Opinioni

Il direttore risponde. Il referendum d’Irlanda interpella Una sfida che va compresa e accolta

Marco Tarquinio martedì 26 maggio 2015
​Gentile direttore,raffica di titoloni: gli irlandesi dicono sì alle nozze gay. Ma la maggioranza degli irlandesi ha davvero detto “sì” alle nozze gay? I numeri sembrano dire di “no”, perché se il 40 % non è andato a votare e presumibilmente la maggioranza di costoro era contraria alle nozze gay, e un altro 24% ha votato no alle nozze gay, la matematica dice che solo il 36% è davvero favorevole alle nozze gay. È il solito trucchetto dei referendum che i nostri amici radicali conoscono così bene, per cui una minoranza reale diventa una maggioranza “legale”. Se poi queste vittorie vengono pompate dalla macchina mediatica, giornali e televisioni, che hanno bisogno di gonfiare le notizie, e creare i “casi umani” per vendere, ecco che il gioco è completo. Nel caso, poi, che si perda la disfida referendaria basta avere i giudici giusti e anche dove esiste una legge votata dal Parlamento, ecco che si può cancellarla pezzo a pezzo quasi del tutto, come è accaduto in Italia con la legge 40 a riguardo della fecondazione assistita. Ormai si parla solo di “legalità”, ma del “bene” del popolo e della vera “giustizia” qualcuno si ricorda?Vittorino Bocchi
Gentile direttore,a proposito del referendum irlandese sulle nozze gay, si è scatenata una prevedibile ondata di trionfalismo da parte dei soliti noti (gruppi ideologici che ben conosciamo). Tale trionfalismo è alquanto discutibile e piuttosto strumentale, se si prendono in considerazione alcuni fattori che hanno pesantemente influenzato il consenso degli irlandesi. In primo luogo, la soffocante campagna per il “sì”, messa in atto anche da lobby internazionali, operanti a senso unico. Va inoltre considerata la presenza di una sottile minaccia di penalizzare sul piano economico un’eventuale vittoria del “no”. Si aggiunga che il clima, sapientemente creato anche a livello mediatico, ha indotto a temere la solita accusa di «omofobia». In più, il governo irlandese aveva già, lo scorso gennaio, furbescamente preparato il terreno a un consenso, approvando leggi sulla adozione di bambini da parte delle coppie gay. Un espediente che, in buona parte, vanificava la sostanza del referendum.Fabio Mendler
Caro direttorequesta è la riflessione di un “retrogrado oscurantista”, sconcertato di fronte alle stridenti contraddizioni dei nostri tempi. Siamo di fronte a una Unione Europea alquanto disunita su molti temi cruciali, fra questi la permanenza nell’Unione di un Paese membro come la Grecia, le difficoltà nel risolvere i problemi del lavoro, della denatalità, della crisi di molte famiglie, delle migrazioni e delle guerre alle porte del continente, ma sembra che tutti esultino perché in Irlanda, con un referendum popolare, sono state concesse le nozze ai gay. In questo campo, come vediamo – che siano favorevoli o contrari – dai politici più “illuminati” e dalla maggioranza dei media viene il canto dell’osanna per questa nuova «conquista di civiltà» e l’auspicio che anche i Paesi più riottosi finalmente si allineino ponendo ogni tipo di unione alla pari con la famiglia – ma si può dire ancora? – tradizionale. Scusate, ma mi pare di vedere che tutti gli esseri umani sono nati da un rapporto uomo-donna, o no? Non credo sia necessaria la fede per “vedere” questa realtà! Ah, certo, adesso siamo diventati più moderni e liberi e i figli si possono concepire anche in provetta e si può persino concedere l’utero in affitto per dare un figlio a chi non lo può avere. E questo sembra il massimo della civiltà. Certo, ci sono perplessità per quanto riguarda gli organismi geneticamente modificati, ma gli stessi così preoccupati per piante e animali esigono piena libertà invece per la manipolazione delle coscienze e delle cellule embrionali umane. Scrivo queste riflessioni nel giorno in cui si ricorda l’entrata dell’Italia in quella che Benedetto XV e tutti i Papi successivi, hanno definito come «inutile strage». Eppure anche a quel tempo le menti più “illuminate” non presero sul serio quelle affermazioni, che ora agli storici più seri appaiono come profetiche. Il Papa attuale – nel silenzio della maggioranza dei media – ha parlato di «colonizzazione ideologica di gender» persino nelle scuole. Fra non molti anni – guardando, ahimé, al disastro creato da queste “nuove libertà” – si sarà costretti ad ammettere che aveva ragione.Claudio Forti
Gentile direttore,è possibile che l’arcivescovo di Dublino abbia dichiarato, come si è subito letto nelle news di internet, che la Chiesa irlandese deve accettare come un dato di fatto la «realtà» dei matrimoni gay? È forse per questa “tiepidezza” della Chiesa che il referendum ha dato questo risultato?Marco Ceccarelli
