Opinioni

Il direttore risponde. Nessun alibi sulla via delle riforme

Marco Tarquinio venerdì 3 maggio 2013
Gentile direttore,
ho letto con attenzione l’intervista rilasciata domenica scorsa, 28 aprile, dal ministro Gaetano Quagliariello ad 'Avvenire' ritenendo che in essa si esprimano non solo le opinioni autorevoli del ministro, ma anche quelle di una parte della recentissima maggioranza di governo.
Molte cose sono condivisibili, e ci si deve augurare che le riforme auspicate dal ministro per le Riforme, concernenti i costi della politica e il bicameralismo, possano andare in porto.
Assai meno persuasiva è l’idea, sostenuta nell’intervista, che vada evitato l’errore di partire dalla riforma della legge elettorale.
Personalmente auspico il contrario, ossia abrogare immediatamente il Porcellum e tornare eventualmente al
Mattarellum. Non mi aspetto con questo una palingenesi della politica italiana ma alcune cose essenziali: un sistema elettorale meno assurdo dell’attuale che con la disparità tra Camera e Senato introduce una permanente instabilità di governo; e una netta sottrazione di potere ai capi dei partiti che col Porcellum godono del privilegio inammissibile di scegliere i parlamentari i quali, propriamente parlando, sono dei nominati ben più che degli eletti.
Questo spiega perché i capi­partito, pur dicendosi a parole favorevoli al cambiamento insieme ai loro collaboratori che già un anno fa davano ad horas la riforma elettorale, abbiano chi più chi meno remato contro. Purtroppo non abbiamo garanzie che da qui a qualche mese non salti il banco e si debba tornare alle urne: farlo col Porcellum sarebbe una grande sciagura.
Vittorio Possenti
 
Sono d’accordo con lei, caro professor Possenti, su tutte le critiche che muove all’attuale sistema di elezione dei nostri parlamentari, ma non mi convince il punto focale della sua riflessione: fare della nuova legge elettorale la riforma proritaria, l’unica davvero irrinunciabile. A questo proposito, per quel che vale, la penso in sostanza come il ministro Quagliariello che, sulle nostre pagine, nell’intervista realizzata domenica scorsa da Marco Iasevoli, ha argomentato che «le spalle dei sistemi elettorali sono troppo deboli per sopportare da sole il peso di tutto un sistema politico». Anno dopo anno, legislatura dopo legislatura, ho anch’io notato e annotato più o meno lo stesso, arrivando alla conclusione che nessuna legge elettorale può dare equilibrio e stabilità a un sistema costituzionale e politico che dal 1993 in qua è stato 'manomesso' e mai compiutamente riformato anche tramite le due diverse leggi elettorali che lei ricorda (il Mattarellum prima, il Porcellum poi) oltre che con norme e comportamenti che hanno oltremodo accentuato la conflittualità tra poteri dello Stato e la (pur fisiologica) contrapposizione tra i grandi schieramenti. Per farla breve, gentile professore, siamo perfettamente d’accordo sul fatto che la legge elettorale debba essere assolutamente rivista e corretta, restituendo comunque agli elettori il potere di scegliere gli eletti, mentre non siamo convinti alla stessa maniera che si debba partire da lì. Visto che sono stati fatti la fatica e il mezzo miracolo di dar vita a un governo politico di larga coalizione che dispone in entrambe le Camere di una maggioranza superiore a quella dei due terzi, sarebbe incomprensibile e persino imperdonabile non tentare di dare una soluzione armonica e compiuta alla lunghissima e tormentata transizione italiana. Senza precostituire alibi, e a questo potrebbe ridursi l’operazione utilissima ma parziale della riforma elettorale, per un nuovo tradimento delle attese dei cittadini e delle necessità della nostra democrazia. Tradimento purtroppo ancora possibile, ma forse un po’ meno probabile. Bisogna proprio sperarlo.