Opinioni

I Dieci comandamenti. Roberto Benigni e il dono ritrovato

Andrea Monda giovedì 18 dicembre 2014
 Due ore la prima sera, due ore la seconda, senza interruzioni: quattro ore di immersione totale nel testo biblico – lunedì e martedì – dense e intense, fitte di commenti e rimandi ad altri testi perché, si sa, la Bibbia è il 'grande codice' della letteratura occidentale. Su Benigni qualcuno ha storto il naso, tic italiano automatico, così come quando il comico toscano fu accusato di aver volgarizzato la Divina Commedia (buffa accusa, visto che lo stesso Dante l’aveva voluta comporre in volgare). E ora qualcuno dirà che ha volgarizzato anche la Bibbia, che però già un santo dottore della Chiesa, aveva reso 'Vulgata'.  Comunque sia, lo show di Benigni è stato, soprattutto nel ritmo, rutilante e vulcanico come gli altri suoi precedenti, e analizzare tutte le battute che a raffica ha offerto all’intelligenza del pubblico non è impresa facile. Tra le tante citazioni, da san Giovanni della Croce a Chesterton, da Whitman a Jan Twardowski (con onestà, ha ripetuto due volte che non tutta la farina era del suo sacco) ce n’è una, di Lacan, sulla quale è il caso di soffermarsi perché forse racchiude il senso complessivo dell’evento: «Amare è donare quello che non si ha». Frase davvero rivelatrice: sottolinea che Benigni ha fatto della sua meditazione sull’Esodo un inno all’amore, e così ci ha voluto condurre per mano verso il mistero, che è la vera dimensione dell’amore. In un mondo improntato al funzionalismo questa frase suona quantomai controcorrente. Rispetto alla sempre presente tentazione di controllare l’amore, irrigidirlo e schematizzarlo, Benigni prendendo in prestito qualcosa che non ha (la frase non è sua, così come la Scrittura, dono di Dio) ce la regala allegramente ricordandoci che la dimensione vertiginosa del dono è l’unica che appaga il cuore dell’uomo. Lo si è capito nel finale, quando ha ricordato la sintesi che Gesù fa del Decalogo nei due amori, verso Dio e il prossimo: è lui il modello più alto, Gesù, che non ci ha dato 'cose', ma tutto se stesso, andando oltre ogni immaginazione, forse anche oltre l’immaginazione di Dio stesso. Dio in suo Figlio ci ha dato qualcuno, cioè 'qualcosa' che non aveva, ma che era.  Il dono è sempre esigente e pretende di essere ri-donato: questo è quello che è avvenuto, in televisione, lunedì e martedì.