Opinioni

Il rischio dell'indifferenza. Sì, beato quel popolo cui non servono eroi

Ferdinando Camon mercoledì 19 febbraio 2020

«Ferisce un passante con l’ascia e si avventa sui carabinieri, arrestato 29enne nigeriano a Castiglione delle Stiviere, contestati i reati di strage e omicidio»: fossimo stati a Castiglione, saremmo intervenuti? «Tassista aggredito a calci e pugni a Roma, arrestato un 25enne, un gruppo di clienti si era rifiutato di pagare il conto e aveva cercato di distruggere l’auto»: fossimo stati a Roma, saremmo intervenuti? Sono due notizie attuali, ancora presenti in rete su siti di informazione online, ma notizie simili arrivano ogni giorno, approdano nelle cronache locali e anche in quelle nazionali e noi le leggiamo con un misto di apprensione (per la percezione di una violenza che cresce, vero o no che sia, e questo ci riguarda) e di vergogna (nessuno interviene, e noi non siamo migliori degli altri). Liliana Segre dice che è sempre stato così, e quando portavano via lei e la caricavano su un treno a destinazione ignota, tanti vedevano ma nessuno muoveva un dito. Liliana usa il termine 'indifferenza'.

Tutti abbiamo accettato il suo termine, e chi lavora nel campo dei libri, come me, ha trovato conferma a una sua vecchia opinione: che tra le accuse rivolte al nostro tempo dai tre grandi autori che lo inauguravano, l’accusa di 'indifferenza' mossa da Moravia, l’accusa di 'estraneità' mossa da Camus, e l’accusa di 'nausea', mancanza di valori morali, mossa da Sartre, la più vera, quella che abbracciava una verità più vasta, era 'indifferenza'. Anch’io ho sostenuto questa tesi. Ho sempre considerato Moravia un moralista. Il suo mondo sessuo-maniacale, il suo vuoto morale, sono un lamento.

Perché non vede il Dio di cui ha bisogno. Amico di Moravia per mezzo secolo, ho sempre aspettato che trovasse quello che cercava, e ho sperato che lo trovasse quando s’interrogava sulla morte di Elsa Morante, sua moglie, e mi diceva (lo diceva a tutti) che si chiedeva 'Dov’è adesso?'. 'Ti sei dato una risposta?' gli domandavo. 'Non ho la risposta, ho un dubbio, e a me sta bene il dubbio'. Il dubbio è sofferenza, non è indifferenza. E credo che l’indifferenza non ci fosse neanche in quelli che vedevano Liliana Segre portata via e non facevano niente.

E neanche in coloro di cui parla Solgenitsyn, che vedevano cittadini sovietici trascinati a volo per le scale della metropolitana di Mosca e portati via in qualche gulag. Vedevano ma non fiatavano. Indifferenza? No. Paura. Paura perché vedi una violenza di fronte alla quale non puoi far nulla. Ma poniamo che io fossi a Roma e avessi visto il tassista aggredito e picchiato e fossi intervenuto, dove sarei adesso, qui a scrivere questo articolo? No, sarei nel letto di qualche ospedale.

A Roma non ho protestato quando ho preso un taxi di sera tardi, dovevo andare a cena da uno scrittore che sta fuori città, ma il taxi mi ha scaricato in piena campagna davanti a una stazione dei carabinieri, dicendomi: 'Manca mezzo chilometro, deve farselo a piedi', perché in quella zona i taxi vengono regolarmente rapinati. La soluzione per Castiglione delle Stiviere non sta nel bravo cittadino che corre verso l’ascia del folle e si fa spaccare la testa.

La soluzione per il tassista di Roma a cui rubano l’auto non sta nei cittadini che si buttano in uno o due addosso alla banda di rapinatori e si fanno massacrare. La soluzione sta nelle telecamere. Ce ne vogliono di più e dappertutto. Il giorno dopo una rapina noi non dobbiamo rallegrarci vedendo la foto di un cittadino- eroe con la testa bendata, ma vedendo la foto dei rapinatori individuati e arrestati. Come diceva Brecht: fortunato quel popolo che non ha bisogno di eroi.