Caro direttore,direi molto semplicemente che, ancora una volta, abbiamo perso. Eppure siamo in tanti tuttora radicalmente contrari e contrariati dal risultato del referendum irlandese sul matrimonio gay. Che il matrimonio sia una questione tra uomo e donna è evidente, al punto che quando l’evidenza si nega e si distorce, siamo nell’arbitrio. Lascio ai profeti di sventura l’istintiva e legittima impresa di ipotizzare gli scenari apocalittici di questo arbitrio che attinge totalmente a una libertà impossibile e si aliena dall’evidenza della natura e del corpo. Vorrei fare, piuttosto, alcune sobrie considerazioni sul quando è iniziata la nostra sconfitta, per me ormai prevedibile, su tutti i fronti, anche futuri, presumo. È cominciata quando abbiamo deciso di cogliere il senso unico e profondo della nostra esistenza umana, quando abbiamo posto in maniera forte e definitiva l’accento su quale ispirazione debba reggere il nostro rapporto con gli altri. La nostra sconfitta è iniziata quando abbiamo cominciato a prendere sul serio la nostra corporeità e la nostra sessualità, senza maschere ideologiche e politiche, di moda verso la metà del secolo scorso. La distanza è nata quando abbiamo cercato, sempre e in ogni occasione, di comprendere il senso profondo delle nostre azioni. In pratica da quando abbiamo accettato di essere degli uomini responsabili, caratterizzati da un limite radicale e aperti a una dimensione d’Infinito. Ma c’è di più, non per capacità o abilità umana, ma per dono, ci siamo trovati nella consapevolezza che la vita umana è uno spazio divino, dove il divino agisce e ci interpella con una propinquità che diventa più difficile da sostenere della stessa distanza. Da lì abbiamo cominciato a “perdere”. Ma soprattutto quando abbiamo preso atto della presenza del male nella nostra vita e nella storia degli uomini e abbiamo preso decisamente sul serio l’idea di una costante redenzione, di una pienezza, alla quale comunque siamo stati chiamati. Ecco perché abbiamo perso. Ragion per cui non siamo né pessimisti, né rassegnati, né fuggitivi... e siamo radicalmente contrari. L’iperbole festosa posta sulla “vittoria omosessuale” nasconde la profonda inquietudine di chi non accetta la responsabilità di essere qualcuno/qualcuna che sta prima di ogni forma di arbitrio e di ogni impossibile libertà. La morte, ancora una volta, della verità possibile, dentro lo specchio infranto dell’anima e la dissociazione dal corpo. Paradossalmente siamo dunque felici di avere perso, e di non avere a che fare con un mondo fallito nella sua profonda natura, cui resta il solo pregio di essere degno di salvezza e di misericordia.Lettera firmata
Quanti pensieri, cari e gentili amici. Quante comprensibili preoccupazioni. E qua è là – grazie a Dio – quanta consapevole fiducia di un solare “dover essere” e “saper essere” che ci riguarda. Solare, certo, perché ci si può anche provare (da non credenti ostili, ma anche da credenti superficiali) a fare del Vangelo la patria delle ombre e, persino, dell’oscurità e dell’oscurantismo, e però non ci si riesce. Ho scelto le vostre tra le molte lettere che sono arrivate a commento del voto d’Irlanda sui matrimoni gay, perché mi aiutano a mettere brevemente in fila alcune idee già molte volte articolate su queste pagine. Al signor Bocchi e al signor Mendler, che richiamano dati e fatti interessanti e veri, dico che serve l’impegno di tutti i “giorni prima”, non il bilancino del “giorno dopo”: in democrazia vince chi partecipa e, partecipando, ottiene un voto in più; chi perde rispetta il verdetto. I cattolici questo lo sanno fare, sanno vincere e sanno perdere, lo hanno dimostrato da difensori del metodo democratico, da donne e uomini di coscienza, da portatori di un umanesimo positivo e di un’idea di giustizia che non sono vestigia del passato, ma motore dei “giorni a venire” e, dunque, non si esauriscono nelle provvisorie e imperfette legalità via via realizzate, e neppure a esse si arrendono. Possono e debbono farlo meglio. Oggi molto meglio (e a questo veniamo esortati da papa Francesco, dai vescovi, dalla nostra coscienza). Al signor Forti confermo che l’utile osservatorio di un giornale appassionato e curioso dell’umanità e del creato come “Avvenire” aiuta a scorgere bene il rischio della deriva dis-umana e post-umana provocata dalle sempre più forti spinte a sradicare la generazione della vita dalla realtà del rapporto fertile di un uomo-padre e una donna-madre, rapporto matrimoniale e familiare che anche a me – come al vescovo Galantino – piace dire da italiano riconosciuto «per Costituzione» più che «per tradizione». Portare, come si sta facendo, la rilevanza legale del rapporto tra persone delle stesso sesso sul piano matrimoniale (cioè il piano dei figli) e non svilupparlo, come suggeriamo da anni, su un piano patrimoniale ha come conseguenza anche ciò che stiamo già scoprendo: la contiguità quasi assoluta tra bancone del laboratorio e bancone del mercato con donne-madri ridotte a “fattrici” di figli per altri e commerci (più o meno velati) di ovociti e/o di seme maschile. Al signor Ceccarelli rivolgo l’invito ad ascoltare con attenzione l’arcivescovo di Dublino, monsignor Martin, che non ha detto di rassegnarsi alla realtà, ma di «fare i conti» con essa e, soprattutto, di misurarsi con la «sfida» di un mondo giovanile irlandese che si è formato «nelle nostre scuole cattoliche» e ha votato in massa per il matrimonio gay. All’ultimo lettore, offro semplicemente un grazie per aver riproposto anche così, in un frangente in cui si ha pudore persino a pensarlo, lo scandalo della sconfitta “per amore” agli occhi del mondo: questo è la croce di Cristo e dei cristiani. Passaggio terribile verso la risurrezione del Figlio, e in Lui di ogni risurrezione. Noi sappiamo che Gesù, sulla croce, ha sofferto ed è morto per tutti, senza distinzioni. Comunque vivano, comunque pensino, comunque votino, comunque siano capaci e bisognosi di bene, comunque infine lo incontrino. Grazie, davvero, all’amico lettore. Solo un punto dissento da lui: con questo «mondo fallito» eppure bellissimo, con questo mondo da amare e da cambiare con appassionato rispetto e con amicizia profonda per una Verità che ci precede e ci attende, noi abbiamo sempre avuto «a che fare», e ancora ne avremo.