Opinioni

Spazio. Riparte la corsa verso Marte. Rischi di una guerra stellare?

Francesco Palmas venerdì 31 luglio 2020

Stati Uniti, Cina, Russia, Emirati Arabi: una strategia militare dietro le missioni con l’invio di sonde, satelliti e armamenti Nello Spazio la vera conquista è la pace

Tutti pazzi per Marte. La missione 'Mars 2020', che la Nasa ha lanciato il 30 luglio 2020, è stata la terza diretta sul Pianeta Rosso partita negli ultimi dieci giorni, dopo quelle degli Emirati Arabi e della Cina. La corsa verso Marte ha conosciuto un’accelerazione improvvisa, ma è cominciata più di 60 anni fa. In piena guerra fredda. Da allora, abbiamo assistito a gare mozzafiato. La conquista dello spazio, della Luna e, piano piano, di Marte affascina. Ha il potere di unire e di affratellare. Ma possiede al contempo gli ingredienti per dividere, nel nuovo clima di ostilità fra grandi potenze. Rivivremo la competizione fatale fra Est e Ovest, anche nella nuova frontiera? Lo spazio è simbolo di potenza. Coinvolge le menti più brillanti. Simboleggia la forza dei centri di ricerca, delle agenzie spaziali, dell’immaginazione creativa di futurologi e scienziati. Ma è un dominio sempre più contestato e foriero di scontri. Galvanizza programmi militari. Fin dagli anni 50, i due blocchi si sono lambiccati intorno a programmi antisatellitari. Avevano già in mente che chi domina lo spazio, domina la Terra. Erano gli anni 70 quando l’Urss lanciò stazioni spaziali abitate, le Saliut, declinandole fin dal principio in versioni armate di cannone, le Almaz.

I modulo Zaria della stazione spaziale internazionale ne è il discendente diretto. Anche i primi sistemi di radionavigazione satellitare, Gps e Glonass, oggi imprescindibili per i nostri telefoni portatili, sono nati da programmi militari. Tutte le potenze spaziali, emerse dopo il duopolio Usa-Urss, come Francia, Italia, Giappone, Cina, India, Iran, Corea del Nord e Israele hanno battuto la stessa strada. Sono partite dai missili, poi hanno posizionato satelliti in orbita, dimostrando la capacità di minacciare e dissuadere gli avversari. Qualsiasi potenza capace di costruire, lanciare e controllare un satellite in completa autonomia rivela appetiti di predominio, almeno regionale. Oltre la Terra, la nuova frontiera della competizione globale è divenuta il Pianeta Rosso. La Cina ha lanciato la sfida più affascinante alla supremazia statunitense. Con una triplice missione, intende svelare al mondo la potenza di fuoco della sua nuova Forza di supporto strategico. Pechino incute timore. Nel 2018 e nel 2019 ha spedito in orbita tanti satelliti quanti le altre potenze sommate. La missione su Marte è il volto più scenografico e irenico del suo approccio allo spazio. Ma, dietro le quinte, Pechino sta mettendo in fila concetti di dominio dello spazio, dallo spazio e contro lo spazio.

Lidea di una forza spaziale come nuova dimensione delle forze armate non è nata negli Stati Uniti, né in Russia. È un 'brevetto' cinese. L’ex numero uno dell’aviazione, generale Xu Qiliang, ha voluto nel 2009 una struttura per coordinare il controllo delle tecnologie, dei bilanci e del personale assegnati allo spazio. Ne ha fatto un ramo della Commissione militare centrale del partito comunista cinese. E l’ha dotata di piani di spionaggio e di attacco. Un approccio bellico e distruttivo, teso a colpire il cervello della supremazia tecnologica americana. Disarticolando questo, si metterebbe in ginocchio la catena di comando statunitense. Speculando sui big data, sulle vulnerabilità cibernetiche e sulle falle difensive dei sistemi spaziali a stelle e strisce, Xi Jinping ha stravolto l’organizzazione delle forze armate. Ha fatto delle operazioni cibernetiche e spaziali un duplice dominio d’operazioni, assegnato alla Forza di supporto strategico, il primo comando integrato, dedicato alla guerra nella datasfera e nel campo cognitivo.

