Opinioni

Noi grandi e la responsabilità verso i piccoli. Se sono i bambini a «muovere» l’economia

Davide Rondoni lunedì 26 settembre 2011
Loro fanno muovere l’economia. Altroché. Sì c’è una folla di centinaia di migliaia di italiani (e forestieri e meticci) che in questi giorni di crisi fanno girare i quattrini alla grande. Li abbiamo visti. Si muovono con le idee chiare, sanno cosa acquistare, e hanno ambizioni precise. Se ne fregano delle agenzie di rating. Fanno muovere i soldi, i mercati. Hanno gusti precisi, a volte bizzarri e non si accontentano facilmente. Sono i nostri figli che hanno invaso cartolerie o corsie di supermercati trascinando mamme, nonne, a volte qualche riluttante e smarrito padre a comprare quaderni, astucci, zaini…Forse il noto monito evangelico «se non tornerete come bambini non entrerete nel regno», ha un valore anche per la crisi economica. I bambini infatti fanno muovere il Paese, per almeno due motivi. Il primo è perché – come ogni mamma e ogni padre sanno bene – i figli sono un formidabile e imprevedibile centro di spesa. La mente di un bambino in quanto apertissima ai mille stimoli della sua crescita e della realtà – compreso quelli della pubblicità, ovviamente – alimenta una incessante richiesta. Si diceva dalle mie parti che «ogni bambino arriva con il suo panierino», come dire che ogni nascita porta con sé anche qualche modo per essere sostenuta. Come se il Mistero mandasse ai genitori, oltre che il figlio con annessa nota spese, qualche modo per sostenerli nel nuovo impegno.Di certo la nota spese non finisce presto. Per i genitori è da poco terminato l’incubo delle passeggiate estive lungo le quali i loro piccoli hanno sterminato ogni pazienza con richieste a mitraglia (gelato, palline, sala giochi, zucchero filato, figurine, giro sui gonfiabili oltre a costumi più grandi, ciabatte, salvagente, etc) ed ecco che inizia la scuola. E le impegnative e simpatiche passeggiate tra scaffali e vetrine con performances di spesa notevoli. Se si volesse dare almeno un aiuto alle famiglie durante la crisi, si potrebbero pensare a prezzi calmierati su astucci e diari! Mi piacerebbe vedere in tv una bella discussione, che so tra Berlusconi e Bersani, sui costi degli astucci delle elementari. Il secondo motivo per cui i bambini sono un motore dell’economia anche in tempi di crisi, sta nel fatto che la presenza a casa di due, tre, quattro bocche da sfamare rappresenta un motivo per lavorare molto più forte di ogni aspirazione di carriera o miraggio di guadagno individuale. L’abbassamento della produzione va di pari passo con l’abbassamento della responsabilità.Nel dopoguerra l’impeto di costruzione del boom fu legato a circostanze geopolitiche internazionali, ma anche al senso di responsabilità che un esercito di mamme e babbi sentirono verso i propri figli. Anche un poeta economicamente sprovveduto come me vede che la responsabilità verso i piccoli muove i grandi a rimboccarsi le maniche. E dunque una società che non fa figli è destinata a non uscire dalla crisi, ma a conoscerne di successive. Difficilmente vedrete un padre o madre trentacinquenni con figli a casa bighellonare in lunghi e molli aperitivi serali, in uno di quei mostruosi ritrovi sbicchieranti, pseudoeleganti e nullafacenti che accade di vedere in tutte le nostre città. Parafrasando il monito di una vecchia canzone si può ripetere che "chi non lavora non fa l’amore", e aggiungere che chi fa l’amore e figli lavora di più.Allora, vedere il dolce accanito affarismo dei nostri piccoli, la sorridente solerzia con cui hanno mosso in queste settimane milioni di euro, può insegnare qualcosa ai signori dell’economia (e a tutti noi).