37 metri, entrambi hanno coronato il sogno di una vita, sono saliti sull’Olimpo e sono certo che gareggeranno per anni ad altissimo livello, ma in un certo senso il loro lavoro è finito.

Adesso inizia il nostro. Il lavoro di chi dovrà trasformare, moltiplicare quell’oro e, in qualche modo, distribuirlo. Perché così come ci siamo scoperti tutti velisti ai tempi di Luna Rossa o sciatori a quelli di Alberto Tomba e Deborah Compagnoni, se c’è una cosa sulla quale sono pronto a scommettere è che a settembre tanti, tantissimi ragazzi e ragazze si avvicineranno all’atletica. Tuttavia potrebbero trovare i cancelli degli impianti chiusi perché lo sport, in particolare quello di base, dopo questa pandemia è in ginocchio e le società sportive stanno drammaticamente chiudendo, una dopo l’altra. Se c’è una cosa sulla quale sono pronto a scommettere è che tanti ragazzi e ragazze al rientro a scuola vorranno provare a correre, saltare, lanciare (e anche giocare a calcio, perché non possiamo e non dobbiamo dimenticare l’effetto dei vittoriosi Europei).

Tuttavia saranno di nuovo alle prese con il cronico disinteresse del mondo della scuola che, da quando esiste la Repubblica, allo sport inteso come materia d’insegnamento ha tolto ogni dignità. E sono pronto a scommettere che ci saranno ragazze e ragazzi che vorranno giocare a pallavolo, a pallacanestro, a pallanuoto, vorranno tirare con l’arco o di scherma, remare, nuotare, andare a vela, pedalare. E dopo le Paralimpiadi, altro serbatoio di storie incredibili, anche ragazzi e ragazze con diverse abilità cercheranno la loro dimensione sportiva. Tuttavia potrebbero trovare impianti chiusi, società in liquidazione, allenatori disoccupati, piscine senz’acqua. Perché i quindici minuti che hanno cambiato lo sport in Italia sono arrivati dopo i diciotto mesi più duri di sempre.

Come spesso succede, nel momento più difficile siamo capaci di entusiasmanti colpi di coda, ma quando la fiamma olimpica si spegnerà, sarà il tempo di creare le condizioni affinché lo sport venga considerato finalmente un bene essenziale e possa essere determinato un diritto allo sport sancito nella nostra Carta costituzionale. Se questa meravigliosa estate sportiva genererà la spinta decisiva per portare finalmente la parola 'sport' nella nostra Costituzione, allora avremo cambiato un paradigma; allora finalmente il diritto allo sport potrà dialogare con quello all’istruzione e alla salute; allora avremo una volta per tutte generato la scintilla necessaria per parlare di 'cultura del movimento' nel nostro Paese. Che tutto questo possa accadere grazie a due imprese nella disciplina più pura e antica dello sport olimpico, l’atletica leggera, è struggente. Sarebbe il regalo più grande che i nostri atleti, capitanati da Gimbo Tamberi e Marcell Jacobs, potrebbero fare al nostro Paese. Sarebbe un regalo per milioni di connazionali che cercano nello sport la possibilità di una vita più sana e che campioni olimpici (e neanche nazionali, regionali o provinciali) non diventeranno mai, ma che saranno cittadini migliori, pronti a emozionarsi fino alle lacrime di fronte a capolavori come quelli, indimenticabili, di una domenica pomeriggio che non potremo mai più dimenticare. «Dove eri il 1° agosto del 2021?».