Opinioni

Rispetto e carità per tutti i caduti. Ma senza smemoratezze, da resistenti

Marco Tarquinio martedì 8 novembre 2016

Caro direttore,
antifascista quanto anticomunista da sempre, mi vergogno della quasi-decisione (ha parlato di «riflessione» necessaria) del sindaco di Milano, Sala, di non far più deporre, dal prossimo anno, dopo un quarto di secolo, una corona del Comune nel campo X del Cimitero Maggiore dove sono sepolti i caduti della Rsi e anche nove italiani che si arruolarono come volontari nelle SS. Decisione presa su evidente diktat dell’Associazione nazionale dei partigiani italiani. Non esistono morti di "serie A" e morti di "serie B", ma solo morti. Parce sepulto! È caduto il muro di Berlino, ma non vogliono che cadano antichi steccati che continuano a dividere e a procurare conflitti e danni.

Carlo M. Passarotti - Gallarate (Va)

Penso, caro dottor Passarotti, che lei abbia ragione a temere che con questo tipo di polemiche e di scelte si finisca solo per riaprire vecchie ferite. E questo va evitato, con saggezza, rispetto e carità umana e cristiana e addirittura con passione, riconciliatrice. Penso anche, però, che dobbiamo saper trasmettere con eguale passione e con chiarezza un messaggio molto netto e semplice: nella guerra civile che ha insanguinato l’Italia alla fine del secondo conflitto mondiale, non tutto è uguale. C’è stato chi si è battuto ed è morto per una giusta causa, cioè le forze della Resistenza e del poco a poco ricostituito Esercito italiano. E chi invece ha scelto o accettato, a volte anche con sane intenzioni personali, di servire la causa nazifascista e ha perciò combattuto ed è caduto dalla parte sbagliata. In questo tempo di troppe smemoratezze, ciò che è essenziale va sempre ribadito: se avessero trionfato Hitler e Mussolini, il mondo sarebbe stato un inferno. Poi, non è stato il paradiso. E sulla terra (penso a Stalin e ai suoi satrapi del comunismo realizzato, ma anche – oggi – ai signori e padroni del mercatismo irresponsabile) l’inferno ha continuato a manifestarsi. Ma questo non riabilita la «parte sbagliata» di allora, spiega piuttosto perché e con quale spirito si possa e si debba continuare a dire «Ora e sempre Resistenza». A più d’uno ormai questa frase suona retorica, eppure – a mio avviso – dice una pura, attualissima e urgente verità sul compito di umanizzare il mondo e di renderlo più giusto, non rassegnandosi mai al male assoluto del totalitarismo, del razzismo e di ogni fondamentalismo. Anche e soprattutto quando coloro che quel male propugnano e diffondono arrivano a espropriare e strumentalizzare parole nobili come ordine, onore, identità, tradizione, patria e popolo. E sì, caro amico – sono certo che lei che si sente «antifascista quanto anticomunista» riuscirà a intendermi bene – serve più che mai serena chiarezza e il coraggio di dire, rendendosi conto del valore che esprime, «Ora e sempre Resistenza».