Con oltre 70 satelliti militari, la Cina è ormai un rivale strategico degli Usa anche nello spazio. Lo sta militarizzando con armi antisatellitari. Si è 'donata' un veicolo d’attacco manovrante transorbitale, il famigerato Shiyan-7. Ha sviluppato armi a energia diretta e missili Dn-3. La risposta di Washington non si è fatta attendere. Il Pentagono ha messo su una Space Force nel 2018. E sta colpendo per l’ambizione dei suoi programmi. Tutti, a parole, si dicono propensi a un trattato per la smilitarizzazione dello spazio. Cinesi e russi spingono per negoziare a Ginevra. Gli americani diffidano. Hanno un vantaggio sugli altri e vogliono conservarlo. Sono stati i primi a conquistare la Luna e ad atterrare con un rover su Marte. Puntano ora a una missione abitata. La verità è che hanno armi convenzionali nello spazio, a partire dalla navetta automatica X-37B, che sembrerebbe essere un arsenale volante e che ha battuto i record di permanenza nello spazio. Hanno i satelliti Nemesis, che spiano altri satelliti e piattaforme ispettive Xss.


Fin dagli anni 50 i due grandi blocchi geopolitici si sono lambiccati intorno a programmi antisatellitari: avevano già in mente che chi domina lo spazio, può dominare anche la Terra

Nessuno è illibato: i cinesi hanno replicato alla navetta americana con la Shen Long. Nel 2008, hanno insidiato la stazione spaziale internazionale rilasciando un microsatellite da 40 kg in piena rotta di collisione. Ma è la famiglia dei minisatelliti manutentivi Shiyan ad allarmare gli occidentali. Manovranti e dotati di un braccio robotico, gli Shiyan possono catturare i satelliti nemici, disorbitandoli e alterandone le capacità di allerta. In caso di guerra, i cinesi puntano ad infliggere danni mi-litari, economici e politici insormontabili. Una sorta di deterrente asimmetrico cui lavorano da tempo anche i russi, molto dinamici nel campo, a dispetto delle difficoltà finanziarie. Mosca ha fatto venire i brividi alle stesse agenzie di controllo spaziale franco-italiane. Nel 2014 ha messo in orbita geostazionaria il satellite Olymp-K, al servizio dell’agenzia federale di spionaggio Fsb. Olymp-K ha subito mostrato i denti. Ha grande agilità e manovrabilità. Cambia continuamente orbita a 35mila km di altitudine. Si è avvicinato a meno di 10 km dai satelliti americani Intelsat 7, 905 e 901, spesso impiegati per ritrasmettere i flussi video dei droni di sorveglianza e, soprattutto, ha minacciato il satellite militare franco-italiano Athena-Fidus, nel 2019.

Olymp-K ascolta. Spia i satelliti di comunicazione e di allerta precoce nemici. Il 23 luglio scorso si è raggiunto l’acme. Il Comando spaziale americano ha accusato i russi di aver testato un satellite antisatellite, capace di esplodere munizioni e shrapnel. Mosca ha subito negato, aprendo a colloqui bilaterali sulla sicurezza spaziale con Washington, da tenersi a Vienna. Mentre gli altri corrono, l’Europa dello spazio annaspa. L’Ue è uscita malconcia dagli ultimi negoziati di Bruxelles. I nordici hanno tarpato le ali all’autonomia strategica della ricerca comune. La Commissione aveva previsto di assegnare alla politica spaziale 16,5 miliardi di euro. Il Consiglio ha ridimensionato tutto. I miliardi saranno solo 13, appena sufficienti a finanziare il sistema di navigazione Galileo (8 miliardi) e il programma di osservazione della terra Copernicus (4,8 miliardi). Non si parla più di accesso sovrano allo spazio e il fondo di un miliardo di euro per sostenere le start-up del settore è morto sul nascere. Eppure lo spazio ha ricadute enormi sulla ricchezza complessiva. Ne sanno qualcosa gli arabi, i turchi, gli israeliani e i persiani, che si stanno affacciando rampanti sulla nuova frontiera.

La speranza è che le applicazioni ireniche delle ricerche in corso prevalgano, beneficiando l’umanità intera Il lancio della navicella della Nasa che porterà il rover Perseverance su Marte

Gli Emirati hanno sorpreso il mondo pochi giorni fa con la missione 'Speranza'. Sono molto dinamici, insieme a Marocco, Tunisia, Egitto e Arabia Saudita. I cinque si sono riuniti a convegno l’anno scorso, a Marrakesh, per la prima conferenza sul tema dello spazio per i paesi emergenti, sponsor la Federazione astronautica internazionale. Possiedono satelliti. Gli Emiri hanno la famiglia dei Dubai-Sat-KhalifaSat e due Falcon-Eye. I sauditi puntano ormai a veicoli di lancio, sorvegliati da Israele, preoccupata per il taglio eccessivamente sicuritario dei programmi arabi. Vedremo ripetersi nel microcosmo regionale la macro-sfida fra grandi potenze? La speranza è una: che le applicazioni ireniche delle ricerche spaziali prevalgano, beneficiando l’umanità intera. La guerra distrugge. Non contaminiamone anche lo spazio.